Prosciutto e prosciutti: la serata con i migliori del mondo a Botteghelle
di Marco Contursi
Di serate se ne fanno tante ma quella sui prosciutti crudi presso Botteghelle65 davvero è stata unica. Vi dico solo quello che si è mangiato: Jamon iberico Domeq 40 mesi, Prosciutto di mangalica Dok dall’Ava 22 mesi, Prosciutto di Cinta senese il Poggio 22 mesi, Parma Graziano Riserva 20 mesi, da accompagnare col pane a legna della pizzeria Resilienza di Salerno e con bollicine del Bolle di Lunarossa Vini e Passione e con un calice di Abate Nero Trentodoc, una fetta poi della stupenda colomba della pasticceria Mammagrazia di Nocera Superiore non si è negata a nessuno per chiudere in bellezza. Il prezzo? una rapina!!! 18 euro…..ossia, chi è venuto, ha rapinato il buon Pino, titolare di Botteghelle65 che avrebbe dovuto chiedere almeno il doppio, ma si sa, Pino è un amante delle cose buone e vuole bene ai suoi clienti e ogni tanto si diverte a organizzare queste serate a prezzi follemente bassi.
Ed io come referente dell’Onas in Campania, quando mi si chiede di guidare delle degustazioni di salumi e affini, mi ci tuffo soprattutto se il pubblico è appassionato come quello intervenuto nei due giorni di assaggi composto da chef di fama, sommelier e semplici appassionati e se sono coadiuvato dall’ esperto degustatore Fabrizio Delle Femine. Qualche nota tecnica per chi non è potuto o voluto venire ma che potrà trovare ancora per qualche giorno questi stupendi prosciutti da Pino, affettati con inaspettata perizia da Max, il suo fidato braccio destro.
Si son aperte le danze con il Parma, la cui caratteristica peculiare, la dolcezza, è stata riscontrata in pieno da tutti i presenti. Buono, sicuramente un bel prodotto ma una coscia stagionata di animali allevati allo stato semibrado è ben altro. Un assaggio di cosa significhi per un maiale vivere all’aperto è stato offerto dal prosciutto di Cinta: grasso candido e di grande solubilità, note di nocciola tostata e muschio…..si sale di livello ma la vetta è ancora un po’ lontana. Passo di avvicinamento è il prosciutto di Mangalica, razza curiosa in quanto simile ad una pecora, che vive all’aperto in Ungheria. E’ considerato il maiale più grasso d’Europa, infatti pur non essendo un gigante, riesce ad offrire anche 20 cm di lardo dorsale….Slurp!!!
Il prodotto si presentava con sentori di nocciola, e di carne stagionata e una nota dolce che richiama il Parma, all’assaggio, eccezionale la solubilità del grasso che lascia la bocca unta ma piacevole e ben si abbina con le bollicine nostrane del Bolle. La vetta, è vicina, sua maestà lo Jamon Iberico de Bellota. E sì, perché il nome “patanegra” lo diamo noi italiani mentre per gli spagnoli è solo Jamon Iberico, che a seconda dell’alimentazione dei maiali nella fase dell’ingrasso, si accompagna alla denominazione de cebo ( allevato con mangimi), de recebo (mangimi e ghiande), e il più pregiato de bellota (ossia solo ghiande e pascolo).
Noi ovviamente abbiamo scelto un de bellota e non uno qualsiasi ma uno di un maiale di 2 anni di vita e con una stagionatura del prosciutto di 40 mesi. L’assaggio? E che ve lo dico a fare? Sensazioni di nocciola tostata si alternavano a sentori di fungo porcino, sentori di carne stagionata si evolvevano in bocca in note sapido-dolci di lunga, lunghissima persistenza che accompagnavano ben oltre la deglutizione. Il grasso poi, ricchissimo di acido oleico si scioglieva in bocca come un gelato al sole, regalando sensazioni palatali uniche. Perfetto il matrimonio con le pregiate bollicine trentine.
L’unica nota stonata delle due serate? La pressochè totale assenza dei produttori di salumi campani. Eccezion fatta per un macellaio cilentano ed il titolare di un agriturismo di Casalvelino, il mondo dei norcini ha snobbato questa seduta di assaggio unica in Campania, come anche ha fatto in passato coi corsi di degustazione organizzati dall’Onas (org.naz assaggiatori salumi). E’ avvilente constatare come, da noi, chi produce, sfugga ogni confronto con realtà diverse dalla sua, anche quanto non direttamente concorrenti. E non capisca, da addetto al settore, come sia importante assaggiare prodotti d’eccellenza di tutto il mondo, per migliorare il proprio prodotto, soprattutto in un settore specifico, quello dei prosciutti, in cui i produttori campani non brillano particolarmente, con buona pace di pochi….peggio per loro, è restato più Jamon Iberico per me.
Si ringrazia per le foto Stefano Di Luca.
5 Commenti
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Per la prossima degustazione suggerisco l’assaggio di altri prosciutti crudi d’eccellenza ITALIANI quali: San Daniele Friuli – Norcia (PG) – Faeto (FG) – Carpegna (PU) – Suino nero dei Nebrodi Sicilia.
Buon appetito
Grazie per le info,ha il nome di qualche produttore?
dovrei recuperarli, la prossima volta che li acquisto glieli comunichero’.
Ajajajajajai, quella della conoscenza è una nota dolente.
E’ stato statisticamente appurato che nel meridione solo il 10% della popolazione considera lo sviluppo intellettuale (il così detto Know How), come vantaggio competitivo, al nord la percentuale è quasi capovolta, circa l’80% ritiene la conoscenza un fattore cruciale per il successo imprenditoriale.
Nella gastronomia per “rendersi desiderabili”, in passato chiunque ha parlato di “qualità”, anche quando essa non era tale, e visto che ora tale parolina non è così “magica”, perché funziona sempre meno, e per aiutare la vendita si è passati al concetto di “eccellenza”. Questo, ovviamente, senza rendersi conto che l’uso inappropriato o l’abuso di questo termine porta comunque il consumatore ad una sorta di “assuefazione” e quindi, in un futuro a medio termine tenderà a funzionare sempre meno.
A questo punto ci si può chiedere tra l'”Essere” e l'”Apparire” quale aspetto possa essere più favorevole. Scegliere di mostrarsi meglio di quanto effettivamente si è, si deludono le aspettative dei consumatori, optare per il fare le cose per bene può comportare comunque elle difficoltà se si è poco conosciuti.
Io penso che per parlare di qualità occorre la conoscenza di ciò che si fa e dei prodotti impiegati, (ho detto conoscenza, quella vera), quindi, occorre innanzitutto “Essere”, e di conseguenza impegnarsi per farlo sapere ai potenziali clienti con adeguati piani di comunicazione, quindi anche “Apparire”.
Per me, parlando di “qualità” metto sempre lo sviluppo intellettuale al primo posto, perché si sa che “l’ignoranza” non ha mai premiato nessuno. Conoscere vuol dire poter fare scelte appropriate e consapevoli, scegliere senza la conoscenza delle cose, è come giocare ostinatamente a dadi e pretendere di poter vincere ad ogni lancio.
I produttori di salumi avrebbero dovuto essere i primi a partecipare a questa comparazione gustativa, invece accade il contrario, sono i potenziali acquirenti alla ricerca del “Buono” che si documentano e si tengono informati.
Bravo Enrico ha centrato in pieno il problema, e questo vale non solo per i salumi ma anche per i formaggi, il vino ecc, ecc,……