I panini a 300 piani sono monnezza, ma c’è Cheddar e Cheddar
Certo il testo di Marco Contursi sul panino gourmet come al solito ha fatto discutere. Certo, il mio titolo è un po’ forzato, ma è servito a porre al centro del dibattito un cibo completamente fuori controllo dalla critica tradizionale. In questo blog, sul vino come su tutto, le opinioni sono libere, e a me fa solo piacere vedere queste competenze discutere con passione e impegno.
Dopo quello di Daniele Berti, a voi il parere di Andrea Docimo.
di Andrea Docimo
Partiamo da un presupposto: ho letto l’articolo di Marco Contursi. Più e più volte.
Così, avendo evidenziato più di una criticità in un pezzo le cui linee guida mi trovano d’accordo, credo che fare un po’ di chiarezza sia d’obbligo.
Per noi e per chi legge.
In questa disamina, mi lascerò (e ci lasceremo guidare) dalla logica, cercando di non lasciare nessun topic scoperto.
First of all, innovazione e tradizione viaggiano su due binari paralleli, che solo all’infinito (metafora che realmente è resa da “solo a patto di possedere un grande background di conoscenze e notevoli abilità”) possono incontrarsi.
E, attenzione (e qui ecco la prima criticità di un concetto non esplicitato), c’è differenza tra innovazione e “monnezza”.
Gli hamburger a 300 piani sono, per me, monnezza. Ma non intesa come quella dovuta a materie prime pessime e di dubbia provenienza (anche se nel 90-95% dei casi è così, ma lo vedremo dopo), ma vista sotto il profilo della salute e dell’equilibrio della dieta di ognuno.
E, in questo, mi si perdoni la franchezza, parlare di territorio e dei nostri boni ac antiqui mores è oltremodo superfluo. Non pertinente.
Andiamo avanti, credo finora il discorso fili abbastanza.
Parliamo del costo.
Nell’articolo si parla di 15-18 € per un singolo panino di proporzioni pantagrueliche, che con patate e birra (quale però? C’è birra e birra ) sfiorano i 25€. Aggiungiamoci pure coperto, e per qualcuno anche il servizio. Facciamo 30€. E’, a prescindere dalle materie prime adoperate (che meritano una sezione a parte e le vedremo dopo), il giusto dazio per il crimine che si sta commettendo contro il proprio organismo.
E su questo non si accettano repliche, è un crimine bello e buono.
E’ arrivato il momento di analizzare il tema delle materie prime, non credete?
Primo: esiste il cheddar, ed esiste IL Cheddar, prodotto IGP originario dell’omonimo villaggio del Somerset (UK).
Le sottilette non le reputo Cheddar, e secondo me non sono nemmeno formaggio.
Sottiletta industriale è ok?
Oltretutto, qui lo affermo e sottoscrivo, il Cheddar vero non ha nulla da invidiare anche alla Provola nostrana. Entrambi certamente diversi nelle caratteristiche, ma anche due prodotti dall’ALTISSIMO profilo. Passiamo agli hamburger?
Ci sono quelli prodotti adoperando carne di razze che manco nella Terra di Mezzo tolkeniana, e poi ci sono quelli prodotti con carni di ottima qualità, magari buoni.
E nemmeno in questo trovo nulla di male. Non sono un po’ come delle polpette allo stato embrionale?
Giusto il discorso di Contursi relativo alle conoscenze del “paninaro”: se vuoi fare un discorso di qualità, devi averlo compreso fino in fondo. Vorrei parlare anche del vero Bacon, dei veri Wurstel tedeschi, etc., ma so che mi esporrei a frasi del tipo: “ma, con tutte le cose buone che abbiamo in Italia, dobbiamo per forza andare a pescare all’estero?”.
No. Ognuno fa la sua scelta.
Ma, fin quando non accetteremo che il “problema” esiste e non inizieremo a chiamare le cose con il loro VERO nome (es. Cheddar di qualità infima, Bacon immangiabile and so on), faremo sempre la parte dei censori arroccati sui propri pregiudizi. Crescere come persone e come popolo significa anche questo.
Discorriamo, adesso, dello strizzare l’occhio all’America?
