R-izza e Zu-pizza. Scabin da Rivoli a Paestum con i suoi maccheroni, i risotti e la mozzarella
di Tommaso Esposito
Scabin dal Combal Zero di Rivoli irrompe con tutta la sua forza appena mitigata da Enzo Vizzari Direttore delle Guide de L’espresso, che di lui ha narrato provocazioni e meriti.
L’assiste Vitantonio Lombardo di Locanda Severino.
E parla di pasta, riso, mozzarella.
Narra le sue peripezie tra i fornelli per scoprire il nodo alchemico della cottura dei maccheroni e cerca di convincere la platea, fra cui assiso spicca Gaetano Assante, che buona è la pasta infusa.
Fatta bollire, cioè, per il settanta per cento del suo tempo in acqua salata al millesimo e poi lasciata così per il resto a riposare.
Ecco i conchiglioni ripieni di quello che si vuole: dal polpo, al crudo di gambero, al pomodoro, alla mozzarella.
Distesi in verticale.
Come su un albero per essere piluccati a mo’ di finger.
Poi gli spaghetti già pronti sottovuoto da sette giorni e passa.
Omaggio variopinto e regale alla Margherita. Con la mozzarella.
E black is black il ricciolo al nerissimo di seppia.
Zu-pizza è l’elogio della pizza resa in zuppa.
Ci sta tutto. Anche Cetara.
Poi i risotti.
Anche questi sconvolgenti in apparenza.
Sottovuoto fino ventuno giorni.
Si può al Combal dove il riso crudo vien portato prossimo al grado zero.
Abbattuto, non in frigo dove c’è l’umido.
E poi lasciato in olio evo a trenta gradi.
E poi si va avanti come previsto, fino all’onda e alla mantecatura.
Diviene cilindro ed è subito lì che il cuoco l’aspetta.
Nel piatto sono protesi come torri, qualcuna pendente: al parmigiano con erbette e asparagi di montagna caggianese, allo zafferano, al nero.
Se poi viene messo in scatoletta ecco la R-izza.
E si arricchisce di friarielli, salsiccia di Caggiano portata da Vitantonio, foie gras, bufala.
Si degusta.
E si applaude.
3 Commenti
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Straordinariamente in forma, lo Scabin!
Rimarrò sempre uno zotico, attaccato alla cucina, questa è un’altra cosa: pop-art-tecnologique-cousine, alla quale l’applauso è doveroso, come pure una sbirciata all’orologio, per calcolare in tempo reale se ci sono possibilità di trovare aperto un antro dove andare a mangiare qualcosa.
Non credo c’entri il grado di civiltà o l’attaccamento alla cucina, ché Scabin mi pare vi sia ben abbarbicato. Io credo che quello della quantità e della “mangiabilità” sia un falso problema, anche perché i menù del combal – come di tutta l’alta ristorazione – di questi anni viaggiano sulla decina di portate, almeno. Sul definirla arte, invece, sottoscrivo in pieno e mi alleo al plauso.