2001 Falanghina Beneventano igt
FONTANAVECCHIA
Uva: falanghina
Fascia di prezzo: da 15 a 20 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
Sì, di solito si beve da una stagione all’altra, ma anche la Falanghina, come il Greco e soprattutto come il Fiano, ha enormi possibilità nel tempo. Una prova concreta qualche sera fa nel ristorante A Casa di Dionisio a Beltiglio di Ceppaloni dove Libero Rillo, patron dell’azienda Fontanavecchia di Torrecuso nel Sannio Beneventano ha deciso di tirare fuori dalla sua cantina alcuni vini dimenticati.
Tra cui la prima edizione della 2001, un bianco nato quasi per caso perché era il Facetus destinato agli Usa che per un errore burocratico rimase fermo in cantina. Dopo alcuni assaggi in cantina, la decisione di proporlo sul mercato dopo otto anni, prima uscita a Mergellina in una sfida fra la genovese napoletana e quella di tonno di Cetara in un ristorante che non c’è più.
Bene, il risultato è stato eccezionale ancora una volta, a distanza di 19 anni dalla vendemmia. Il colore dorato ma non stanco, il naso complesso di cedro candito e note balsamiche e fumè, al palato una buona complessità sostenuta dalla freschezza e dalla ritrovata nota agrumata con un finale lungo e pulito, leggermente amaro come è tipico dei vini campani su suolo vulcanico. Una prova della eccezionale poliedricità di questo vitigno che spiega il suo successo: può essere bevuto fresco o con qualche anno di invecchiamento, secco o spumante e passito viene da capolavoro perchè rende davvero bene. La 2001, uscita poi in altre tre edizioni (2007-2008 e 2014), conferma che anche questo bianco guadagna con il passare del tempo.
Le altre schede su questo bianco straordinario sono qui.
Scheda del 25 dicembre 2010
Va bene, non è un Mersault e mai lo potrà essere. Ma è ugualmente un vino straordinario da abbinamento: lungo, sapido, freschissimo, con note di miele al naso e di canfora, che poi ritornano in bocca, un palato testo, dinamico, mai banale. Si vede subito che è un bianco da spendere sui piatti delle grandi occasioni, strutturati. Come scrisse un anno fa Alessandro Marra, una scomessa vinta: già, perché la falanghina del Taburno è longeva, può guardare in faccia qualsiasi Fiano da questo punto di vista. Uno dei più bei bianchi in circolazione in questo momento, state pur sicuri.
Scheda del 5 dicembre 2009. Chissà quanti nemmeno l’avrebbero aperta una bottiglia così… E immagino pure i commenti sarcastici, «Figuriamoci! Un bianco da invecchiamento??!», figli di una mentalità (sbagliata), quella del vino bianco da bersi d’annata, che è così fortemente radicata nel prototipo di consumatore – quello disattento dico… – da condizionare indirettamente ed inevitabilmente anche le scelte commerciali di un buon numero di operatori del settore. è così un po’ in tutta Italia e specie nel Sud, dove non è poi così facile trovare un ristorante di livello con una carta dei vini (bianchi) di una certa “profondità”.
E chissà quale reazione a sapere che il bianco in questione è una «semplice» falanghina, che – si sa – non gode certo di grande fama, colpa anche degli sbagli di un passato nemmeno tanto lontano.
La «2001» è un vino oserei dire «concettuale» ed è il risultato di una scelta coraggiosa: credere fermamente in un vitigno (nel caso specifico, la falanghina) che ancora oggi è (pur)troppo snobbato fuori dai confini della Campania Felix, mostrarne le potenzialità e affermarne la grandeur, che nel suo caso sta anche nella straordinaria versatilità dell’abbinamento a tavola.
Una scelta che è poi la stessa filosofia che c’è alla base dei 3 vini falanghina (anzi 4, se si considera pure lo spumante “Nudo Eroico”) e dell’intera produzione dell’azienda, che sotto la guida dell’enologo Angelo Pizzi – uno che «aglianico» e «falanghina» li conosce bene – si aggira oggi intorno alle 150.000 bottiglie l’anno.
è qualcosa che va oltre la convinzione che i bianchi campani – e tra questi la falanghina – possano dare il meglio dopo uno, due, tre anni dalla vendemmia. è una sfida! O, almeno, è questa l’idea che mi sono fatto parlando con Libero Rillo. Ed è questo il significato che evocano – credo – i numeri colorati e non allineati (2, 0, 0 e 1), quasi fossero usciti da una slot machine, che compongono il nome di battesimo.
La loro disposizione in etichetta rende perfettamente il senso del “rischio” intrinseco in un procedimento di vinificazione non comune da queste parti: sovramaturazione di 7-8 giorni in pianta con vendemmia nella prima decade di ottobre, macerazione a freddo di 48 ore per metà della massa delle uve, fermentazione classica in tini d’acciaio per circa 15 giorni e poi pressatura prima della fermentazione in legno, batonnage delle fecce fini, affinamento in barrique per 8 mesi e in bottiglia per 5 anni, filtrazione minima.
Un vino “diverso” ma sempre nei canoni della tipicità. Nessuna stabilizzazione; eppure, a circa 8 anni dalla vendemmia, quel sottile velo di ossidazione che avvolge il calice non toglie fascino alle intense tonalità del colore giallo oro antico.
I profumi sono intensi e molto definiti, pezzi di un mosaico di eccezionale eleganza e complessità che va dalle note di ananas alla frutta candita e all’uva passa, dai ricordi di fiori secchi e erbe officinali alle sfumature del miele di castagno e di acacia, dalla camomilla ai pregevoli sentori di mandorla e corteccia. L’equilibrio raggiunto al palato è sorprendente. Sì, conserva ancora una dose di freschezza mica da ridere; ma, soprattutto, una marcata sapidità che sostiene la beva e tiene in continua tensione il sorso dal gusto secco, caldo e robusto che entra morbido e poi si apre con una straordinaria ricchezza espressiva e armonicità. Le soffuse tostature del legno si fondono con le note fruttate e floreali, andando ad impreziosire un’importante persistenza aromatica, fedele alle stesse percezioni olfattive. Dicevo, un vino concettuale: che ben potrebbe concedersi come vino da meditazione. Una scommessa vinta! Ha stupito e chissà che non continuerà a farlo (Alessandro Marra).
Sede a Torrecuso, via Fontanavecchia
Tel. e Fax 0824.876275
www.fontanavecchia.it
[email protected]
Enologo: Angelo Pizzi
Ettari: 12 di proprietà
Bottiglie prodotte: 150.000.
Vitigni: aglianico, piedirosso, cabernet sauvignon, merlot, falanghina