Abruzzo a fermentazione spontanea: Pepe, Valle Reale e Valentini alle Strade della Mozzarella
di Enrico Malgi
Cala il sipario sulla lunga kermesse eno-gastronomica de “Le strade della mozzarella”, e l’onore dell’ultima seduta è toccato alla regione Abruzzo, che ha presentato il suo Trebbiano in tre versioni a fermentazione spontanea con etichette di altissimo livello, in accompagnamento a due tipici piatti della tradizione culinaria teramana, elaborati dallo chef Sabatino Lattanzi del Ristorante & Hotel Zunica 1880 di Civitella del Tronto.
Alla presenza di Luciano Pignataro, Maria Sarnataro, Daniele Zunica e Leonardo Pizzolo sono stati presentati il Trebbiano Vigna di Capestrano 2010
dell’azienda Valle Reale di Popoli (PE), quello di Emidio Pepe sempre annata 2010 di Torano Nuovo (TE) e quello di Valentini 2007 di Loreto Aprutino (PE).
Per la parte gastronomica sono stati sottoposti all’attenzione del pubblico il tipico piatto teramano “Le virtù teramane”, una ricco minestrone composito, che nella sua ricetta originale comprende fagioli di varia tipologia, ceci, lenticchie, piselli, fave, zucchine, carote, patate, carciofi, bietole, indivia, lattuga, verza, cavolfiore, cicoria, spinaci, finocchio, borragine, rape, prosciutto crudo, carne di manzo macinata, lardo, lonza, piedi e orecchie di maiale, pancetta, guanciale, pasta corta di grano duro, polpa di pomodoro, molte erbe aromatiche e condimenti vari. L’altra preparazione ha interessato un altro caposaldo della gastronomia abruzzese: maltagliati con pecorino, guanciale e fave. Due deliziose interpretazioni di una cucina territoriale “povera”, ma sana e gustosa. La degustazione dei vini è stata condotta come al solito in modo competente ed impeccabile da Luciano Pignataro e Maria Sarnataro, con la collaborazione di Leonardo Pizzolo, proprietario dell’azienda Valle Reale, un veronese felicemente trapiantato da alcuni anni in terra d’Abruzzo.
Il primo Trebbiano in esame ha riguardato proprio quest’ultima Casa con il Vigna Capestrano 2010, una piccola produzione di appena 3.000 bottiglie su un totale di oltre 300.000 pezzi. Il vitigno viene coltivato in collina, a circa 400 metri a ridosso delle due cime più alte regionali del Gran Sasso e della Maiella. Fermentazione spontanea a temperatura controllata, senza aggiunta di lieviti selezionati, perché si adotta il sistema pied de cuve, inoltre, il vino non viene filtrato. Fa acciaio per alcuni mesi e poi sosta in bottiglia. A distanza di due anni il colore appare ancora allo stato embrionale: un giallino tenue che fa tenerezza. La giusta escursione termica regala un’evoluzione aromatica significativa. Il naso è assalito da effluvi minerali e fruttati e da sfumature floreali. La bocca è trascinante ed impregnata di sapidità e succosità e poi emerge un’incisiva nota acida che dona freschezza al palato. Chiude con godibili note agrumate.
Il secondo Trebbiano, sempre annata 2010, è quello di Emidio Pepe, un famoso ed illustre personaggio della viticoltura abruzzese. Un vino prodotto secondo le normative biologiche e poi senza filtrazione e aggiunta di anidride solforosa. Il cromatismo anche qui è ancora giovane, evidenziando un giallo scarico, con lampi verdolini. Il naso all’inizio fa fatica a riconoscere i profumi, perché il vino, come una recalcitrante sposa novella, non si concede subito, ma per pudore vuole attendere un momento. Dopo alcuni minuti, finalmente l’ampiezza olfattiva mette in evidenza aromi fruttati di albicocca e pera, spunti erbacei e sfumature iodate. Sul palato si registra una vena sapida e fresca, seguita da parvenze speziate. Ritornano poi le componenti fruttate già percepite al naso, accompagnate da percezioni di frutta secca. La chiusura è appagante e pervasiva.
Terza bottiglia. Si tratta del mitico Edoardo Valentini. E che ne parliamo a fare! Qui si è cominciata a scrivere la storia del Trebbiano, a nobilitarlo e a tirarlo fuori dalle sabbie mobili della mediocrità. Edoardo è scomparso da pochi anni e il bastone di comando è passato nelle salde e sicure mani del figlio Francesco Paolo, che ne perpetua la memoria e l’ingegno. L’annata 2007, stranamente messa sul mercato dopo la 2008 e la 2010, è ancora imberbe, dopo un anno di legno e due in bottiglia, eppure è affascinante. Il colore, comunque, qui è un giallo paglierino più carico, quasi dorato. Lo spettro aromatico si apre con sentori fruttati nostrani di pesca gialla ed esotici di ananas e papaya e rilievi mineralizzati. La bocca è già formata, con giusta sapidità e note fruttate e floreali rilevanti. L’acidità, ancorché buona, è comunque ancora in fase di spinta e il palato reclama più freschezza. Verrà, verrà, basta aspettare ancora qualche anno. Finisce con sensazioni salmastre e lievemente tostate. Parliamone tra 4-5 anni…!
Foto di Lello Tornatore