Ab Urbe Condìta: le ricette degli antichi romani viste con gli occhi e il palato di tre chef
di Floriana Barone
L’insalata di rape di Apicio, il Libum di Catone, la Sala Cattabia e l’immancabile garum, il condimento più amato per insaporire i cibi: lunedì sera, presso il ristorante il Passetto di Roma, si è svolta una originale cena a sei mani, “Ab Urbe Condìta”, con un menu ispirato all’Antica Roma. Gianfranco Pascucci, (Il Porticciolo*-Fiumicino), Arcangelo Dandini (L’Arcangelo-Roma) e Giancarlo Casa (La Gatta Mangiona-Roma) hanno aderito alla proposta di Laura Pinelli, archeologa e studiosa di cultura e origini alimentari, presentando tre piatti originali, tratti da fonti millenarie, insieme ad alcune proposte creative, utilizzando ingredienti all’epoca realmente esistiti. Un menu studiato insieme a Laura Pinelli per ingredienti, abbinamenti, condimenti e dosi al fine di bilanciare ogni singolo piatto e aggiustarne il gusto, legando ogni portata a un piccolo aneddoto: un racconto, un ingrediente particolare con una storia da raccontare.
Curioso e goliardico il titolo della cena, che riprende l’opera di Tito Livio, “Ab Urbe Còndita: dalla fondazione di Roma e, cambiando un piccolo accento, diventa “Ab Urbe Condìta”. L’evento è stato promosso da Gustoria, il progetto dell’Associazione Culturale Pachis. Durante la cena, sono stati presentati piatti appartenenti a epoche e culture diverse: dall’Antica Roma alle evoluzioni culturali dalla Repubblica all’Impero. Il Libum di Giancarlo Casa rappresenta il cibo del popolo, mentre la battuta di carne di Pascucci si avvicina a un piatto opulento, destinato ai ceti più abbienti. Nel corso della cena, l’attore Gino Manfredi ha letto ai commensali alcuni versi antichi (Satyricon di Petronio, Orazio, Marziale, Alceo). In abbinamento alle proposte degli chef sono stati selezionati tre vini da vitigni antichi: il Greco del Sannio, Vigne Storte 2015; il Fiano IGT Colline Salernitane, Mila Vuolo 2014 e il Guarnaccino della Basilicata.
L’insalata di Rape di Apicio (Arcangelo Dandini)
La cena è iniziata con una ricetta originale di Apicio dal “De Re Coquinaria”(I sec. d.C.): una fresca insalata di rape con datteri freschi israeliani, timo, foglie di cappero e scaglie di mandorle, condita con il Garum (olio, acciuga, aceto ed emulsione di miele di castagno). Il Garum rappresenta il cavallo di battaglia di Arcangelo Dandini, che, rispetto alla ricetta originale apiciana, ha preferito enfatizzare la dolcezza del miele e non prediligere il mosto cotto per evitare di perdere l’equilibrio del piatto. Una curiosità: nel suo ristorante lo chef si diverte spesso a cambiare la composizione del garum. Nel testo di Apicio la parola “bulbi” è stata individuata dagli esperti in piccoli giacinti di campo o gladioli selvatici, che oggi possono essere sostituiti con le rape o con i lampascioni.
Libum di Catone (Giancarlo Casa)
Una focaccia di ricotta di pecora e grano Solina, condita con olio e sale e accompagnata con agrodolce di zucchine. Il piatto porta la firma del patron della Gatta Mangiona sulla ricetta di Catone il Censore nel suo “De Agricoltura” (II sec. a.C.). La focaccia è stata cotta per 15 minuti a 200° e completata con una salsa di aceto balsamico e marmellata di fichi. La farina Solina, non molto forte e adatta alle lavorazioni manuali, proviene da Giulio Amadio Fiore, perito agrario e produttore dei cereali del passato di Torano Nuovo (Te), in collaborazione con l’Università degli Studi di Teramo. Questo grano è tipico delle zone montane del Gran Sasso.
