Le 10 insalate d’autore più buone della mia vita
Il manifesto del cuoco moderno, Eat well and stay well, è stato il tema portante degli ultimi anni di LSDM. Non ha la pretesa di essere un dogma, o peggio ancora dimostrare di essere depositari della verità. Sono delle riflessioni che prendono spunto sicuramente dagli studi di Ancel Keys, ma anche dai tanti ristoranti importanti visitati negli ultimi anni.
Proprio quell’alta ristorazione che in giro per il mondo si pone temi etici, parla di sostenibilità , di valorizzazione degli artigiani locali, di recupero degli scarti e di attenzione all’aspetto nutrizionale, soprattutto cucina il mondo vegetale, come mai prima era stato fatto (cucina popolare mediterranea a parte).
E poi il territorio, una rivoluzione enorme. Non c’è più un paradigma preciso, imposto dalle grandi cucine francesi, che prevede ingredienti e tecniche comuni a tutti per definire la qualità. La cucina di Daniel Humm è Newyorkese come quella di Massimo Bottura è italiana, quella di Gaston Acurio è peruviana, quella di Alex Atala è brasiliana e quella di Gaggan asiatica e così via, usando tecniche moderne ma ingredienti che sono frutto di tradizioni millenarie.
Se mi chiedete i cuochi che hanno condizionato di più i propri colleghi negli ultimi 30 anni, mi vengono in mente due nomi: Michel Bras e Alain Passard. I due cuochi francesi negli anni ’80 cominciavano una rivoluzione silente, nel modo di impiattare, in quello che servivano ai loro clienti, mentre una parte dell’alta cucina francese tirava ancora i fondi con la farina. Due geni, senza alcun dubbio. Michel Bras con il suo celebre gargouillou, tutto a base vegetale, tranne che per una fettina di jambon nascosta. Le verdure assumevano un ruolo principale, non servivano solo ad accompagnare una carne o un pesce. Poi Passard, con i suoi quattro orti. Una cucina quasi monacale nel rigore e nel rispetto della materia prima. Colorata e saporita, con una tecnica sopraffina, mai sbandierata. Tecnica si, ma che deve servire ad esaltare la materia.
Arpege, Alain Passard, composizione di verdura
E così i piatti del cuoco francese, colorati, sgargianti, assemblati come quadri. Dal benvenuto si capisce che questa cucina mira ad esplorare a 360 gradi il mondo vegetale e tutte le sue potenzialità. Il Mesculun du potager du Gros Chesnay e pralin de pistache de Sicilie, è la versione primordiale dell’insalata 21 – 31 – 41 di Crippa, molto più golosa in questa versione, grazie ai condimenti con extravergine, salsa di pistacchio, arancia pelata a vivo, ed il parmigiano.
Una semplice insalata Stafano Baiocco
Circa 140 tra erbe e fiori, una semplice insalata è il vero “signature“di Stefano Baiocco, in carta da una decina d’anni all’incirca. Democratica e anarchica. Democratica perché c’è solo una tipologia per specie vegetale. Anarchica perché in bocca fa come le pare.
Piazza Duomo, Enrico Crippa insalata 21, 31, 41,
l’insalata 21, 31, 41, 51 sicuramente il periodo migliore dell’anno per provarla tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate. Il palato è stimolato e solleticato continuamente, ogni assaggio una sensazione diversa. Arrivati alla fine, si beve un brovo tiepido dimkatsebushi, sapido, persistente che in questo caso funge da esaltatore, il palato è assalito da tutte le sensazioni provate in precedenza.
Osteria Francescana, Massimo Bottura, salad in bloom
Un piccolo scrigno questo cuore di lattuga servito all’Osteria Francescana, Più di trenta ingredienti sostenuti dalle freschezza e dalle tenue note amaricanti della lattuga. Non chiamatela “solo verdura” sarebbe un offesa.
El Cellar de Can Roca, Joan Roca, escalivada di verdure alle brace
Un viaggio intenso e complesso nel mondo vegetale. Il brodo leggermente affumicato serve da esaltatore di sapore. Sensazione diversa a ogni boccone, salivazione a mille.
Noma, René Redzepi, brøndkarse (crescione)
Violento, intenso questo piatto di Renè. Il crescione è caramellizzato, passato alla brace. Note amaricanti e vegetali, il primo assaggio può sembrare problematico, ma poi continuando si trova anche una piacevolezza del tutto inaspettata.
Eleven Madison Park, Daniel Humm, variazione di verdure
La parte elegante del mondo vegetale, non solo nella presentazione, ma anche nella parte gustativa. Daniel Humm, sensibilità in cucina, rispetto della stagionalità, valorizzazione dei piccoli artigiani delle “farmers” e dei prodotti locali.
Troisgros, Michel e Cesar Troisgros, cosa croccante
Partenza spiazzante nel pranzo nel nuovo ristorante dei Troisgros a Ouchus con “cosa croccante”, scritta proprio così. Carote tagliate finemente e poi fritte, condite con erbe, fiori, capperi e una salsa sul fondo che profuma di mediterraneo. Un mondo vegetale che diventa goloso e preciso nel gusto.
St Hubertus, Norbert Niederkofler, Insalata di erbe del maso Aspinger
Spinacino fragola, spinacino, quadrifoglio, lattuga baby, germogli di rapa, germogli di piselli, nasturzio, shiso, rucola, erba porro, erba carota, fiori eduli, mini rapanelli, baccelli di ravanello, sedano rapa. In montagna non c’è il limone e quell’altitudine nemmeno l’extravergine e allora olio di semi di vinacciolo e aceto di mele.
Un commento
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Ottime per il mio coniglio