In un mondo che cambia di minuto in minuto, globalizzato senza ormai più il benché minimo ritegno, gli States hanno influenzato le vite della quasi totalità degli esseri umani.
I cellulari che utilizzate (e con il quale magari fate i carucci perché sono uno status symbol) magari sono prodotti in Oriente, ma non dimenticate che l’azienda è a stelle e strisce. Logico che, con il passare del tempo, si siano imposti (o forse occorrerebbe dire “hanno imposto”) il loro modus vivendi anche sotto il profilo gastronomico.
Ed ora che i loro tentacoli si stanno allungando sulla nostra Italia (che spesso e volentieri resta silente), ed in particolare sulla mia Campania, iniziamo a risentircene. Posso fare un paragone a mio parere calzante?
Livio Andronico nella antica Roma portò l’Odusia: da tale poema epico (traduzione in lingua latina dell’Odissea di Omero) è scaturita tutta la letteratura epica latina.
Ne faccio un altro: le patatine fritte con la sugna non sono una splendida commixtio generis?
Ovvio che siano pesanti e che qualcuno storcerà il naso, eppure mia nonna le ha sempre fatte. E’ un esempio, per dire che, se reinterpretiamo qualcosa di non proprio conforme ai nostri standard qualitativi con le frecce al nostro arco, può uscire fuori qualcosa di interessante.
Per quanto riguarda il gourmet, personalmente mi astengo dal commentare. E’ un termine che adoperavo anche io in passato, ma ora per me è stato devitalizzato.
Sui presunti food-blogger che magnificano panini “a grattacielo”, invitando a “sfondarsi” (mamma che brutto come termine), opterei per definirli JUNK-FOOD-BLOGGER. Che dite, la smettiamo anche in questo di fare di tutta l’erba un fascio?!
E adesso esprimo il pensiero nodale e per quanto mi riguarda più sentito di questo articolo. Noi, così come i nostri costumi (pizza nel forno a legna, cucina mediterranea, ecc.), non andiamo difesi.
Basta con il vittimismo, non se ne può più. Abbiamo secoli di arte e cultura, anche e soprattutto in campo gastronomico, che stanno lì.
Non scappano, così come le nostre meravigliose tradizioni.
Le respiro quando cammino a via dei Tribunali con la mia ragazza o con un amico, o quando mi allontano un po’ di più con l’auto (o magari, meglio, in treno od autobus) verso luoghi inesplorati della mia regione, le sento sulla pelle quando il solo passare sotto i ponti della Valle di Maddaloni mi rievoca le ciliegie che mio nonno mi portava a mangiare dalla signora Maria quando ero piccolo.
Sì, siamo italiani, ma per una volta mostriamo i nostri attributi accogliendo la diversità, non aborrendola.
Un popolo da sempre aperto come il nostro non deve essere censore, non deve più difendersi, ma HA BISOGNO dire la propria in modo sano e costruttivo.
Non distruttivo.
P.S. Il mio panino preferito è quello con la frittata di cipolle, non sono di parte.
25 Commenti
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Penso che l’articolo di Marco sia più che chiaro, Andrea…. nessun tipo di censura a prescindere, solo imparare a distinguere, come hai detto tu da spazzatura a “panino”. Bellissimo pezzo, comunque! ;-)
Caro Andrea, apprezzo la tua disamina che trovo davvero interessante, due sole precisazioni: 1) non ho mai detto innovazione= monnezza, se hai avuto impressione che io l’abbia scritto da qualche parte, credimi, è stato un abbaglio e non c’era bisogno che io esplicitassi un parallelismodi cui non ho mai nemmeno pensato l’esistenza.
2) Dissento profondamente quando dici “Noi, così come i nostri costumi (pizza nel forno a legna, cucina mediterranea, ecc.), non andiamo difesi”…..se Slow food non avesse fatto questa difesa quando a fine anni 80 la moda dei panini americani omologava tutto, oggi non avremmo neanche il Cheddar di qualità di cui parli tu che è il presidio slow food del cheddar del Somerset….Per capirci: che ci siano 1 -2-3 paninoteche american style è normale e giusto purchè usino prodotti buoni…che oggi ne aprano 10-20-30 invece non è buono a prescindere dalla qualità usata……è lo stesso discorso dei patanari olandesi e il tempo mi diede ragione……tutti ad aprirsi inseguendo miraggi di soldi facili, pure fatti nel breve…..tutti chiusi o in difficoltà adesso.
