La sentenza integrale della causa promossa da Paolo Tessadri contro Maurizio Gily
In genere i giornalisti sono chiamati in tribunale per difendersi da querele e citazioni in giudizio civile. Molto raro il contrario perché una delle fortune di questo mestiere è appunto di essere messi in condizioni di replicare e tutelare la propria reputazione usando la penna. Tessadri ha scelto la via giudiziaria tre anni dopo la pubblicazione dell’articolo di Gily.
Tra l’altro viene da sorridere valutando la sproporzione degli attori in campo, da un lato un collaboratore dell’Espresso, dall’altro un giornalista specializzato che scrive la propria opinione in un blog di settore.
Paolo Tessadri ha un blog del Fatto Quotidiano nel quale al primo posto del suo eccezionale curricula di presentazione mette proprio l’inchiesta Velenitaly.
Ognuno avrà la sua opinione, per questo pubblichiamo questa sentenza di condanna a 5000. Certo, l’entità della cifra ridimensiona il tutto, ma resto impressionato dalla condanna di una persona a cui non si contesta di aver detto il vero.
Per chi va di fretta, consiglio di saltare la parte arancione squisitamente giuridica nella quale il giudice esamina i presupposti della sua decisione.
Ah, l’altro giornalista tirato in ballo indirettamene da Maurizio, Emiliano Fittipaldi, giovane collega al Mattino qualche tempo fa, non si è curato proprio della cosa seguendo il principio che i magistati parlano con le sentenze, i giornalisti con il loro lavoro. Forse adesso Tessadri dopo cinque anni e cinquemila euro in tasca, potrebbe dirci come sono finite quelle inchieste.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI ROVERETO
Nella persona del giudice unico dott.ssa Consuelo Pasquali ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento civile sub R.G. 1389/2012, vertente
tra
PAOLO TESSADRI, rappresentato e difeso dall’avv. Cinzia TOMASONI di Trento giusta procura a margine dell’atto di citazione d.d. 20/8/2012;
– parte attrice –
e
MAURIZIO GILY, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio LUCCHESI Giuseppe di Roma giusta procura in calce della comparsa di costituzione e risposta d.d. 28/12/2012, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Lorenzo SCHWARZ di Trento;
– parte convenuta –
In punto: lesione onore e reputazione; risarcimento danni.
Causa trattenuta in decisione all’udienza del 18/9/2013 sulle seguenti
CONCLUSIONI
del procuratore di parte attrice:
– come da foglio di conclusioni scritte dimesso all’udienza fissata per la precisazione delle conclusioni e allegato al verbale d’udienza:
“in via principale nel merito:
– accertata e dichiarata la lesione dell’onore, dell’immagine e della reputazione professionale e in ogni caso la diffamazione a mezzo internet subita dal dott. Paolo Tessadri in diretta conseguenza della pubblicazione dell’articolo a firma di Maurizio Gily, anche quale direttore del periodico on-line “Millevigne”, per l’effetto condannare quest’ultimo al risarcimento di tutti i danni subiti dal ricorrente e equitativamente determinati in €. 25.000,00.=, ovvero nella maggiore o minore somma che si riterrà di giustizia, per tutte le ragioni di cui in narrativa;
in via istruttoria:
– si insiste per l’accoglimento delle istanze istruttorie di cui alla memoria ex art. 183, VI comma, c.p.c. n. 2 di data 8 marzo 2013.
Con vittoria di compenso professionale e spese vive oltre CNPA e IVA”.
Del procuratore di parte convenuta:
– come in comparsa di costituzione del 28/12/2012:
“in via preliminare:
accertare e dichiarare la carenza di legittimazione attiva e di interesse ad agire del Dr. Tessadri e, per l’effetto, rigettare la avversa domanda;
accertare e dichiarare la assoluta carenza di alcun elemento probatorio essenziale a dimostrare la eventuale sussistenza di danni per mancata produzione di copia autentica della pagina web in questa sede contestata e, per l’effetto, dichiarare l’inammissibilità dell’avversa domanda;
Nel merito:
accertare e dichiarare l’insussistenza di qualsivoglia responsabilità ascrivibile al Dr. Maurizio Gilly per l’elaborazione dell’articolo del 3 aprile 2008 in ordine ai danni lamentati dall’odierno attore per le argomentazioni esposte nella parte motiva del presente atto e, per l’effetto, rigettare le avverse domande perché infondate prima in fatto che in diritto per le considerazioni sopra esposte dichiarando in ogni caso non provata la sussistenza di un danno civilmente risarcibile.
