A proposito di Gnocchi, spiegare alle istituzioni sorrentine di prendere esempio dalla Coca Cola
A Napoli tutti sono ossessionati dalla visibilità ma pochi sanno che c’è bisogno di pubblicità e comunicazione
di Luciano Pignataro
Il gusto palatale sorrentino è intimamente legato a quello di Napoli città, diremmo che ne è lo specchio. Non a caso il matrimonio tra il latticino e il pomodoro nelle sue mille varianti si chiama «alla sorrentina». Gnocchi sicuramente, ma giova ricordare che non solo di questo parliamo, perché tutto ciò che vede nel piatto questi due alimenti viene automaticamente definito in questo modo. Mettici il basilico ed hai i profumi e il sapore iconico dell’estate mediterranea del Golfo.
L’iniziativa di Carmen Davolo, una vita dedicata al giornalismo enogastronomico e alla comunicazione, rientra in quelle cose che ogni città dovrebbe fare con diligenza. Già, perché tutti gli oltre ottomila comuni italiani hanno almeno una loro ricetta simbolo, a parte Napoli che ha sviluppato una vera e propria gastronomia già ben codificata nella prima metà dell’800 da Vincenzo Corrado e da Ippolito Cavalcanti.
Sorrento è la perla del turismo campano, la locomotiva. Per capire come va la stagione basta trascorrere una giornata in questa meravigliosa città dove ogni cosa è al suo posto e che le amministrazioni pubbliche che si sono succedute hanno solo e sempre migliorato. Almeno questa è la percezione di chi la vive da fuori ma con assiduità.
Ma sulla promozione di immagine appare sempre abbastanza svogliata, nonostante che nel mondo moderno ci sia sempre e comunque un bisogno disperato di pubblicità e di comunicazione. Lo dimostra il marchio più conosciuto al Mondo, la Coca Cola, che in pubblicità ogni anno investe cifre stratosferiche.
Ma le promozioni della Campania in genere sono autoreferenti, guardano a se stesse e al proprio pubblico estivo, non c’è investimento per allungare la stagione, tanto per fare un esempio. Quindi l’idea di fare una kermesse sulla ricetta bandiera della città di Sorrentino, comunemente accettata in tutta Italia, è didattica nella semplicità e ordinarietà.
Diciamo spesso che abbiano lo cucina più buona del Mondo, ma quando e come la celebriamo veramente? Nelle zone interne si fanno improbabili sagre, spesso organizzate nelle ultime settimane che le precedono con disastri antropologici e gastronomici annunciati alle porte. Quasi nulla quello che viene servito è degno di questo nome, eppure la gastronomia è il biglietto di visita del nostro paese, l’unico settore che cammina.
Il segreto dunque è organizzare queste kermesse che siano in grado di allungare la stagione e attrarre qualche turista anche se il tempo non è più estivo. Sorrento, che lavora dieci mesi l’anno, è il laboratorio adatto a questa iniziativa anche grazie alla presenza di una foltissima pattuglia di cuochi stellati che lavorano in Penisola, per non parlare delle trattorie e dei numerosi operatori del settore impegnati nell’artigianato alimentare.
Speriamo che ci siano più risorse per celebrare la ricetta che unisce l’Italia e che è nata a Sorrento, risorse non necessariamente pubbliche. Vediamo che basta strutturarsi e organizzarsi per creare motivi di interesse nazionale anche i posti molto difficili da raggiungere.
In questo caso si tratta solo di saper copiare. Da chi 30 anni fa nemmeno si poteva paragonare a Sorrento, per esempio le Langhe di Fenoglio, da terra di emograzione a terra di miliardari. Che dico miliardari, milionari :-)