A Dievole la travolgente verticale storica di 30 annate del Chianti Classico Riserva Novecento
di Monica Bianciardi
I viaggi nel tempo da sempre affascinano l’umanità c’è chi cerca presagi per il futuro nei fondi di caffè chi invece cerca di analizzare il passato dentro un calice di vino. Un viaggio temporale ripercorso attraverso una degustazione di 30 annate di Chianti Classico Dievole partendo dagli anni 90 fino ad oggi. Una indagine che con la forza evocativa di ricordi, odori, sapori, ha fotografato epoche e trascorsi di diverse ere enologiche.
Dieulele “Dio vuole” è il significato che ha dato il nome a Dievole. Una storia che parte nel 1090 quando un abate del monastero benedettino di Sant’Eugenio affitta case, boschi, terre e corsi d’acqua ubicati a Dieulele e Valle in cambio di un pagamento di due capponi e tre pani e sei soldi di denari d’argento lucchese da consegnarsi ogni anno entro il mese di dicembre.
Nei secoli dopo la proprietà venne più volte smembrata e ricomposta sotto nuove gestioni e proprietari in una serie di frequenti passaggi di mano. Verso la fine dell’800 mentre la fillossera imperversava ovunque il Primo Ministro nell’Italia unita del dopo Cavour “Bettino Ricasoli” dopo più di trent’anni di ricerca e sperimentazione, scrive quella che secondo lui era la formula del vino perfetto. La ricetta dava il 70% di Sangiovese insieme a Canaiolo, per attenuarne il carattere scorbutico e la Malvasia per esaltarne i profumi. Una combinazione che sarà adottata come riferimento per tutta la denominazione fino al 1996 anno in cui il Chianti Classico acquisisce una sua autonomia.
Negli anni 70 le coltivazioni erano gestite con la mezzadria con produzioni mediocri e pochi investimenti nelle cantine, un immobilismo che portò negli anni 80 allo scandalo del metanolo.
In Toscana dopo il 1986 inizia una fase di rinnovamento. Il metanolo detta lo spunto riflessivo per un rinnovamento dell’enologia che cambia modello concentrandosi su una ripresa qualitativa in grado di confrontarsi con i grandi competitor mondiali. L’apporto gustativo e beverino fornito dalle bacche bianche in quel momento viene considerato non desiderabile in quanto il mercato richiedeva vini maggiormente strutturati e concentrati. Le cantine dell’epoca non al passo dei tempi erano completamente da ripensare. In quel periodo difetti e puzzette dovute alle contaminazioni da Brett venivano fatte passare per caratteristiche peculiari del territorio. La soluzione fu adottare le varietà internazionali più facili dello scorbutico Sangiovese da gestire e che davano la concentrazione ed i colori desiderati. Al tutto si introdusse la barrique, uovo di colombo, segno di qualità ed elemento imprescindibile di modernità.
La svolta per i vini di Dievole arriva nel 2012 con l’acquisizione delle terre da parte del miliardario argentino Alejandro Pedro Bulgheroni. Bulgheroni di origini italiane da parte del bisnonno, che in quegli anni avvia l’ambizioso progetto di rivalutare il territorio ed i suoi vini. I terreni della tenuta in quel momento venivano da anni di gestioni concepite in termini di resa quantitativa che causarono un depauperamento dei suoli i quali risultavano compattati e completamente deprivati di sostanze organiche.
Nel 2013 arriva a far parte della squadra di Dievole Lorenzo Bernini responsabile tecnico. Il vino è un prodotto della terra per cui il primo obiettivo è stato quello di rivitalizzare i suoli dando un nuovo equilibrio ai vigneti. Un attento lavoro di recupero fatto di ricerca e messa a punto delle tecniche sia in vigna che in cantina hanno apportato cambiamenti significativi nei vini. La variabilità dei suoli e delle esposizioni nel Chianti Classico può cambiare radicalmente anche in terreni posti a pochi metri di distanza. Da qui parcellizzazioni territoriali per ricercare le peculiarità di ogni vigneto da cui trarre vini sempre più rappresentativi ed una lenta riconversione di tutti i vigneti in regime biologico attraverso un’agricoltura rigenerativa che parte dal rispetto dell’ambiente e della sua tutela. Il progetto è coordinato dall’ enologo Luigi Temperini, con la consulenza di Alberto Antonini.
Alla proprietà di Dievole si sono aggiunte in seguito Podere Brizio, a Montalcino con in suoi 12 ettari nella parte sud-ovest della denominazione, e Poggio Landi, con terreni nelle aree di Montosoli, Castelverdelli.
Tasting Notes
30 anni di Chianti Classico Riserva Novecento vino iconico e punta di diamante dei vini di Dievole la cui prima annata di produzione del 1990 è coincisa allo scoccare dei mille anni di vita.
Oggi la riserva Novecento è una selezione delle migliori uve con 95% di Sangiovese ed un contributo del 5% di Canaiolo e Colorino. La vinificazione avviene con lieviti indigeni in grandi tini di cemento non vetrificati a forma di tulipano (chiamati appunto Tulipe) per circa due settimane, poi affinato per 18 mesi in botti di rovere da 41 hl non tostate e ulteriori sei mesi in bottiglia.