Il tutto con vittoria di spese ed onorari di lite”.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Le posizioni delle parti
a) L’attore
L’attore, dott. Paolo Tessadri, premesso di essere un giornalista professionista che da anni collabora con il gruppo editoriale L’Espresso, espone di aver pubblicato il 3/4/2008 sul periodico L’Espresso (sia nella sua versione cartacea che on-line, di quest’ultima dimettendo copia sub doc. 1) un’inchiesta dal titolo “Benvenuti a Velenitaly”, avente ad oggetto la pendenza di indagini preliminari svolte dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Taranto sull’utilizzo di sostanze nocive nella trattazione dei vini e l’emissione in tale contesto di provvedimenti cautelari di sequestro. Il nucleo dell’articolo riferiva circa l’uso, da parte di alcuni laboratori chimici del Sud-Italia, nella produzione del vino, accanto ad una parte minimale di vino vero e proprio (massimo il 30%), di un mix di altre sostanze pericolose per la salute. Preoccupante sarebbe stato il fatto che tali intrugli sarebbero stati usati anche in due grandi stabilimenti del Nord-Italia, zona Brescia e Verona, leader nel settore dell’imbottigliamento e vendita di vini a basso prezzo.
A questo articolo ne era seguito un altro, a firma sempre dell’attore e di altro giornalista, in data 9/4/2008 (doc. 2), con il quale si aggiornava la situazione, dando conto del fatto che il PM dell’inchiesta, dott. Luca Buccheri, aveva firmato il decreto di sequestro del “prodotto vinoso”, in quanto pericoloso per la salute.
Contestualmente all’articolo del 3/4/2008 era uscito sul periodico on-line “Millevigne” un articolo a firma del Direttore e Responsabile, sig. Maurizio Gily, dal titolo “Spazzatura via Espresso” il quale prendeva espressa posizione sull’articolo sopra menzionato “Benvenuti a Velenitaly”, travalicando ampiamente – secondo l’attore – i limiti del c.d. diritto di cronaca e critica giornalistica, in quanto di chiaro contenuto non solo critico nei confronti dell’articolo, ma altresì sarcastico e provocatorio, sfociante in un vero e proprio attacco personale alla reputazione e alla credibilità professionale dell’attore.
I vari tentativi di addivenire ad una soluzione stragiudiziale della vertenza avevano dato un esito solo parziale, avendo ottenuto il dott. Tessadri la rimozione, da parte del sig. Gily, dell’articolo in questione dal sito, mentre la richiesta formulata dall’attore al fine di ottenere il risarcimento del danno era stata respinta con decisione.
b) Il convenuto
Il convenuto respinge le accuse mossegli dall’attore, ribandendo la circostanza che l’articolo a firma Tessadri era uscito proprio in concomitanza con l’avvio della prima giornata della famosa Fiera vitivinicola Vinitaly, con ciò destando grande scalpore, confusione e paura nei consumatori e provocando un crollo drastico dell’esportazione del vino italiano nel mondo. Riferisce, poi, nella comparsa di risposta, dell’immediato intervento del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, che avrebbe tentato di fare chiarezza e arginare il fenomeno catastrofico attivato dalla pubblicazione del Tessadri e produce pubblicazione dello stesso giorno 3/4/2008 del ministro, dott. Paolo De Castro, sul giornale on-line “firenze.repubblica.it (doc. 4 conv.), nonché un comunicato congiunto Minestro Politiche agricole e Ministero salute dd. 4/4/2008, che sarebbe stato redatto previa comunicazione del PM dott. Buccheri, e che darebbe atto che le analisi fino a quel momento svolte avrebbero evidenziato un “mero annacquamento del vino” (doc. 5 conv.). Sarebbero seguite numerose reazioni di presa di distanza e critica dell’articolo del dott. Tessadri, tra cui quelle dell’Ente Veronafiere e dell’ambiente giornalistico (doc. 10-16 conv.), nonché una querela del Ministro De Castro nei confronti del dott. Tessadri per i reati di procurato allarme e diffamazione a mezzo stampa, nonché pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale, ancora in fase d’indagine per tale ultima ipotesi delittuosa.
