Sorbo Serpico (Av), ristorante Marennà e i piatti di Paolo Barrale
L’isolamento dell’Irpinia è rotto!!! Accortosi della polemica che montava, sulla carta stampata e in rete in merito all’emergenza neve, il nostro caro governatore Caldoro ci ha mandato in Irpinia il Pigna? :-)
Non credo che sia andata proprio così, piuttosto, la prima uscita nella terra dei lupi dopo le copiose nevicate, credo dipenda più dall’attaccamento del “nostro”ai vini e ai prodotti di questo territorio e..soprattutto ad altre bellezze made in Irpinia, vero Annarita? Ma veniamo a noi…fattoci largo tra le montagne di neve accumulate ai margini della strada, arriviamo a località Cerza Grossa di Sorbo Serpico dove ha sede la prestigiosa cantina dei Feudi di San Gregorio, ma il nostro obiettivo di quest’oggi, non è la cantina ma il ristorante Marennà. Chiamato così in omaggio al territorio e al suo lessico dialettale. ” ‘A marenna” era una sorta di colazione di metà mattinata che i contadini usavano tenere dopo aver già svolto buona parte del lavoro giornaliero, infatti sembra che etimologicamente la parola derivi dal latino “merere”che significa, appunto, meritare. Ad accoglierci il gentilissimo e giovanissimo Antonio Capaldo, presidente della società, chiamato a tale compito nel 2009, dopo già circa dieci anni di esperienza all’estero, nella finanza (Lazard) prima, e nella consulenza strategica (Mc Kinsey) dopo. Ci affida per un attimo nelle mani di Angelo Nudo, maitre del Marennà, nonché esperto sommelier e grande competente di formaggi e salumi, che “al volante” di una meravigliosa Berkel d’antan ci fa fare dei “giri” papillosi con una meravigliosa ricotta affumicata e stagionata e un ottimo guanciale di “maiale pesante”(l’ho riconosciuto dallo spessore), il tutto annaffiato dalle bollicine selossiane del Dubl.
Intanto, nella gara delle piacevolezze, si materializza Paolo Barrale, siciliano di nascita, ma ormai più irpino dei lupi … è in Irpinia dalla scuola di Heinz Beck Ci delizia con una amouse bouche su un cucchiaio contenente schiacciata di patate con olio di nocciola mortarella, alice di Cetara (frutto del ripopolamento effettuato nel fiume Calore da Pasquale Torrente) e tartufo di Bagnoli.
Cominciamo bene!!! Ci andiamo a sedere nella luminosissima sala del ristorante, ancora più luminosa del solito grazie ai riflessi della voluminosa coperta di neve che avvolge il panorama circostante.
Cucina a vista, separata dalla sala solo da un’enorme vetrata, dietro alla quale intravediamo un’operosità ordinata nella quale si confonde anche qualche tratto somatico orientale.
Cinture di sicurezza allacciate…si parte!!! ” Per cominciare”… Paolo ha chiamato così l’entrèe quasi liquida, ma molto densa e a dispetto dell’ora (circa le 13,00) ribattezzata Cappuccino di baccalà e patate. La sapidità del baccalà in combattimento con la tendenza dolce delle patate…scintille che sprizzano dappertutto!!!
Ci pensa Angelo Nudo a spegnerle con il Pietracalda 2010, Feudi di San Gregorio (of course), ottimo crù di Fiano di Avellino ottenuto con uve selezionate dai vigneti di Sorbo Serpico, per capirci quelle che stendendo la mano, seduti nel ristorante, si riescono a toccare…
In successione, è la volta de “La mia pizzaiola”. Si tratta di carpaccio di scottona, melanzane affumicate (ecco la Sicilia), pomodoro e mozzarella di bufala.
Che cos’è la scottona? Si tratta di vitella giovane (15/18 mesi) mai gravida e per questa incapacità macellata anzitempo. Da qui l’appellativo, per il contadino “scottato” dal problema. La sua carne è resa tenerissima e saporitissima dalle infiltrazioni di grasso (marezzature) tra le fibre magre, dovute alla sua particolare condizione. Secondo “appetizer”: musetto di vitello, purea d’aglio dolce dell’Ufita, insalata di puntarelle e alici di Cetara.