Nelle annate particolarmente calde viene lasciata una parte di raspo.
Degustazione moderata e condotta da Filippo Barlotta.
La serie di annate sono state scelte tra le più significative. La prima batteria comprende tre annate degli anni 90 in cui nell’assemblaggio dei vini compariva ancora una percentuale di bacca bianca, Trebbiano e Malvasia, le gradazioni alcoliche del periodo erano intorno a 12,3- 12,6 vol.
1990 Frutto di un’annata bellissima in Italia quando nel Chianti Classico non c’era ancora idea identitaria precisa. Notevole trasparenza dal bel riflesso granato. Nei profumi il Sangiovese si mostra persuasivo nelle note gelso, buccia di arancia rossa, viole appassite, acqua di rose, sottobosco, foglie appassite di tè. Palato dolce energizzato dalla parte citrica e ben disteso nella tessitura tannica, vivo reattivo, diventa citrico e salato sul finale, vino che ha struttura ed esilità senza avere cedimenti.
1993 Sottobosco frutto rosso in sordina con componente terrosa di fungo, erbe essiccate, mela cotogna. Palato fresco salino ha energia e tessuto tannico più fitto ed evidente, che sul finale accompagna una sensazione speziata e balsamica.
1995 Molta acidità spezie dolci cuoio, fiori, frutto nero in composta, alloro, caffè in grani. La pienezza data dal frutto conserva una struttura sorretta da freschezza e dalla salinità che a fine sorso si imprime insieme a netti balsamici dai ritorni di rabarbaro e china.
Nel 1996 le uve a bacca bianca vengono bandite per legge nella composizione del Chianti Classico. La legge in quel momento consente una percentuale minima di 80% di Sangiovese fino ad un100% ed è in quel momento che nel restante 20 % si inseriscono i vitigni internazionali. I colori dei vini di questo periodo sono spessi fitti e concentrati.
2001 Note fumose, erbe medicinali, fiori appassiti, marmellata di prugna, spezie piccanti, china, radice. Potenza e concentrazione, tannini spessi e fitti dati dal legno che frenano il gusto, il finale è di cioccolato amaro e rabarbaro.
2004 Vaniglia, spezie, frutto maturo, iodio, ciliegia nera molto matura, fiori rossi secchi, torrefazione tabacco, sigaro spento. Opulenza e materia in cui riemerge la spina salina con conservata acidità che stempera lo spessore, rigore tannico con finale disidratante e fumè.
2006 Sentori di sottobosco, terra, erbe essiccate, iodio, ginepro, cacao amaro, esce timidamente l’amarena sotto spirito, marmellata di more, cenni floreali freschi e menta. Nel sorso ritorna la materia fruttata che apporta distensione e piacevolezza, rimane tuttavia scorbutico con chiusura secca, amarognola e salina.
Evoluzione
Oggi i suoli sono finalmente salubri con impianti vitati i cui terreni sono vitali e soffici. Negli spazi entra aria che favorisce equilibrio ed uno sviluppo sano dell’apparato radicale. Una maggior consapevolezza e fiducia ha favorito un ritorno al Sangiovese completato dai vitigni storicamente autoctoni.
2016 Annata fresca con temporali nel periodo vegetativo e regolarità delle temperature per tutta la stagione. Il cambiamento di stile comunque si percepisce fin dall’inizio. Bel rubino acceso con profilo olfattivo delicato ed ampio con componente di vibrante di freschezza in primo piano, fiori di violetta, menta, dragoncello nipitella elicriso frutto espressivo con ribes, lampone, mandarino, melograno, cedro. Nel palato la parte fresca riempie di sapore e succo la sfera gustativa, parte tannica fine con il giusto rapporto tra dinamismo ed agilità giovanile.
2018 Annata difficile con clima piovoso e umido per tutta l’estate e caldo dalla seconda metà di Settembre. Colore rubino inteso ma comunque trasparente. I profumi denotano una maggior maturità del frutto, visciola, ciliegia rossa, ribes, agrume rosso, menta, alloro, rosmarino, fiori viola e rossi profumati e carnosi. Morbido, carnoso, in bocca ha pressione con rivoli di succo e dolcezza riequilibrate dalla freschezza e da una componente di carattere erbaceo, trama tannica con spessore finale movimentato da polpa e sale.
2019 Tipica annata chiantigiana con andamento fresco in primavera Agosto caldo e da temperature settembrine normali. Brillante e trasparente, ha l’immediatezza di un temporale estivo e l’inebriante freschezza dei profumi di primavera, raffinato espressivo ha molteplici sfaccettature agrumate, mandarancio, cedro, elicriso, violette erbe aromatiche, mentuccia selvatica. Nel palato corre con intensità, il sorso è impetuoso, vitale, denso di energia, la tessitura tannica si dimostra giustamente giovanile ma dotata di grande impeccabile scorrevolezza. Vino dall’ottimo potenziale evolutivo che darà futuribili soddisfazioni per molti anni a venire.
La verticale è stata preceduta dalla cena di gala nelle bellissime sale del Palazzo Sansedoni a Siena con una visuale a 360 gradi su Piazza del Campo e poi seguita dal pranzo presso il Ristorante Novecento di Dievole, con i piatti curati dalla chef Monika Filipinska.