Dal punto di vista giuridico, il convenuto lamenta i seguenti vizi:
1) non sussisterebbe alcun evento lesivo per il dott. Tessadri anche per carenza di sua legittimazione attiva, e ciò in quanto l’articolo censurato sarebbe riferito in maniera diretta ed immediata all’intera inchiesta pubblicata da L’Espresso, e solo incidentalmente, in un unico passaggio, al dott. Tessadri, peraltro senza alcun richiamo offensivo e/o ingiurioso nei suoi confronti;
2) premesso che oggetto del presente giudizio sarebbe, ad avviso del convenuto, unicamente il diritto di critica (e non quello di cronaca), e che quest’ultimo, per essere legittimamente esercitato dovrebbe rispettare i tre noti requisiti della verità della notizia, dell’interesse pubblico alla conoscenza del fatto e della continenza formale delle modalità espressive concretamente utilizzate, si ribadisce che nell’articolo in questione sarebbero stati rispettati tutti e tre i parametri indicati, in particolare quello della continenza, dal momento che frasi censurate dall’attore sarebbero state decontestualizzate e scorrettamente riferite alla sua persona, anziché all’editore.
3) la domanda risarcitoria sarebbe comunque inammissibile per mancata produzione in giudizio di copia autentica dell’articolo in questione, con conseguente difetto di prova circa il suo esatto contenuto e significato.
Evidenzia, infine, che in sede stragiudiziale era stata richiesta la somma di € 50.000,00 ridotta alla metà in questo giudizio, senza alcuna indicazione dei criteri di calcolo e di quantificazione.
Oggetto del giudizio
Innanzi tutto occorre evidenziare che oggetto del presente giudizio è l’articolo giornalistico scritto dal convenuto Maurizio Gily sul periodico on-line “Millevigne” il 3/4/2008, dal titolo “SPAZZATURA VIA ESPRESSO”, che secondo l’opinione dell’attore avrebbe un chiaro contenuto diffamatorio nei suoi confronti.
Prima di entrare nel vivo della questione controversa, occorre precisare che del tutto pretestuosa e quindi da respingere appare la censura mossa dal convenuto relativa al fatto che l’attore non avrebbe depositato una copia autentica dell’articolo, pubblicato sul web, oggetto di giudizio, atteso che, in mancanza di una qualsiasi contestazione in ordine alla conformità di tale riproduzione cartacea al suo originale pubblicato on-line, non sussiste alcuna necessità di produrre in giudizio l’originale o la copia autentica del documento stesso.
Da un punto di vista concettuale, va premessa una breve disamina dei principi che governano la valutazione del giudice quando si controverta di diffamazione a mezzo di pubblicazione on-line, dovendosi esaminare i seguenti aspetti:
– in primo luogo, se, attraverso la pubblicazione di questo articolo, si sia verificato un conflitto tra due diverse estrinsecazioni del diritti della personalità spettanti all’individuo, ossia tra il diritto all’onore e alla reputazione e il diritto di cronaca/critica;
– in secondo luogo, accertato il conflitto, se esso si sia svolto secondo quelle che oggi sono le “regole del gioco” ovvero le abbia travalicate, risolvendosi in un danno ingiusto per una delle due parti.
Il conflitto dei valori
Il diritto all’onore e la libera manifestazione del pensiero
Sotto il primo profilo, va innanzi tutto premessa la nozione di diritti della personalità: s’intendono tali quei diritti connaturati alla nozione di essere umano, espressione delle ragioni fondamentali della vita e dello sviluppo, fisico e morale, dell’esistenza dell’individuo, tutelati dall’art. 2 della nostra Costituzione, il quale “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”, facendo con ciò chiaro riferimento a qualsiasi interesse collegato alla realizzazione dell’essere umano.