Il mio articolo era contro il concetto del panino come fenomeno di costume, la moda del panino, di cui i panini a 5 piani sono solo una appendice del fenomeno che però a mio avviso ha anche altre criticità oltre a quella salutistica che tu ben evidenzi e cioè che se tutti fanno solo panini america style si va a far benedire la tradizione locale. Ripeto, un panino americano ben fatto va benissimo e piace pure a me…..non mi piace se tutti si mettono a fare solo quello. Come se a New York aprissero solo ristoranti italiani o a mosca solo locali di cucina cinese…..Tutto qui. Comunque mi fa piacere che sullo junk food sei d’accordo con me.
p.s….dissento pure sulla cipolla della tua frittata preferita…io non ne mangio, ma qui ammetto è un mio limite ;-)
Gentile Marco, la ringrazio per i complimenti innanzitutto. Per quanto riguarda il primo punto, il suo articolo è stato uno spunto per dire ciò che ho sempre pensato. Nulla contro la sua tesi, ma ammetterà anche lei che è alquanto (fin troppo per quanto mi riguarda) tradizionalista. Stoppare sul nascere le rivoluzioni (buone) non ha mai portato a nulla di proficuo. Comprenderle invece porta a significativi passi avanti per i popoli. Passando al secondo punto, credo che i locali filo-americani che aprono unicamente per seguire la moda (a quanto pare l’esempio “olandese” non è servito) si auto-evirino da soli. Per questo dico che non andiamo difesi, ma tutelati. Questo sì, e sono due concetti molto diversi tra loro. Sullo junk food credo sia necessario essere d’accordo, scriviamo entrambi per questo bellissimo blog :)
Enrico, per quanto riguarda l’articolo di Marco avevo già espresso le mie perplessità l’altro giorno via Facebook. L’idea di fondo c’era, ma secondo me è stato sviluppato non a dovere. E le criticità, almeno ai miei occhi, erano evidenti. Detto ciò, ti ringrazio dei bei complimenti :)
Il succo del pezzo di Contursi era di non accettare le tendenze in generale e la tendenza ultimamente modaiola ai burger e ai sandwich in particolare. Sono stati giustamente dikleggiati alcuni eccessi. Eccessi che non sono marginali.
Il succo della risposta di Docimo è (cito testualmente) “Noi, così come i nostri costumi (pizza nel forno a legna, cucina mediterranea, ecc.), non andiamo difesi. Basta con il vittimismo, non se ne può più. Abbiamo secoli di arte e cultura, anche e soprattutto in campo gastronomico, che stanno lì.
Non scappano, così come le nostre meravigliose tradizioni.”
OK Docimo (e gli altri onesti lavoratori del panino che hanno risposto al post originale). Le nostre tradizioni non saranno certo messe in pericolo dalle paninoteche anglofile. Ma probabilmente saremmo più contenti se potessimo avere la possibilità di addentare un sandwich al Roast beef. Magari con gravy autentico invece di salse industriali.
La nostra sicura tradizione potrebbe anche risultare rafforzata e rivitalizzata dal confronto con l’Irlanda, dove nei migliori pub si abbinano le belle cozze della baia di Dublino alla Guiness.
Invece no. Siamo provinciali. Importiamo espressioni come “First of al”l, “and so on” nei nostri discorsi, ma non sia mai in cucina della paninoteca ci sia un forno che cucina roast beef o una pentola che sobolle lentamente purè di patate, invece delle squallide piastre bisunte e delle friggitrici a cui l’olio viene cambiato una volta alla settimana, se va bene.
