Pietro Parisi: Pizza napoletana impastata e lievitata con il siero di mozzarella di bufala. Era Ora
Palma Campania, via Trieste 147
Tel. 339.8587591
Sempre aperto. Chiuso il martedì
Feri variabili
Bisogna lasciare la mozzarella ben lontana dal frigo e farla sudare. Dopo qualche ora il siero ha assorbito il sapore del latte ed è bello azzuppare un po’ di pane. Lo faccio da bambino. A volte lascio cadere qualche foglia di basilico e aspetto. E al pane aggiungo un pomodoro maturo.
Il concetto della pizza impastata e lievitata con il siero della mozzarella di bufala è tutto in questo rituale casalingo di chi vive nell’area dop della mozzarella.
Ora lo ritroviamo da Pietro Parisi nel ristorante Era Ora
Eravamo stati da lui nel primo locale, sempre Era Ora. Ma qui la musica cambia, perché l’aria è da bistrot, solo che sei nel cuore della campagna vesuviana, il grande orto della metropoli per secoli e secoli, una delle più grandi tradizioni agricole rurali della storia.
Via i grandi prodotti in franchising: perché comprare un baccalà a 24 euro quando vicino c’è Somma Vesuviana? Nella sua esperienza con Ducasse, durata un paio d’anni e che lo ha visto a Plaza Athenee e al Louis XV ha assorbito tre cose: le tecniche di cottura, l’organizzazione economica della cucina e l’approccio alla materia prima.
A ben pensarci, questo ragazzo è esattamente il prototipo di cuoco che piace ai comuni gourmet d’Oltralpe: cucina italiana di tradizione aggiornata dalle tecniche moderne di cottura e di conservazione.
Non basta una vita per conoscere la gastronomia del triangolo d’oro. Praticamente è nato tutto qui. Compresa l’omologazione che serve alle industrie conserviere per fare reddito. Qui si concentra ancora oggi il 70% delle conserve, dei semi e dei legumi italiani, un distretto di tipo veneto che gode di ottima salute nonostante l’ignoranza cronica di molti suoi imprenditori.
Come sempre le colline, qui sono quelle che annunciano l’Irpinia o, dall’altro lato, i Lattari, fanno la differenza della biodiversità. Pietro sta spingendo pastori, casari e contadini del posto. Paga loro il tanto che è comunque poco rispetto ai prezzi di listino dei franchising perché l’investimento è nel tempo impiegato nella ricerca e nella trasformazione della materia prima. Per fare cucina gourmet non bisogna essere per forza cari. Altra lezione parigina di questi ultimi anni.
Sono terre sanguigne, con uno spiccato senso della gerarchia molto raro nel Sud. Gli abitanti sono veloci e laboriosi, l’esatto opposto della città dove tutto è delegato al momento della rappresentazione. Sono terre dove si è perso il senso estetico, ma che proprio per questo sono ricche di sorprese incredibili.
Ma siamo qui per la pizza insieme a Giustino Catalano. Sapete che il siero è uno dei reflui che hanno costituito molti problemi a partire dagli anni ’80, da quando cioé è iniziato il boom della mozzarella di bufala e dei caseifici. L’idea di Pietro è stata quella di utilizzare uno scarto per fare una pizza di tipo diverso, dove i lieviti del latte potessero interagire con quelli del panetto, che in provincia è sempre un po’ più grande che in città.
Dunque verifichiamo un po’ il risultato, anche se le prime pizze non sono mai le migliori, come sapete. Un come come come la grappa, bisogna togliere la testa e la coda del processo di lavorazione.
Il sapore è un po’ più dolce di quello usuale. Diciamo che la pasta ha un ruolo di protagonista. Tutto sommato il risultato è buono dal punto di vista della morbidezza e del sapore.
Il risultato è particolarmente centrato sulla pizza fritta dove in primo luogo consente di evitare di mettere la mozzarella con un grande risparmio in termini economici e soprattutto di digeribilità e di abbattimento calorico. Infatti viene usata solo la ricotta, questa fatta in proprio, che da sola sostiene bene il tutto. Un grande prodotto di strada.
Ci si ritrova a tavola dove Pietro ci regala questo saggio ducassiano di gestione del pomodoro, davvero buono, e con un piatto di spaghetti De Cecco cotti a bassa temperatura, ossia senza portare l’acqua in ebollizione. Un argomento di cui ha parlato Maurizio Cortese suscitando appassionate discussioni sulla Gazzetta Gastronomica e su Facebook. Urge un pasta consensus sull’argomento organizzato da Tommaso Esposito per capire: come reagisce la pasta industriale e come quella artigianale.
La mia idea è che nel cibo lente lievitazioni e lente cotture sono sempre buone pratiche.
In settimana la pizza sarà in vendita nel locale. Andate a provarla e fatemi sapere.
9 Commenti
I commenti sono chiusi.
prezioso elemento da non buttar via: io ci faccio (anche, oltre al pane) il risotto
;-)
http://oldsite.golagioconda.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2986:risotto-imbufalito-alla-mozzarella-di-bufala&catid=67:olio&Itemid=362
Ecco qua.
Punto e a capo.
Pietro provoca.
Luciano raccoglie la sfida.
Et nunc aperta qauestio.
Al lavoro per la consensus pasta.
Entro settembre.
Era ora in tutti i sensi!
E noi siamo lieti di avervi qui ….
Tommaso facci sapere le date disponibili. Hai mail.
Noi in Irpinia lo facciamo già da una vita…con le temperature che ci ritroviamo è quasi impossibile portare l’acqua di cottura della pasta a 100°…;-)))))))))))))))))))))))))))))))))))
Ora capisco la vostra iperproduzione di colla per manifesti:-)
Si si, intanto quando hai bisogno di refrigerio la vieni a fare…”la colla per i manifesti” !!!
Vabbene un poco di campanilismo però fate attenzione a non farvi ridere indietro: questa cosa qua si fa anche con il sieo di iordilatte. Mia suocera la aceva venti anni fa giù a Manduria