In questo grande contenitore rappresentato dai diritti della personalità spiccano, da un lato, il diritto all’integrità morale, inteso come diritto del soggetto all’onore, al decoro personale, alla reputazione e dall’altro lato, il diritto di esprimere il proprio pensiero, riportando i fatti ed esprimendo la propria opinione personale. Infatti,:
a) la persona ha una dignità, un prestigio, un valore sociale che dipende anche dalla percezione che gli altri ne hanno sotto il profilo del decoro personale e/o professionale, decoro che può essere compromesso in seguito alla diffusione di notizie o all’attribuzione di fatti che diminuiscano o in qualche modo alterino questa dimensione sociale del soggetto; il diritto all’onore e alla reputazione personale e professionale è protetto dall’ordinamento in primo luogo dalla legge penale, che punisce comportamenti variamente offensivi del predetto valore costituzionalmente protetto attraverso le fattispecie dell’ingiuria (art. 594 c.p.) e della diffamazione (art. 595 c.p. ), reati il cui perfezionamento non viene escluso dalla veridicità del fatto attribuito (art. 596 c.p.). Le sanzioni possiedono, tuttavia, anche una rilevanza civilistica, in relazione all’obbligo del risarcimento dei danni, compresi quelli morali, rectius non patrimoniali ai sensi dell’art. 2059 c.c., e ciò sia in quanto sussista – sia pure ipoteticamente – una condotta rilevante ai fini penali, che il Giudice civile potrà valutare ex art. 185 c.p. a prescindere dal fatto che sia stata promossa l’azione penale, sia indipendentemente da ogni correlazione con il penale, trattandosi di lesione di un diritto fondamentale dell’uomo e dunque in correlazione ai principi sanciti sul punto dalla carta costituzionale
b) la persona che vive in un contesto sociale esprime, tuttavia, la propria natura più profonda anche attraverso altri valori, tra i quali sicuramente un ruolo di primo piano spetta alla libertà di pensiero e della sua espressione, ossia al diritto che ciascuno ha di “manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” (art. 21 Cost.). In quest’ambito e in correlazione all’ambiente in cui l’uomo vive, tale manifestazione del pensiero si estrinseca attraverso la ricostruzione dei fatti che accadono e la loro interpretazione, che necessariamente riflette il modo di essere e di pensare di colui che esprime la propria opinione.
La libera manifestazione del pensiero può concretizzarsi e specificarsi in due sottocategorie a seconda che si limiti alla mera descrizione di fatti naturali e/o storici, ovvero dinamicamente coinvolga la lettura (inevitabilmente personale) di una determinata realtà o di un certo contesto sociale: si parla di diritto di cronaca nel primo caso e di diritto di critica nel secondo. Trattasi di valori di fondamentale importanza per una società moderna e libera, che attraverso una libertà personale (diritto di esprimersi agli altri, quindi di informare) danno risposta al bisogno di informazione degli altri consociati (diritto di essere informati). La diffusione di notizie che in qualche modo riferiscono di accadimenti e di situazioni attuali può, tuttavia, interferire con l’onore e la reputazione di cui persone ed enti godano nella società, determinandone una lesione: si fronteggiano, allora, da una parte, l’interesse del singolo all’integrità morale, e dall’altra, l’interesse della collettività a conoscere fatti e persone che assumano importanza pubblica.
L’esercizio legittimo del diritto di cronaca e critica
Il catalogo del giornalista
L’inevitabile conflitto tra i due valori sopra esposti (onore e manifestazione del pensiero a scopo d’informazione) vede la prevalenza del secondo sul primo, e dunque dell’interesse pubblico a conoscere i fatti della realtà sociale anche a discapito del diritto del singolo, qualora vengano rispettate alcune regole di comportamento, alle quali il diritto di cronaca e critica deve pertanto obbligatoriamente conformarsi per andare esente da censure giuridicamente rilevanti: si tratta di quello che è stato chiamato il decalogo del giornalista, rappresentato da tre requisiti elaborati dalla giurisprudenza (cfr. Cass. sent. n. 5259/19841), ricorrendo positivamente i quali la notizia che sia lesiva dell’altrui onore e/o reputazione non comporta alcuna responsabilità, né penale, né civile. Essi sono:
1) la corrispondenza alla verità dei fatti esposti: da questo punto di vista sarà necessario e sufficiente che il giornalista riporti i fatti esattamente così come gli sono stati riferiti dalla sua fonte dopo averne rigorosamente e scrupolosamente valutato l’attendibilità; basterà anche la verità c.d. putativa della notizia (ossia creduta vera, verosimile), purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca dei fatti esposti;
2) l’interesse pubblico alla conoscenza di essi (o utilità sociale), che ricorre qualora la notizia sia idonea a contribuire alla formazione della pubblica opinione in materia di interesse pubblico;
3) la correttezza formale dell’esposizione (c.d. continenza): tale ultimo requisito risulta soddisfatto quando, nel riferire la vicenda, il giornalista si esprima con moderazione, misura, proporzione nelle modalità espressive, senza mai risolversi in attacchi personali diretti a colpire l’altrui dignità morale e professionale (cfr. Cass., sent. n. 20608/112).
