Raffaele Pagano e le ragioni del Fiano: la degustazione a Vitigno Italia
di Tonia Credendino
La spinta e la volontà di perseguire nuove strade nella viticoltura Irpina, è questo il nostro lavoro”. In occasione della settima edizione di Vitigno Italia, Raffaele Pagano, si “sbottona”, in una mise dal sapore cosmopolita border line.
Sottile la linea che passa tra l’estrema ratio costruttiva del Pagano vigneron e la totale impulsività, un modello essenzialmente ermafrodita, tendenza David Bowie -sottolinea lo stesso Raffaele.
Un’occasione unica, un viaggio nelle possibilità espressive del Fiano in cui l’uva fa i conti con la tecnica e l’ambizione di fare una bottiglia capace di farsi ricordare e di non tirarsi mai indietro.
A Montefalcione, sul versante che affaccia su Lapio, Raffaele Pagano sperimenta sagacemente le potenzialità dei vitigni irpini cercando di percorrere però strade diverse, non battute dalle altre aziende, per produrre un vino che non strizza l’occhio, ma che nel bene e nel male fa parlare di sé ma soprattutto del territorio, senza il quale, sottolinea a gran voce –“non si va da nessuna parte!”.
Nel 2007 la cantina Joaquin dà alla luce JQN 203 Fiano Campania Igt, da vigneto in frazione Campore, non filtrando e lavorando in criomacerazione, con passaggio in botte, lontano dall’onda di “tutti pazzi per il rovere”, il Pagano s’impone di usare l’acacia…perché è più prezioso, cede poco o niente al vino, per mosti, dunque, di grande carattere.
Dopo quattro anni si presenta cristallino, buona la vivacità di colore, estrema la complessità olfattiva che ci ricorda l’anice stellato ed anche il miele, secco, caldo, morbido, fresco ed anche sapido al gusto, ottimo il bilanciamento che trattiene una buona spalla acida, intenso, in ogni caso persistente, sottolinea Nicoletta Gargiulo Presidente AIS Campania, che non ha saputo resistere e si è sciolta in una degustazione che esula dagli schemi e che intimorisce.
Un fiano di lungo corso, un fiano con qualche ruga che ci regala un naso molto…molto avanti, aggiunge Tommaso Luogo, delegato AIS Napoli.
Ma se questo esperimento non vi basta, ecco a voi il Vino della Stella 2009 Fiano di Avellino Docg, stavolta l’idea è la macerazione sulle bucce, lavorando uve da un vigneto a Montefalcione. Seimila le bottiglie prodotte che hanno visto l’uscita all’inizio di Marzo 2011.
L’abbiamo preso per il collo, “l’amma spezzat’ o’ fian”, dicono a Lapio, ci confida Raffaele, “mentre tutti cercano di tagliare sempre prima, noi rischiando e fremendo arriviamo alla surmaturazione della pianta, ora dopo ora, per una sofferenza che si posiziona tra l’empirico e lo scientifico.”
Mineralità e sapidità le sensazioni che ci impressionano in un fiano che non ha nulla di fiano, ben lontano da stereotipi, unico nel suo essere intrigante e meditativo che risponde a un territorio ben preciso, vino non replicabile, sottolinea Giulia Cannada Bartoli, un vino che col passare del tempo regala leggere piccole virate, dall’acidità sorprendente, erbaceo prima, floreale e fruttato poco dopo, vino che trattiene in sé la capacità di mostrare come le potenzialità delle terre irpine siano state sfruttate sinora in minima parte.
Oggi Joaquin è impegnata anche su un progetto di Rosso, Taurasi vinificato nel 2009 in appena otto botti, e in uscita nel 2019, non ci resta che attendere!