Whatever
Andrea ma cosa c e di rivoluzione a proporre panini che già negli anni 80 si portavano?Qui di paninoteche rivoluzionarie (buone o meno è altro discorso)non ce ne sta nessuna….per te rivoluzione è usare carne o formaggi buoni?dovrebbe essere la norma.E comunque tre anni fa a Nocera si aprì una paninoteca che faceva panini solo con presidi slow food,oggi è chiusa.Poiche la moda vuole altro…..e io questo altro condanno.Detto ciò,se come capisco,vuoi scrivere di gastronomia,permettimi un consiglio:Studia le materie prime,approfondisci le tecniche di produzione così non chiami salamino,una salsiccia ;-)
Un’altra cosa carissimo:scrivi di aver già espresso perplessità su fb……ma mi spieghi perché anche chi scrive sul blog trova più facile commentare su fb piuttosto che sul blog contribuendo a tenere viva la discussione?Io se scrivo su un blog,lo sento anche mio e cerco nel mio piccolo di renderlo interessante e vivace,se i commenti al mio pezzo fatti su fb,fossero stati fatti in calce al pezzo,oggi ne avremmo 998……altri due e vincevo un panino(provola,frittata di patate e salsiccione di Franco) che Luciano regala a chi tocca quota 1000 commenti :-)))))))))))
Adoro Massimo….pure senza conoscerlo!!!! Ha racchiuso il mio pensiero nel primo periodo del suo intervento. Sono stato accusato di aver scritto per favorire l’apertura di un locale che neanche conosco, di aver attaccato, i panini di qualità, addirittura quelli con dentro cucina tradizionale……ci mancava che mi accusavano di aver dileggiato qualche divinità animista o qualche minoranza etnica e poi eravamo al completo. Ma com’è che Massimo,Franco che ha chiuso il locale, Mimmo Gagliardi, hanno rappresentanto con poche parole il senso puro del pezzo e altri hanno capito l’esatto opposto???????…. Intelligenti pauca ……o restando nella moda a stelle e strisce….. Few words for very smart peoples :-))))))))))
Gentile Marco, i tuoi commenti sono oltremodo offensivi e non hai il benché minimo rispetto. Partendo già dal presupposto che mi dai del tu quando non mi sembra ci siamo mai conosciuti dal vivo. Ma adesso ti do anche io del tu, tranquillo. Le materie prime le studio, e non credo tu da una foto (peraltro modificata al PC) possa desumere cosa ci è stato propinato a tavola. Fermo restando che rispetto le tue conoscenze. Ma non venire ad infangarmi, anche perché (a 40 anni con un ragazzo di 22) ti sei già accanito (e sei stato risposto a dovere) sotto un pezzo per una distanza chilometrica REALE. Mi dai solo l’idea di una persona (e si vede da questo attacco totalmente ingiustificato quando io non ti ho detto di studiarti il Cheddar, che dovresti conoscere…) di una persona che non aspetta altro se non fare polemiche inutili e sterili. Che dirti, a 22 anni non mi abbasso certo a questi livelli. Commento su Facebook perché a prescindere è quello che più uso e perché, sai com’è, avrei anche una vita ;) Ah, altro appunto. Se non capisci che la rivoluzione di cui parlavo è intesa in senso metaforico, fossi in te farei anche un corso di logica base. Mi scuso anche per te con le persone che ci leggono.
Caro Massimo, non so chi tu sia, ma Contursi non ha bisogno del papà che lo difenda. Sono d’accordo sul fatto che sarebbe meglio ciò che dici, ma credo sia irrealizzabile dato che, in larga misura, ad uscire la sera sono i RAGAZZI. Non i quarantenni. Finitela di criticare sempre e, come si dice a Napoli, addò coglio coglio. Per le espressioni in inglese, ti assicuro che sono inflessioni del mio scrivere dettate dal fatto che mi piace rendere un po’ più freschi i miei articoli. Se non mi conosci, non prendermi ad esempio per dire che siamo provinciali. Educazione, prima di tutto.
P.S. Si vede anche dall’ultimo commento che non si aspetta altro che fare “comunella”. Facile in due contro un ragazzo :)
Ah, specifico una cosa. Quando dico “contro un ragazzo” intendo che ho sempre pensato che ad un certo punto della propria vita occorresse davvero diventare “grandi”. Tuttavia, e qui mi spiace davvero ammetterlo, mi rendo sempre più conto che età anagrafica e maturità non sono correlate. Neanche minimamente.