1 Cass., sent. 5259/84:
Il diritto di stampa, e cioè la libertà di diffondere attraverso la stampa notizie e commenti, sancito in linea di principio dallo art. 21 cost. E regolato dalla legge 8 febbraio 1948 n. 47, è legittimo quando concorrono le seguenti tre condizioni: a) utilità sociale dell’informazione; b) verità (oggettiva o anche soltanto putativa, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca) dei fatti esposti, che non è rispettata quando, pur essendo veri i singoli fatti riferiti, siano, dolosamente o anche soltanto colposamente, taciuti altri fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato; c) forma “civile” dell’esposizione dei fatti e della loro valutazione, cioè non eccedente rispetto allo scopo informativo da conseguire, improntata a serena obiettività almeno nel senso di escludere il preconcetto intento denigratorio e, comunque, in ogni caso rispettosa di quel minimo di dignità cui ha sempre diritto anche la più riprovevole delle persone, sì da non essere mai consentita l’offesa triviale o irridente i più umani sentimenti. La forma della critica non è civile quando non è improntata a leale chiarezza, quando cioè il giornalista ricorre al sottinteso sapiente, agli accostamenti suggestionanti, al tono sproporzionatamente scandalizzato e sdegnato o comunque all’artificiosa e sistematica drammatizzazione con cui si riferiscono notizie neutre, alle vere e proprie insinuazioni. In tali ipotesi l’esercizio del diritto di stampa può costituire illecito civile anche ove non costituisca reato.
2 Cass. sent. 20608/11:
In tema di azione di risarcimento dei danni da diffamazione a mezzo della stampa, il diritto di cronaca soggiace al limite della continenza, che comporta moderazione, misura, proporzione nelle modalità espressive, le quali non devono trascendere in attacchi personali diretti a colpire l’altrui dignità morale e professionale, con riferimento non solo al contenuto dell’articolo, ma all’intero contesto espressivo in cui l’articolo è inserito, compresi titoli, sottotitoli, presentazione grafica, fotografie, trattandosi di elementi tutti che rendono esplicito, nell’immediatezza della rappresentazione e della percezione visiva.
Nel merito: an debeatur
Venendo ora al merito del presente giudizio, occorre valutare se l’articolo pubblicato dal dott. Maurizio Gily, in sostanziale replica critica all’articolo pubblicato lo stesso giorno dal dott. Paolo Tessadri, abbia rispettato il decalogo del buon giornalista, concentrando l’attenzione – così come proposto dall’attore – sul terzo requisito, quello della continenza, atteso che non vi è questione in ordine al fatto che il dott. Gily, nello scrivere, abbia riportato notizie vere (nel senso sopra illustrato di vere, in quanto ricostruite in base a fonti attendibili, sia pure contrapposte a quelle indicate dall’altro giornalista) e di indiscutibile interesse pubblico (salute dei consumatori di vino, mercato vitivinicolo).
