Adam 2005 Greco Campania igt
Uva: greco di Tufo
Fascia di prezzo: da 10 a 15 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
Se eliminassimo almeno sul vino le categorie ideologiche ci sarebbe sicuro un grande vantaggio per tutti. I vini di Cantina Giardino, e tutti quelli del genere, impegnati a giocare sulle macerazioni su bucce, dividono immediatamente i panel di assaggio perché sono riconoscibili e dunque hanno già amici e nemici già alla prima annusata.
L’esperienza che sto maturando mi porta invece a rimuoverli nei primi anni e ad usarli in occasioni precise, godendo del tempo trascorso. Bella forza, direte, a te i bianchi irpini piacciono solo se avanti negli anni.
Vero, però quelli di Antonio, i bianchi intendo, hanno spesso una partenza lenta, eccessiva al naso, ricchi di materia in bocca, talvolta con alcol invasivo. Quando però riposano a lungo esprimono il meglio, si ricompongono, smagriscono mettendo alla ribalta l’acidità che all’inizio gioca di spinta e non da traino come avviene invece nelle esecuzioni convenzionali. Diventano affascinanti ed emozionanti.
Insomma, l’esatto contrario. Così questi vini acquisiscono il tono fascinoso del quarantenne brizzolato: a trenta è troppo presto, a cinquanta è normale, ma a quaranta un po’ di grigio fa saggezza più tono fisico giovanile.
Adam è un vino capace di colloquiare a lungo, partendo dal color arancio tipico di alcune partite di greco prima di essere filtrate e chiarificate. Un colore che il consumatore comune non accetterebbe mai oggi ma che i contadini di trent’anni fa lo avrebbero dato per scontato.
Il naso, ha otto anni, è un effluvio di note canforate, di arancia candita e confettura di agrumi, mentolato.
Solo in un secondo momento si ritrovano le note sulfuree miste a un leggero tostato. Il vino è molto vivace e non molla la presa neanche dopo molte ore dall’apertura mostrando di avere una energia inesauribile.
Si tratta di un bianco capace di dialogare in modo molto articolato con il cibo, meglio se si tratta di piatti che fanno riferimento alla tradizione non in modo pedissequo, come è la cucina di Peppe Guida da Nonna Rosa dove Luigi Casciello ce lo ha proposto.
In pratica, escluso un paio di antipasti in puro stile sorrentino, troppo leggeri e freschi per questo bianco, ha gestito alla grande tutto il resto del pranzo che leggerete. Ci sono tornato per rinfrancarmi persino dopo il dolce, il modo adatto per chiudere e alzarsi.
Fuori il Golfo gonfio di pioggia ad attenderci.
Forse i vini hanno anche bisogno di un abbinamento meterologico perché la nostalgia degli inverni irpini è sempre nella bottiglie di Antonio Di Gruttola, desiderio di colloqui intimi, non esibiti.
Adam 2005 vivrà ancora a lungo perché questi vini allungano il passo e, nel Greco, ho l’impressione che siano loro a vincere sui tempi lunghi, diciamo dopo i cinque, sei anni. Mentre per il Fiano la partita è molto aperta.
Ecco allora l’assurdo rumore di chiacchiere inutili, di polemiche pronte ad attraversare le Alpi come gli elefanti di Annibale. Noi però abbiamo una scialuppa a Scrajo che ci aspetta e possiamo guadagnare una via di fuga, verso il nulla, che è il fine ultimo di ogni bevuta consapevole.
Alla rugiada che si posa sui fiori
quando s’annuncia l’autunno
assomiglio
io che devo svanire
e vorrei
sospendermi nel nulla
ridurmi
e diventare nulla.
Scheda dell’11 giugno 2009. C’è una ragazza, avrà sedici o diciassette anni al massimo, figlia di questi tempi. La vedo passare davanti bottega due volte al giorno. Di mattina e di sera. Cammina con fare disinvolto, apparentemente da donna vissuta, su dieci centimetri di tacco. Falcata lunga, testa alta, espressione del viso un po’ corrucciata a voler mostrare il fastidio che prova nell’essere guardata dagli altri.
