Telese Terme, ad Aquapetra la Campania vestita di rosso: il report
di Pasquale Carlo
Lo stato dei vini rossi campani, Irpinia esclusa: nel luogo accogliente di Aquapetra, nel verde di Monte Pugliano, in passerella le migliori produzioni delle altre quattro province della Campania.
CASERTA – IN ALTO IL MASSICO
Ottima la performance dell’area Falerno, soprattutto per quel che concerne la tipologia Rosso. Interessantissimo il ‘Rapicano 2010’ di Trabucco (90% aglianico – 10% piedirosso), con tanta frutta polposa ed integra, intriganti speziature ed un tannino già ben addomesticato ma marcato e presente. Notevole anche la coppia di etichette presentate da Masseria Felicia: il base 2009 ed ‘Etichetta bronzo 2008’ (entrambe con l’80 di uve aglianico ed il 20% di uve piedirosso). Il base un punticino sotto Trabucco, forse perché meno immediato al naso, ma comunque notevole, tanto da convincere in maniera più incisiva, forse per la genuina piacevolezza, rispetto alla versione ‘Etichetta bronzo’. A completare lo scenario il ‘Falerno del Massico 2008’ e il ‘Vigna Camarato 2006’ di Villa Matilde (anche in questo caso 80% aglianico e 20% piedirosso, in entrambe le versioni). Se il ‘Vigna Camarato’ si conferma un grande classico dello scenario campano non è dispiaciuto nemmeno l’annata 2008 dell’etichetta base, da segnalare con forza per l’eccezionale rapporto qualità-prezzo. La versione 2006 di ‘Vigna Camarato’ si offre con la giusta concentrazione e colpisce per l’integro frutto. Oltre l’Aglianico il Primitivo, quello di Cantina Papa. Giovanissimo il ‘Conclave 2010’, bello già alla vista con le sue irruenti marcature violacee. Tanta frutta rossa al naso mentre in bocca si segnala soprattutto in freschezza. Di grandi abbinamenti a tavola. Più concentrato, maturo e speziato il ‘Campantuono 2008’, sicuramente meno immediato rispetto alla versione precedente, ma sempre con spiccata impronta territoriale.
Convince meno il vitigno aglianico nell’area Terre del Volturno. Fine e morbida la versione ‘Contessa Ferrara 2007′ di Castello Ducale, il cui spessore inizia a sentire gli oltre cinque anni di vita. Sicuramente di non grandissima longevità, ma ancora pienamente godibile. Buona stoffa del Vignantica 2010’ di Selvanova, che forse paga per il tannino ancora con il volto giovanile. Un vino da attendere.
Restando in area Terre del Volturno attenzione al Casavecchia, particolarmente convincente con l’annata 2009 di Vestini Campagnano-Poderi Foglia, che convince soprattutto per l’immediatezza territoriale. A seguire il ‘Centomoggia 2010’ di Terre del principe e il ‘Trebulanum 2009’ di Alois.
Il Pallagrello nero si esalta nella versione ‘Ambruco’ 2010 di Terre del principe, elegante, pulito, integro nel frutto. Dinamico e fresco. Elegantemente giovanile si presenta ‘Sabbie di sopra il bosco 2010’ di Nanni Copè, anche in questo caso questo colpisce la dinamicità del calice. Convince il 2009 di Vestini Campagnano – Poderi Foglia, immediato e pronto. Si segnala per il rapporto qualità-prezzo l’etichetta ‘Hero 2010’ di Selvanova (se le prime bottiglie sfiorano o superano il prezzo di vendita Ho.re.ca di 15 euro qui stiamo introno ai 7 euro) che paga l’unico scotto di un’ancora marcata astringenza finale. Sapido e minerale il calice dell’annata 2009 di Castello ducale.
Per l’area Galluccio Dop e quella Roccamonfina Igp in passerella una sola etichetta per “scuderia”. Per la Dop Galluccio il ‘Conca Rosso 2001’ di Vestini Campagnano-Poderi Foglia: l’aglianico (85%) è ben ammaestrato dal pallagrello nero (15%), bell’esuberanza nel bicchiere, molto territoriale. Più morbido l’impatto del ‘Cecubo 2008’ di Villa Matilde, blend di primitivo, piedirosso e altre antiche varietà autoctone. Intenso e di bell’equilibrio. Longevo.
SALERNO – LA SEMPRE PIU’ SORPRENDENTE COSTIERA
‘Campania rosso Ragis 2008’ di Le vigne di Raito, ‘Costa d’Amalfi Tramonti rosso 4 Spine 2009’ di Tenuta San Francesco, ‘Costa d’Amalfi Furore rosso riserva 2008’ di Marisa Cuomo: un tris di grande successo. degustati di fila, proprio come in elenco: un crescendo di sensazioni esplosive. Convincono in pieno, con tutte le loro diversità. a tratti incredibile la freschezza che segna il calice di Marisa Cuomo, con il suo sapiente taglio tra aglianico (50%) e piedirosso (50%). Piacevolissimo, fresco, sapido e tannino maturo l’uvaggio del ‘Ragis 2009’ (80% aglianoc – 20% piedirosso), che mostra un uso equilibrato del legno. Piacevolissimo l’allungo finale del ‘4 Spine’, prodotto con aglianico (40%), tintore (40%) e piedirosso (20%).
A rappresentare il vitigno aglianico in versione salernitama, o meglio cilentana, le etichette di De Concilis ‘Cilento aglianico Donnaluna 2011’ e ‘Paestum aglianico Naima 2006’. Piacevole al primo flash il ‘Donnaluna’ (aglianico 90% – primitivo 10%), fresco e pimpante. Più sornione ‘Naima’ (aglianico 100%) nato per essere altra cosa, spiccatamente mediterraneo.