La conclusione, dopo un attento esame del testo dell’articolo, è una sola, ossia che il dott. Gily sia andato ben oltre, nelle sue modalità espressive, nell’accostamento delle parole e delle frasi, il legittimo diritto di critica, sfociando in un attacco personale nei confronti del dott. Tessadri:
– innanzi tutto va chiarito che la critica sviluppata nell’articolo è chiaramente e inequivocabilmente diretta, prima che al settimanale L’Espresso, proprio al suo giornalista Paolo Tessadri, individuabile sia dal richiamo al titolo del suo pezzo (“Benvenuti a Velenitaly”) sia dalla citazione di nome e cognome in un punto dell’articolo e del solo cognome in altro punto;
– in secondo luogo, viene utilizzato un tono, negativo e aspro, che tende proprio a ridicolizzare il dott. Tessadri: si pensi alla frase in cui si fa riferimento all’esistenza di altri alimenti diversi dal vino, come Coca Cola e simili, che vengono addizionati “senza, con ciò, provocare il cancro, come il giornalista Paolo Tessadri ha invece appreso da chissà quale fonte, forse direttamente dall’Altissimo”), così da indurre a credere che egli si sia inventato la notizia, ovvero la abbia pubblicata senza verificare le proprie fonti (laddove in Tessadri aveva chiaramente citato le sue fonti, rappresentate dai provvedimenti di significato di un articolo, e quindi idonei, di per sé, a fuorviare e suggestionare i lettori più frettolosi. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, la quale aveva escluso il requisito della continenza per il tono sprezzantemente sdegnato e scandalizzato del sottotitolo, da leggere necessariamente come collegato con il titolo, nonché per l’uso insinuante delle parole, che mirava ad attirare negativamente l’attenzione dei lettori e ad accreditare come verità accertata i documenti e le circostanze oggetto di notizia, malgrado la veridicità ed attendibilità degli stessi fossero ancora da accertare).
sequestro probatorio di due stabilimenti in cui si produceva vino, emessi pochi giorni prima l’articolo proprio nell’ambito di indagini sulla sofisticazione del vino con prodotti pericolosi per la salute pubblica; si pensi, altresì, alla frase in cui si afferma che le informazioni di cui all’articolo del Tessadri sono “panzane. A quanto dato sapere fino ad oggi di velenoso, in quell’intruglio destinato ai prodotti di “primo prezzo”, non c’è un bel niente, di cancerogeno neanche, se non nelle fantasie horror di Tessadri”, così facendo apparire quest’ultimo come persona che riferisce fatti che sono frutto delle sue mere e personali opinioni e/o paure, ancora una volta in maniera del tutto svincolata da qualsiasi aderenza con la realtà;
– in terzo luogo, non solo si ridicolizza, ma si offende proprio la persona dell’autore dell’articolo criticato, laddove si afferma che non vi sarebbe alcuna traccia di sostanze pericolose per la salute, ma “ormai il danno provocato al vino da incredibile ignoranza, sciatteria, protagonismo e avidità di incassi era fatto”: la notizia del Tessadri sarebbe, dunque, il frutto di questi vizi, frutto di incompetenza, mancata indagine della verità, esposizione trascurata, con un unico obiettivo, ossia di far parlare di sé, per ottenere profitti. Questa frase, in sé e per sé (oltre che non apparire corrispondente alla verità, dal momento che la notizia del Tessadri aveva una fonte autorevole, peraltro citata, ossia il Pubblico Ministero che stava indagando e che aveva già firmato i sequestri di due stabilimenti e il giorno dopo avrebbe firmato un decreto di sequestro di migliaia di ettolitri della sostanza vinosa ivi prodotta, ma questo aspetto si è detto che viene tralasciato) è denigratoria, esprime riprovazione con parole che colpiscono l’onore personale e professionale del giornalista avversario;
– si pensi, infine, anche alla frase in cui si censura l’articolo del Tessadri in quanto si tratterebbe di “finto scoop, dunque, non perché le notizie sull’esistenza del vino truffaldino siano false, ma purtroppo vere, ma vecchie di settimane se non di mesi, e già riportate dalla stampa: si è atteso Vinitaly per servire una minestra riscaldata, addizionandola di allarmi quasi certamente falsi per la salute pubblica e relativi titolacci in copertina”: orbene, la notizia era talmente vecchia che il giorno dopo il PM di Taranto ha emesso il provvedimento di sequestro del vino addizionato; anche in questo caso la frase ha lo scopo di indicare la mancanza di professionalità dell’autore dell’articolo, che avrebbe fornito una notizia non solo vecchia, ma modificata mediante l’aggiunta di fatti allarmanti, quasi certamente falsi.