La vedi arrivare da lontano, passare in mezzo alle due ali di persone che si fanno da parte: sicura, un piede dietro l’altro, con la gamba lunga che fende l’aria come fosse un frustino schioccato dal moto ondulatorio del suo bacino. Destra, sinistra. Destra, sinistra. Ti passa innanzi e la segui con lo sguardo aspettando il momento in cui la guarderai di spalle e vedrai il suo sedere che si esibisce come un pendolo. Destra, sinistra, destra, sinistra.
E nel momento cruciale, quando la donna che non deve chiedere mai ti passa davanti, il tuo sguardo cade giù di qualche centimetro dal bacino e non puoi fare a meno di notare le gambe storte, da vecchio mediano metodista, a “bancarella” come diciamo noi. Allora pensi: Oriali o Salvatore Bagni?
Quando ho versato l’Adam 2005 nel bicchiere e ne ho guardato il colore ambrato, mi è venuta in mente questa ragazza. Quanti guarderanno questo vino e penseranno, nonostante la luce che emana, la sua brillantezza e la sua vitalità: marsalato, ossidato?
E quanti ancora al primo avvicinarsi del naso, avvertendo la particolarità dei profumi, il tono maturo, quel lieve effluvio che scappa incontrollato di volatile diranno, andato?
Quanti sanno riconoscere la differenza che passa tra un difetto e una particolarità?
Il vino si apre. Pesca sciroppata, note di frutta secca con evidenti rimandi di noci e mandorle, una percezione di agrume. Cambia continuamente. Note di tè, di spezie orientali, un tono pungente, piccante di mostarda, un rimando terroso tipico di un buon greco della zona di Tufo e ancora pan di spagna.
Al palato l’ingresso è snello come spesso accade nei vini macerati sulle bucce che pagano qualcosa in bocca, sensazione accentuata, presumibilmente, da un’annata come la 2005 abbastanza piovosa. Ma in questo caso sembra essere un vantaggio perché dona bevibilità ad un vino che, normalmente, ha tanta materia. Tenendolo un pizzico in più prima di deglutirlo si avverte una sensazione di caramella mou. La persistenza finale è lunga e contraddistinta, dopo la scodata finale dell’alcol, da un piacevole sensazione sapida.
Di questo vino sono prodotte annualmente circa 800 bottiglie da uve provenienti da un vigneto di 3000 metri quadri a Tufo, da terreni arenaceo-argillosi, da piante vecchie 20 anni allevate con il sistema tradizionale della raggiera avellinese. In cantina viene effettuata una criomacerazione pre-fermentativa sulle bucce per 4 giorni e dopo la pressatura manuale con un torchio di legno, la fermentazione, ad opera di lieviti indigeni naturali, avviene in barrique dove il vino affina per 12 mesi. Non viene aggiunta anidride solforosa, non si chiarifica, non si filtra.
Io lo berrei davanti ad un quadro di Dalì in compagnia di una bella donna. Che non sculetta. Voi potrete preferire l’accompagnamento a carni bianche.
Post scriptum per i più curiosi: potete leggere qui qualche informazione più dettagliata sull’azienda e sul progetto enoculturale che porta avanti. (Mauro Erro)
Sede: Cantina Giardino s.r.l., via Petrara 21/b, 83031 Ariano Irpino (AV)
Tel. 0825.872288, Fax 0825.873084
Sito: http://www.cantinagiardino.com
Bottiglie prodotte: tra le 10.000 e le 15.000 a seconda dell’annata
Ettari: nessuno di proprietà
Vitigni: Aglianico, Fiano, Greco, Coda di Volpe bianca, Coda di Volpe Rossa
Un commento
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Ciao Luciano, stiamo leggendo i tuoi articoli dall’Australia, dove ora abbiamo in degustazione l’Adam 2010, imbottigliato di proposito con un residuo di carbonica in modo che gli anni di invecchiamento possano portarci un’evoluzione maggiore nel tempo ma che comunque aperto ora è già interessante! Grazie