A Buttrio (Ud) si celebra l’89ma Fiera Regionale dei Vini
A Villa di Toppo-Florio si è conclusa la più antica Manifestazione Enoica italiana
di Francesca Di Leo e Luca Roncadin
Come diceva Federico Fellini “Un buon vino è come un buon film […] nasce e rinasce in ogni assaggiatore”. Sono stati proprio i profumi e i sapori che hanno richiamato un gran numero di visitatori in Villa di Toppo Florio, immersa nella terra ricca di tradizioni vinicole di Buttrio. È stata la grandissima varietà di etichette ad avere tanto successo tra turisti, curiosi ed esperti del settore, in tre giornate ricche di eventi, laboratori, degustazioni. Dal 10 al 12 giugno le opportunità di vivere la manifestazione: dal premio “Ecofriendly” della Guida ViniBuoni d’Italia 2022 alle aziende del Friuli Venezia Giulia distintesi per l’attenzione all’ambiente e alla sostenibilità, al focus sul biologico che fa
comunità, dalla visita guidata al lapidarium al laboratorio bonsai per ragazzi, dal cinema in vigna all’aria aperta al treewatching nel parco archeobotanico. E poi ancora musica, teatro, libri, giochi DiVini, mostre d’arte.
Ma è stato il vino il vero protagonista, nelle sue varietà autoctone e italiane con il prezioso omaggio a Duino Aurisina, il borgo vicino a Trieste, che per tutto l’anno 2022 sarà la capitale dell’associazione nazionale “Città del vino”.
Muniti di una pratica guida ai vini, iniziamo gli assaggi grazie a un braccialetto che gli ospiti hanno potuto acquistare e che permetteva di assaggiare illimitatamente le 170 etichette di 113 cantine che venivano serviti negli appositi banchi mescita. Abbinati ai vini vi erano anche una ventina di piatti tra chiosco Le Fucine e laboratori Despar.
Per quanto riguarda l’enoteca Friuli Venezia Giulia le aziende sono state selezionate dalla guida Vinibuoni d’Italia con la possibilità di degustare in anteprima la selezione che verrà segnalata nella guida edizione 2020/22.
Tra tutti i vini degustati il nostro apprezzamento va
● al friulano del 2017 “Skin” di Primosic, Doc Collio, 100% friulano: un orange wine dal colore dorato, con un caratteristico finale al palato di mandorla amara. Questa caratteristica, che lo rende particolarmente strutturato e complesso, viene conferita dalle due settimane di macerazione;
● al “Capo Martino” di Jermann, del 2019, IGT Venezia Giulia, uve autoctone del FVG: commercializzato due anni dopo la vendemmia, viene vinificato in modo tradizionale, con breve macerazione sulla buccia, fermentato e affinato in botti di rovere per circa 10 mesi. Il suo giallo brillante evoca paesaggi tropicali, che fanno emergere note di mela, banana, nocciola, ginestra e passiflora;
● al pignolo del 2015 di Canus, Doc Friuli Colli Orientali 100% pignolo: vitigno autoctono, piuttosto raro e poco conosciuto, di antiche tradizioni. Molto particolare la tannicità, data da lunghi affinamenti in legno e in bottiglia, con invecchiamento in botte. Ruvido, corposo e ideale per l’abbinamento a selvaggina e carni importanti;
● all’uvaggio dolce del 2019 “Sognare” di Genio, 80% verduzzo e 20% picolit.
● al ramandolo del 2017 di La Roncaia, Docg ramandolo 100% verduzzo: un vino che incanta, un profumo che rapisce, un sapore morbido e vellutato. I grappoli, raccolti a mano tardivamente, vengono sapientemente fatti appassire e affinati in barrique di rovere.
Molto interessante, tra tutti gli eventi proposti, è stata la degustazione guidata “I Vini del Carso: Duino Aurisina – Città Italiana del Vino 2022”: un itinerario nelle terre carsiche attraverso le differenti sfaccettature dei vini che hanno reso unica questa terra, in omaggio della Città del Vino di Duino Aurisina – Devin Nabrezina Città del Vino 2022.
Abbiamo potuto degustare quattro vini di altrettante cantine ipogee del Carso.
● “KK” di Kante, spumante dosaggio zero, prodotto con Metodo Classico, 50% Chardonnay e 50% Malvasia: da uve raccolte a mano a 250 m s.l.m. è un vino che ricorda il sale del mare, ha una vena tagliente e un retrogusto di mandorla, dati dalla malvasia. La fermentazione e l’affinamento vengono fatti in barrique francesi di rovere con stabilizzazione in acciaio. Si presenta avvolgente ed elegante, con un perlage sottile e raffinato;
● Vitovska di Lupinc, del 2020, IGT Venezia Giulia: la vitovska, detta anche lacrima del Carso, ha un leggerissimo bagliore dorato. È un vino molto schietto, ha un leggero sentore di vaniglia e frutta, alla fine esce la salinità del territorio che si affaccia sul mare. Un solo giorno di macerazione sulle bucce, conferisce una fermentazione spontanea su lieviti indigeni e affinamento in legno per una parte del mosto. L'altra parte affina sulle fecce fini in acciaio. I vini poi riposano nella cantina scavata nella roccia carsica nel 1930, in un ambiente ideale per garantire una maturità del vino ottimale.
● Malvasia di Skerk, del 2019, IGT Venezia Giulia: vendemmia del 2018, un’annata molto calda. Il vino si presenta velato, non nitido, in quanto il vignaiolo ha deciso di vinificare questa malvasia come se fosse un rosso. Senza uso di principi chimici, le uve sono portate nella cantina scavata interamente nella roccia calcarea. La fermentazione avviene in tini aperti di legno, con uso di soli lieviti indigeni, e una macerazione sulle bucce di una decina di giorni.
Dopo la svinatura, la malvasia matura sulle fecce fini, sempre in tini di legno, per almeno un anno prima di essere imbottigliata. Si percepiscono sentori resinosi, di albicocca sciroppata, di spezie, arancia amara, bergamotto. Il gusto è intenso, salino, fresco e lungo.
● Terrano di Zidarich, del 2019, IGT Venezia Giulia: questa tipologia di vino si colloca per tradizione soltanto in un’unica zona ristretta di produzione. Il Carso ha un tipo di terreno (terra rossa), microclima e altitudine assume caratteristiche uniche. Il vino viene messo in commercio a due anni dalla vendemmia. Il terrano viene prodotto con uva del refosco dal peduncolo verde. Ha una nota tipica acida ed è chiamato il “sangue del Carso”. Dal tannino intenso e impegnativo, a volte molto “rustico”, durante l’epoca asburgica, questo vino veniva venduto nelle farmacie come tonico rigenerante, in quanto ricco di ferro, visto il terroir da cui proviene. Il colore del terrano è di un rosso rubino con riflessi violacei. Al gusto si riconoscono note di liquirizia, ribes nero, mirtillo, mora e fragolina di bosco.
Sono poche le occasioni in cui si riesce a coniugare storia, tradizione, territorio, cultura, profumi, sapori, qualità, innovazione e tutela dell’ambiente ed è tutto questo che decreta il successo di questa manifestazione, che il prossimo anno taglia il traguardo dei 90 anni!
Foto Credit © Soul Food