Concludendo, la critica del dott. Gily contenuta nell’articolo oggetto di causa, deve ritenersi lesiva della reputazione professionale del dott. Tessadri, laddove ha censurato con toni ridicolizzanti e denigratori il contenuto dell’articolo da quest’ultimo pubblicato, facendolo apparire come un giornalista non serio, non rispettoso delle fondamentali regole di verifica delle fonti e dei fatti, disposto a ciò per un titolo in copertina e per ottenere facili guadagni.
Quantum debeatur
Accertata la lesione del diritto all’onore e alla reputazione professionale del dott. Tessadri da parte dell’articolo scritto dal Gily, occorre ora quantificare le conseguenze di tale lesione, in particolare sotto l’unico profilo dedotto dall’attore, che è quello non patrimoniale, e dunque legato unicamente alla lesione di questo valore fondamentale, costituzionalmente protetto.
Tenuto conto della particolare natura del mezzo di diffusione della notizia utilizzato nel caso concreto, rappresentato da un periodico (il “Millevigne”) riservato a soli abbonati, quindi riservato una determinata categoria di persone (viticoltori e imprenditori del settore vitivinicolo) con cadenza bimestrale – così riferisce il convenuto -, avente tuttavia un proprio sito web (www.millevigne.it) dal quale è possibile accedere agli articoli pubblicati sul periodico, tant’è che il dott. Tessadri lo ha letto a distanza di diversi anni dalla sua pubblicazione, può ritenersi congruo a risarcire il danno ingiusto cagionato all’attore l’importo di € 5.000,00, con valuta rappresentata dalla data di pubblicazione dell’articolo, ossia dal 3/4/2008.
Tale importo, in quanto debito di valore, deve essere rivalutato e maggiorato degli interessi secondo le indicazioni fornite dalla nota sentenza della Corte di Cassazione, SS. UU., 17 febbraio 1995, n. 1712, fino alla data della liquidazione finale (data della presente sentenza):
a) la rivalutazione viene compiuta sul singolo importo con riferimento alla data indicata come data di valuta (c.d. aestimatio), fino alla data della liquidazione definitiva (c.d. taxatio) che viene fissata al giorno di pronuncia della sentenza.
prima rivalutazione va operata alla fine del primo anno e successivamente con cadenza annua (al 31 dicembre);
b) gli interessi di mora vengono invece attribuiti nella misura corrispondente al tasso legale e vanno calcolati sugli importi rivalutati di anno in anno.
Sulla somma finale liquidata (che si converte in debito di valuta) saranno dovuti i normali interessi legali ex art. 1282.
Spese processuali
La relativa liquidazione viene effettuata in base ai parametri indicati dal DM n. 140/2012, utilizzando quale scaglione di riferimento quello compreso tra € 5.001,00 e 25.000,00.
P.Q.M.
Il Tribunale di Rovereto, nella persona del Giudice unico, definitivamente pronunciando nella vertenza promossa da Paolo TESSADRI nei confronti di Maurizio GILY, così pronuncia:
accerta e dichiara
che l’articolo dal titolo “Spazzatura via Espresso”, pubblicato in data 3/4/2008 a firma del convenuto sul periodico on-line “Millevigne”, ha leso ingiustamente il diritto all’onore e alla reputazione professionale dell’attore;
condanna
il convenuto Maurizio Gily a risarcire il danno cagionato all’attore Paolo Tessadri, quantificato nell’importo di € 5.000,00, oltre a rivalutazione e interessi legali secondo i criteri illustrati in motivazione, dal 3/4/2008 fino alla data della sentenza; sulla somma complessiva liquidata sono poi dovuti gli interessi legali dal dì della sentenza fino al saldo;
condanna
Maurizio Gily a rifondere a Paolo Tessadri le spese del presente giudizio, che si liquidano in € 3.000,00 per compensi professionali ed € 224,65 per anticipazioni, oltre a IVA e CPA come per legge e alle spese successive occorrende.
Così deciso in Rovereto, il 10 dicembre 2013.
Il giudice
(Dott.ssa Consuelo Pasquali)
Un commento
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Dear Luciano,
Leggo questa sentenza e mi viene da dire, con il nostro Charles Dickens, “The law is an ass”.
rb