NAPOLI – IL PIEDIROSSO TRA CAMPI FLEGREI E VESUVIO
La dinamicità della viticoltura partenopea è racchiusa tra questi due poli vulcanici, dominati da un unico vitigno: il piedirosso. Gli investimenti compiuti nel corso di questi anni si leggono tutti nei calici. Vini con un filo conduttore ben definito e marcato. Estremo nella sua tipicità la versione ‘Campi Flegrei 2010’ di Contrada Salandra. Vino immediato ma che riesce a spiazzare in complessità. Restando nell’area flegrea, il mare domina nel ‘Vigne storiche 2011’ di La Sibilla . Vegetale, fresco, quasi “leggero” il ‘Colle rotondella 2011’ di Cantine Astroni, che in batteria presentava la versione in legno del ‘Vigna del colonnello 2011’, meno spontanea rispetto alla precedente, da preferire proprio per la sua immediatezza spiccatamente territoriale. Naso pulito e nesso, classico, quasi fragoroso al palato la versione base 2011 di Grotta del sole. Piacevole e sostanzialmente fresca l’etichetta ‘Montegauro riserva 2009’. Una conferma di quella che è la nostra simpatia, che viaggia verso le interpretazioni più immediate del vitigno.
Spostandoci all’ombra del Vesuvio il piedirosso ha colpito con il ‘Pompeiano Frupa 2011’ di Sorrentino: l’eccezione che conferma la regola sull’uso del legno (forse sarà la forza del tonneau rispetto alle barrique) con il frutto che mantiene tutta la sua vulcanicità.
Restando nell’area, ma parlando della denominazione Lacryma Christi tipiche entrambe le versioni di ‘Vigna di Lapillo 2011’ ancora di Sorrentino e l’annata 2011 di Grotta del sole: il primo leggermente più corposo (in virtù del 20% di aglianico); il secondo più fresco (100% piedirosso).
BENEVENTO – I VOLTI DELL’AGLIANICO
Un passaggio meritano le due etichette piedirosso in degustazione: la ‘Sannio 2011′ di Mustilli e la Sannio – sottozona Taburno 2011’ di Fattoria La Rivolta. Entrambe apprezzate. A completare il quadro la ‘Barbera-Barbetta 2010’ dell’Antica Masseria Venditti, alla sua prima uscita pubblica ma di cui ha già ampiamente ed approfonditamente scritto Luciano.
Per l’aglianico Incominciamo dalle etichette della cooperativa ‘La Guardiense’, grandissima struttura (oltre mille soci conferitori) che negli ultimi anni ha mostrato una decisa virata. La decisione è stata quella di portare in degustazione due etichette ‘Sannio Aglianico – sottozona Guardia Sanframondi’: il ‘Lucchero 2010’ e il ‘Cantari riserva 2008’. Come spesso accade la preferenza è verso la versione più immediata, con il ‘Lucchero’ che si presenta con una veste più abbinabile a tavola.
Ci si sposta sul versante Taburno. Straordinaria la performance del ‘D’Erasmo Riserva 2008’ di Nifo Sarrapochiello, lasciato quasi un anno fa. Ma il vino è ancora fermo, magari con qualche evoluzione sul versante delle spezie, ma sempre fresco e godibile. Giovane e al tempo stesso già importante. Senza stonature il lavoro di Fattoria La Rivolta, con la godibile versione base, annata 2009 e l’elevata versione di ‘Terra di Rivolta riserva 2008’, che solo ora inizia a mostrare tutte le sue interessanti sfaccettature. ‘U Barone 2008’ di Torre a Oriente convince pienamente per il bel frutto ed il tannino morbido. Immediato e sempre pronto il ‘Fidelis 2009’ della Cantina del Taburno, per certi aspetti (e soprattutto per quel che riguarda il rapporto qualità-prezzo) da preferire alla versione ‘Delius 2009’, sicuramente più longevo e per questo ancora da attendere. A seguire i vini di cui si è scritto tanto: il ‘Bue Apis 2008’ delle Cantine del Taburno ed il ‘Grave mora’ 2006 di Fontanavecchia, con l’appunto per Libero Rillo, dal quale ci aspettavamo in degustazione anche la versione ‘Vigna cataratte’, con i suoi incontri sempre sconvolgenti. annata 2006 anche per il ‘Don Curzetto’ di Torre a Oriente, forse meno immediato rispetto all’altra versione, ma comunque sempre vino di lunga vita.
UNA CONSIDERAZIONE FINALE – GLI UVAGGI
Nell’ambito della degustazione abbiamo volutamente inserito tra le tre etichette della costiera il ‘Bosco Caldaia 2007’ dell’Antica Masseria Venditti (aglianico 30% – “montepulciano” 50% – piedirosso 20%). ne è risultata la batteria più apprezzata. Sarà la forza dell’uvaggio. Siamo convinti delle potenzialità legate a questa caratteristica, tipica della tradizione campana. I calici lo dimostrano.
Un commento
I commenti sono chiusi.
D’accordo sulla batteria della Divina Costiera con la piacevolissima sorpresa di Marisa che pare abbia aggiustato il tiro anche con i rossi e su Nicola che con il suo Bosco Caldaia a mio modesto parere sembra sbaragliare tutta la concorrenza.Trabucco tra i casertani mentre da tutti gli altri sostanziali conferme senza particolari sorprese.FM.