Vigna Pezza la Corte 1997 Aglianico del Taburno doc | Voto 86/100
OCONE
Uva: aglianico
Fascia di prezzo: da 10 a 15 euro
Fermentazione e maturazione: legno e acciaio
Vista: 4/5. Naso 25/30. Palato 26/30. Non Omologazione 31/35
Il mio ultimo rosso dell’anno è stato questo, l’Aglianico di un vigneto biologico da tempi non sospetti che abbiamo sempre seguito con passione. Ancora una volta la longevità sostenuta dalla infinita freschezza è la cifra per comprendere queste bottiglie. Intendiamo, 14 anni ormai sono passati, il colore è granato ma ancora vivo e compatto anche se si sono formati residui su cui stare attenti quando si versa, il naso nei primi minuti spruzza cuoio, note tostate, cenere. Poi con il passare del tempo torna una buona frutta, amarena e prugna ben evolute in un contesto sostenuto da un filo ossidativo molto leggero, dovuto credo soprattutto al tappo che ormai era completamente stato fatto prigioniero dal vino.
In bocca è ancora un vino vivace e ricco, piacevole e soprattutto abbinabile, capace di creare quell’atmosfera da camino acceso in campagna anche se lo bevi in città. Una bella prova del vitigno su cui bisogna credere sempre di più, lavorare sul vantaggio che il tempo non offre a tutte le uve.
Scheda del 30 marzo 2009. Mi aspetta, mi ha aspettato. Per ricordarmi di questa gran bella annata dell’Aglianico campano, espressione di una delle prime vigne che ho amato, quella coltivata con pazienza proprio di fianco alla cantina poco dopo il paese fondato dai longobardi. Ci sono donne che durano una stagione, altre fascinose che invece bisogna aspettare mentre con il passare degli anni riequilibrano la loro bellezza esteriore con l’arricchimento espressivo dell’animo, del loro fantastico mondo dove puoi appena affacciarti, anche quando le conosci da sempre. L’intimità di un uomo è fisica, dunque facilmente definita, quella della donna infinita perché mentale. Così questi vini di lungo corso tradizionali ma non polverosi come sono sempre quelli di Mimmo Ocone quando non si fa prendere dall’ansia e procede dritto in tutta tranquillità. Lo volevo, indispettito per un incidente vegetale ad un supercampione autoctono di nome ma pompato per incoltura, mi ha ricordato la regola dell’Aglianico dell’attesa.
Aspettare una donna, un vino, non è tempo perso ma sempre guadagnato, la promessa di un sogno o di un piacere, la mente cresce e si arricchisce, un incontro dovuto ma non forzato. Bere insieme è molto bello, ma alcuni vini come questi Aglianico è meglio goderseli da soli perché ad un certo punto il dialogo poggia unicamente tra la tua esperienza e la sua, e qualsiasi voce estranea romperebbe il ritmo di un rapporto giocato a rimpiattino per anni, di una bottiglia presa, riposata, afferrata e carezzata con il cavatappi e poi ancora riposta a malavoglia, sino alla decisione finale, ultimativa, e solo se hai l’esperienza necessaria riesci a prendere quello che desideri e per cui hai aspettato, altrimenti resti solo.
Già il colore è un piacere, c’è poco trucco, un granato compatto al centro del bicchiere e poi sempre più etereo, sino all’unghietta quasi trasparente. Il naso ha piacevoli nuances di ciliegia sotto spirito, prugna secca, petali di rosa asciugati dal sole, e ancora tabacco appena tostato, note balsamiche e mentolate, il tono piacevole olfattivo viene solo interrotto da lampi brodosi, subito respinti dalla forza della frutta e dalla mineralità ferrosa. Al palato l’attacco è deciso, nessuna nota dolce ruffiana nell’attacco, un rosso dunque certo non facile ai più, ma molto deciso grazie alla freschezza integra, parte direttamente quasi al centro della lingua e di lì non si muove più dal punto di vista concettuale, si irraggia parzialmente ai lati prima di proseguire la sua corsa sino in fondo, dove la chiusura è netta, quasi una cesoia dal punto di vista dell’acidità, a seguito un ventaglio di frutta che torna e resta a presidiare il palato per molto tempo. Certo non un vino equilibrato, dal carattere difficile e poco comunicativo, ma questo tono scontroso è la chiave di lettura giusta per afferrarlo e godere così la schiettezza, la sua franchezza, la sua spigolosità.
Una esperienza di beva certo impegnativa, ma appagante, davvero forse espressiva del carattere antipatico del vitigno che in questa interpretazione sembra essere paradossalmente più vicino all’Irpinia che al Taburno. L’aspetto bellico è stato utile quando, esasperato dalla sua riottosità, ho preso un biscotto integrale del Cilento e, appena bagnato, l’ho usato come tappeto ad un po’ di ‘nduja di macelleria. E’ stato allora che l’antico vino ha espresso bene la sua voluttà e mi sono pentito di averlo aperto. Con una zuppiera di cavatielli pieni di cacioricotta di capra cilentano e un po’ di pupacchio della mia amica Giovanna Voria si sarebbe sciolto e aperto e, come tutti i timidi quando si aprono, si sarebbe messo a cantare dettando i tempi della tavola. Ci penserò quando carezzerò le altre due bottiglie che mi restano di questa fantastica annata.
Assaggio del 23 marzo 2005. Pasqua è il tempo della memoria, in cui tutti noi torniamo ad essere tipici grazie al ricordo dei sapori di sempre. Su capretti e agnelli cucinati in maniera tradizionale l’Aglianico è da sempre il vitigno più vocato grazie ai suoi tannini astringenti capaci di aggredire il grasso della cottura, un corpo in grado di sostenere la struttura della ricetta, una freschezza pimpante che ripulisce la bocca e la prepara al nuovo boccone. Per questo motivo in questa occasione servono rossi di antica concezione, o meglio, dell’interpretazione che non si è piegata ai comandamenti della concentrazione del colore e fruttato e vanigliato al naso: il Vigna Pezza La Corte di Mimmo Ocone nasce da una antica vigna biologica proprio a ridosso della cantina. L’annata 1997 si è confermata all’altezza delle aspettative con sentori di tabacco intensi e molto persistenti, una beva poco morbida e una freschezza assolutamente intatta come solo l’aglianico riesce ad essere in maniera naturale. La conferma della spiccata propensione all’invecchiamento. Davvero non capiamo perché Ocone abbia perso di vista questa etichetta concentrandosi sugli altri rossi: a nostro giudizio il Vigna Pezza La Corte resta la bandiera della sua produzione, l’espressione più compiuta di un certo modo di concepire il vino, ossia pensarlo per alcuni e non per tutti.
Sede a Ponte, Via Monte, località La Madonnella Tel.0824.874040. fax 0824.874328 www.oconevini.it
Email: [email protected] Enologo: Carmelo Ferrara. Bottiglie prodotte: 240.000. Ettari: 11 di proprietà più 25 in conduzione. Vitigni: aglianico, piedirosso, coda di volpe, greco, falanghina