E qui siamo nel pieno della tradizione in Campania ( o’ per e o’ musso) e nel Lazio (le puntarelle), anche se non è chiaro se le puntarelle siano proprio di origini laziali. Infatti, sembra che qualcuno faccia risalire la coltivazione di questa verdura, che poi non è altro che una varietà di cicoria, sulle sponde del fiume Sabato, alle falde di Montefredane…ma approfondiremo sicuramente in altra occasione, Antonio Scuteri e Virginia Di Falco…ritenetevi avvertiti!!! E siamo ai primi… “Raviolo di burrata, crudo e cotto di frutti di mare crudi e cime di rapa “.
Una bella lotta gioco di consistenze che ci deliziano il palato in una lunghezza interminabile. E qui ci lasciamo rapire dalla tagliente acidità e dalla sottile mineralità delle uve da Greco di Tufo (50%) combinate con la morbidezza semi-aromatica delle uve da Fiano di Avellino (50%), del Campanaro 2010, sempre dei Feudi di San Gregorio. Finalmente ci siamo : “Riso, cipolla Ramata di Montoro, sugo d’arrosto e cacao”…ah Maffi, che ti sei perso!!!
Per la verità, non è stata una sorpresa. Questo piatto l’avevo già provato a Ponteromito alcuni mesi fa, e la inconfondibile piacevolezza del prodotto cipolla, insieme alla straordinaria bravura dello chef Barrale, mi facevano sperare in un nuovo incontro: grazie Paolo per avermi letto nel pensiero. Intanto vediamo aggirarsi nella sala il “cuccio”. Per i non irpini si tratta del coniglio. “Il coniglio e la carota…salsa allo Sfusato amalfitano, finocchio e profumi e odori”.
Così ha chiamato questo piatto, lo chef di Marennà, in un simpatico gioco tra prodotto e sua alimentazione, tipo per esempio il maiale con le mele. La prima cosa che colpisce di questo piatto, ovviamente, è la bellissima cromaticità, non a caso persino nella scheda di abbinamento cibo-vino dei sommelier è previsto un valore da assegnare all’aspetto visivo del piatto, e per me questo piatto raggiunge il massimo della scala dei valori. L’altra componente fortemente positiva è l’utilizzo di molte parti del coniglio. A cominciare dalla sella con relative costine, per finire all’involtino di pancia. Il tutto ben amalgamato con la salsa al limone, il finocchio e gli aromi vari.
Siamo in dirittura d’arrivo… sorbettino al limone e menta, pre-dessert e sempre simpaticamente, Paolo Barrale ci dà la botta finale.
Antonio fa passo, io e Luciano no ! ” Tatin di mela annurca, gelato al latte di rosa canina e tisana al Karkadè”. La torta Tatin, si…quella che prende il nome dalle famose sorelle omonime, le quali incidentalmente, realizzarono una crostata capovolta per aver dimenticato di preparare la pasta frolla di base. Semplicemente deliziosa, abbinata al Privilegio 2010 da Fiano passito… di soli 12°, struttura e piacevolezza notevoli…
Ah dimenticavo, durante il pranzo il presidente Capaldo ci ha suggerito altri due prodotti di punta della Feudi: l’Aglianico del Vulture 2008, frutto del recente lavoro che l’azienda sta sviluppando in Basilicata, dal gusto pieno e piacevolmente morbido con tannini resi quasi setosi dai 18 mesi di barrique di rovere francese, ed il Taurasi 2007 con nuovo look, etichetta più grande e più austera, partorita per il venticinquennale dell’azienda.
Bellissima giornata, grazie Antonio per l’ aiuto che la vostra opera ha rappresentato per il rinascimento enologico dell’Irpinia e del sud Italia e grazie Paolo per interpretare al meglio la cucina e i prodotti di questo territorio.
Aperto sempre, chiuso domenica sera e martedì
Cerza Grossa – Sorbo Serpico
Tel. 0825 986683.
www.feudi.it [email protected]
6 Commenti
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Lo so, lo so, ma la sensibilità usata da Lello per descrivere il problema filiale della scottona quanto il suo triste destino, a cui l’alllevatore scottato la destina, è stato per me fonte di riflessione per la cena di stasera. Un abbraccio.
Avevi prenotato una cena a base di scottona??? Se lo avessi saputo…avrei evitato!!! :-((
macchè, ho deciso di fare manzo col finocchio
Mi ricordo di zia Concetta che ci preparava a’ marenna di pane cafone caldo, con cotoletta e peperoni sulla sinistra, salsicce e friarielli sulla destra e parmigiana di melanzane al centro! E che me parlammà a fà….
Superlativo!
…oppure il Fiano…di Avellino, naturalmente. Grazie Virginia e preparati per le puntarelle dell’irpinia…;-))