“Farai così il libum. Sciogli bene in un mortaio due libbre di formaggio, quando lo avrai reso del tutto liscio impasta bene con il formaggio una libbra di farina o, se lo vuoi più leggero, mezza libbra. Aggiungi un uovo e di nuovo impasta tutto attentamente, forma la pagnotta, ponila sopra un letto di foglie e falla cuocere lentamente in un forno caldo” (Catone)
Di Terra e di Mare: Battuta di manzo piemontese in brodo di calamaro con spezie (Gianfranco Pascucci)
Il brodo è leggero e delicato: si percepisce sul palato il sapore piccante e rinfrescante dello zenzero. La carne è stata accuratamente selezionata da Roberto Liberati. Il piatto è accompagnato da crudo di tonno su misticanza di campo con gocce di crema di cavolfiore.
Sala Cattabia (Giancarlo Casa)
Una ricetta di Apicio (De Re Coquinaria): si tratta di una preparazione morbida a base di mollica di pane. Giancarlo Casa ha rivisitato questo piatto creando una “pallina fritta” di pane e formaggio vaccino, con foglie di sedano, capperi, menta, timo e miele: un “canederlo moderno” panato, mantenendo la versione vegetariana di Apicio, che preparava con mollica di pane, formaggio ed erbe, anche se ne esistono diverse con fegatini di pollo e altri tipi di carne. Ancora oggi esistono diversi dubbi su come venisse consumata la Sala Cattabia sulle tavole degli antichi romani.
“Pepe, menta, sedano, mentuccia, formaggio, pinoli, miele, aceto, salamoia, rossi d’uovo, acqua fresca. Prendete il pane prima inzuppato in acqua e aceto e poi spremuto, il formaggio vaccino e i cetrioli e sistemateli in una con colina, inframezzandoci i pinoli. Aggiungere capperi tritati finemente Versarci sopra la salsa e mettere il recipiente sull’acqua gelida e poi servire”. (Apicio)
Supplì Antica Roma con farro, mulsum (vino mielato) e Garum (Giancarlo Casa)
Questa invenzione di Giancarlo Casa rappresenta un possibile “supplì” degli antichi romani, condito con vino cotto, miele, garum e pecorino.
Di Terra e di Mare: finta pasta e ceci di mare (Gianfranco Pascucci)
Una proposta nata dalla volontà di Gianfranco Pascucci di introdurre i legumi nel menu: un elemento fondamentale nell’alimentazione dell’Antica Roma, soprattutto per il popolo. Al posto della pasta sono state inserite tre cialde di rapa rossa e sedano rapa. Il tocco finale al piatto è stato dato dallo chef attraverso l’aggiunta di alcuni gamberi a crudo di Fiumicino(Rm).
Lepre al mosto cotto su letto di cipolle, polvere di uovo sodo, sedano croccante (Arcangelo Dandini)
Dandini ha scelto un elemento di cacciagione molto amato dai romani, marinato due giorni con vino rosso, pepe duro e alloro. La marinatura è stata utilizzata anche nella cottura, durata circa due ore: un precursore degli stufati. Il piatto è stato accompagnato con pane di farro.
Albicocche secche, riduzione di frutta fresca, senape e menta (Arcangelo Dandini)
“Il dolce” conclusivo del percorso enogastronomico è composto da albicocca essiccata, mentuccia e una riduzione di frutta dolce a cui è stata aggiunta la senape per creare un contrasto dolce-salato.
2 Commenti
I commenti sono chiusi.
Tre campioni cui fa onore lo sforzo di riproporre ricette antiche di Roma e ,detto per inciso,almeno da quanto si legge ,l’esperimento sembra non solo riuscito ma stuzzica la curiosità e invita alla prova .Mi auguro pertanto che abbiano il coraggio di mettere in carta questi piatti in modo tale che anche noi comuni mortali possiamo gustarli e che di questa impresa non rimanga solo il ricordo di uno sterile esercizio mediatico.PS.Per la precisione il Fiano di Mila Vuolo non è del Cilento ,ma un IGT Colline Salernitane.Con simpatia Francesco Mondelli
Salve Francesco, grazie per la segnalazione: è stata effettuata la modifica! Casa, Pascucci e Dandini hanno sempre dimostrato una grande passione nei confronti della cultura e della storia romana e questa non è la prima cena che realizzano in collaborazione con l’archeologa Laura Pinelli. Posso sicuramente dirle che Arcangelo Dandini utilizza il Garum anche in alcuni piatti nel suo ristorante. Buona giornata, floriana