100 Best Italian Rosé 2023: intervista ai produttori della Top10 | Antonella Pacchiarotti


Azienda Agricola Pacchiarotti Antonella

Grotte di Castro (VT)

Tel. 339 2216719

Antonella-Pacchiarott

Antonella-Pacchiarotti

di Antonella Amodio

La guida ai migliori rosati d’Italia, edizione 2023, curata da Antonella Amodio, Chiara Giorleo, Adele Granieri, Teresa Mincione e Raffaele Mosca, con il prezioso supporto di DS_Glass e Vinolok oltre che di Hubitat e Arte Capuano 1840 è disponibile da luglio su questo sito (qui). Tra le varie iniziative, anche le interviste fatte a tutti i produttori della Top10 di quest’anno.

Antonella raccontaci della tua azienda

Il progetto Vini Pacchiarotti nasce nel 1998 e fino a quel momento mi occupavo a tempo pieno dei figli, un grande privilegio, e nel contempo aiutavo l’attività di famiglia.

Contestualmente ai ragazzi che crescevano (li ho avuti in giovanissima età) ho sentito la necessità di convogliare le mie energie in una iniziativa che fosse solo mia e che mi permettesse di raccontare della mia terra, del luogo in cui sono nata e vissuta, dei miei genitori e dei miei figli.

Ho pensato che il modo migliore per farlo fosse con il vino, perché le radici delle viti vanno in profondità, affondano nella terra diventando un insieme unico con l’ambiente. Mi piaceva l’idea che chiunque si avvicinasse al mio vino, non potesse non pensare a questo piccolo fazzoletto di terra, dove potersi specchiare nelle meravigliose acque verde/blu del lago di Bolsena, lago a me caro perché è stato testimone di importanti esperienze della mia vita.

È stato facile trovare l’areale dove mettere su l’azienda: non potevo e non volevo spostarmi dalla mia terra. Ed è nella zona del mio paese, a Grotte di Castro, il più vocato territorio per la viticoltura (non a caso vi ricade la DOC Aleatico di Gradoli), abbandonata nel tempo dai contadini per la più vantaggiosa coltura della patata, diventata poi prodotto di punta della regione.

Proprio su quello specchio d’acqua del lago nasce Antonella Pacchiarotti viticultrice: una nuova veste, una nuova donna e una nuova anima che su questi terreni, buoni per le viti, si promuove come ambasciatrice del vino e dell’aleatico.

Hai un rapporto speciale con il territorio e con il vitigno aleatico. Ci racconti qualcosa di più

C’è una sorta di simbiosi, emersa subito dopo aver identificato l’appezzamento di terra da trasformare in vigneto. Così, quando si è trattato di scegliere il vitigno o i vitigni su cui puntare, non ho avuto esitazioni. Sono dell’opinione che viaggiare sia bello, arricchisca e piaccia a tutti, ma casa è casa e si ritorna sempre volentieri.

Una riflessione che ha acceso Il mio interesse per l’aleatico, che su queste colline si era appunto “accasato” tanto bene da guadagnarsi negli anni una delle prime DOC italiane, anche se poi ha perso smalto nonostante le grandi potenzialità.

Pensai dunque di poterci puntare, di ambire a riportare in auge l’uva dimenticata e abbandonata e di farne qualcosa di buono. Così iniziai a produrre le prime bottiglie nell’annata 2007, solo di vini dolci, sposando la tradizione. Ne produssi due: Butunì con affinamento in acciaio e Turan con appassimento sui graticci delle uve. Negli anni successivi esce anche il mio primo vino secco, il rosato Pian di Stelle, sempre ottenuto da uve Aleatico e nel 2009 lo presento sul mercato (credo fosse la prima IGT Lazio Aleatico in purezza): Così, tanto per far conoscere la mia filosofia del vino, dove il rosato era il centro della ricerca e aveva il suo posto d’onore, perché ci ho sempre creduto e mi è sempre piaciuto come tipologia.

Arriviamo all’anno 2013 con la gamma dei vini che si arricchisce del rosso Cavarosso e del bianco Matè, quindi a seguire nel 2015 con il Ramatico, l’ultimo nato in casa Pacchiarotti

Comincio proprio dal Ramatico a raccontare di quanto la natura sia perfetta e maestra, proprio perché questo vino ne è la testimonianza, in quanto nasce per un mio errore. Avevo raccolto l’ultima parte dell’uva da destinare alla vinificazione del mio bianco Matè: era intorno a mezzogiorno quando – finito di vendemmiare – avevo portato le uve in cantina, proprio a ridosso dell’orario della pausa pranzo. Così, una volta pigiate e diraspate le avevo lasciate in pressa e mi ero allontanata per mangiare un boccone. Dopo circa un’ora e mezza ritornai in cantina e iniziai la fase della pressatura delle uve, accorgendomi però che il mosto non era esattamente bianco, ma si era tinto, colorato. Probabilmente era stato l’effetto della temperatura delle uve che, anche tenute per poco tempo a contatto con le bucce, aveva fatto sì che quella piccola quantità di mosto assumesse connotati diversi. A quel punto decisi di trasferire il mosto in silos di acciaio e farlo fermentare senza controllo, una pratica che riservo anche agli altri vini. Nasce così Ramatico, con il suo color rame che conquista fin da subito i palati di tanti wine lovers, esperti e neofiti che amano l’aleatico e apprezzano la versione rosata. Un vino dalle grandi prospettive, che all’inizio, all’assaggio, andava spiegato e capito, visto che era definito strano. Il colore che cambia ad ogni annata e che assume nuance differenti è tra le caratteristiche che affascinano. Il nome Ramatico è la crasi tra i termini rame e aleatico.

La tua cantina si può definire sperimentale, visto il lavoro che hai svolto sul vitigno Aleatico. Quando hai iniziato sei andata contro corrente, perché gli altri puntavano alle uve internazionali e tu alle uve autoctone. Un unico vitigno per 5 differenti declinazioni. Per il futuro vedi uve diverse da affiancare all’aleatico?

Ho già prodotto un altro vino che non proviene dall’aleatico, si chiama Fatì ed è ottenuto da uve Procanico e Roscetto, due cloni locali di trebbiano tanto per rimarcare la mia passione per gli autoctoni. Non produco personalmente le uve, ma ne conosco vita, morte e miracoli, e lavoro in collaborazione con una amica che ha i vigneti impiantati con queste varietà che io poi vinifico.

Che cosa hai pensato quando hai scoperto di essere in cima alla classifica di 100 Best Italian Rosè con il vino Ramatico?

Il riconoscimento ha resa davvero felice. Una sorpresa inaspettata. Dopo la comunicazione da parte dello staff della Guida 100 Best Italian Rosè, sono andata a guardare tutta la classifica e mi sono resa conto che tantissimi vini che amo, prodotti da viticoltori che stimo e che mi sono stati d’esempio per il mio vino, nella graduatoria mi stavano alle spalle. Non nascondo che sono stata molto orgogliosa di me stessa e del mio Ramatico. Avevo la conferma, con questo riconoscimento, che nel 2009 il mio intuito, la mia visione di produrre un grande vino, come vanto per il territorio, finalmente si avverava. Inoltre ho sempre pensato che il rosato mi avrebbe portato fortuna!

Ed è stato così. Il 2023 è stato un anno fortunato lavorativamente parlando, perché anche altri miei vini hanno avuto importanti premi.

Progetti per il futuro?

Non saprei. Mi piace improvvisare, come avete capito.

 

Azienda Agricola Pacchiarotti Antonella

Grotte di Castro (VT)

Tel. 339 2216719