P.S. Caro Contursi, a “people” non bisogna aggiungere la “S”. Suvvia, alla logica associamo anche un corso di inglese? :)
Andrea ma scherzi?mi dici dove mai ti avrei infangato quando ti ho riempito di complimenti e ti
ho dato del tu in senso amicale,anzi riconoscendo in te una buona penna,mi sono permesso di darti come consiglio di approfondire lo studio di materia prima per essere un articolista completo.Oltretutto offendi oltre che a me che non me la prendo,anche una persona come massimo che ha espresso civilmente una opinione.Bah…..esuberanza giovanile….rileggimi con calma e semmai confrontati con qualcuno e vedrai che mi sono posto molto positivo verso di te e lo sto facendo ancora ora,nonostante tutto.Stammi bene :-)
Caro Marco, allora ti darò anche io del tu d’ora in poi per ricambiare la cortesia :) Non mi va di portare troppo avanti la questione, ma, sai com’è, essere molto “pignoli” (quando magari non ce n’è davvero bisogno), può farci apparire un po’ scortesi agli occhi di chi ci legge :) Puoi farmi tutti i complimenti che vuoi (ti ringrazio davvero), ma se mi scrivi “studia le materie prime, così capisci la differenza tra un salamino ed una salsiccia”… Beh, questo è sgarbato. E chiunque, come dici tu, può ravvisarlo. A Massimo ho risposto educatamente, ma se vengono citati miei termini (non sono filo-states, vorrei precisarlo) come a dire “facciamo tanto i tipi ma poi non portiamo cose buone nel nostro paese”, è normale che io risponda. Anche perché mi è sembrata tanto una presa in giro. Sarà anche esuberanza giovanile, ma qualche neurone (più di qualche) che mi funziona ancora ce l’ho. Terminiamola qui, dai. Ci vediamo sotto al prossimo articolo :)
Sorry for peoples……me la cavo meglio con il latino……mi piace la tua grinta……ti invito a cena,non è un invito galante of course(l ho scritto bene?) ma una chiacchierata davanti un buon piatto caldo.
Mi spiace tu sia offeso ma credimi era un consiglio dettato dal fatto che mi piace come scrivi,anche se cadi in inesattezze come io ho fatto con peoples.Purtoppo molti scrivo per passione come te sicuramente ma non approfondiscono prima ciò di cui scrivono.Il mio era solo un consiglio a chi giovane ha passione vera per quel che mangia.Non ho mai dubitato dei tuoi neuroni :-)
Caro Marco, il latino lo adoro anche io. :) L’invito a cena (sì, of course è giusto) lo accetto molto volentieri. Quando vuoi. Grazie dei consigli. :)
Salve. Sono un lettore del blog del maestro Luciano Pignataro da lungo tempo, vi ho sempre trovato ottimi e veritieri consigli su pietanze e locali e molti degli spunti critici approfonditi su queste pagine sono stati snocciolati attraverso interessanti discussioni. Non questa volta. E mi spiace molto. Questa sequela di commenti mi sembra solo una sterile gara d’arguzia in punta di tastiera, che niente aggiunge alla questione generale. Conosco e condivido l’impostazione deontologica del maestro Pignataro, che prevede esclusivamente la pubblicazione di recensioni di locali veramente meritevoli, preferendo in tal modo offrire ai lettori solo esperienze dirette di qualità che ne valga davvero la pena ripetere. Però, ditemi, di grazia: si può fare, almeno qui tra i commenti, un’eccezione? Nel senso: Da Gigione è qualitativamente migliore di Blackburger? Le più azzeccate combinazioni di materie prime le trovo da Ottavonano o da Sturgis? A Caserta, Public House Burger Gourmet o Malto Reale? Cantiere Pub & Grill o Penny Black al Vomero? La metafisica delle mode gastronomiche può essere ed è interessante, ma se passassimo dalla coscienza alla vita per qualche momento, non sarebbe male. Ringrazio per l’attenzione, e auguro a tutti buon lavoro.
Sono un po’ dispiaciuto.
Sono un semplice appassionato di gastronomia che intendeva qui esprimere per la prima volta la propria opinione. Non mi interessa fare comunella con nessuno.
C’era una discussione in corso. Una discussione interessante e a cui mi faceva piacere partecipare iniziando col sintetizzare i due rispettivi e rispettabilissimi “pensieri nodali”.
C’era secondo me abbastanza spazio per sviluppare interessanti riflessioni, ma a questo punto francamente non ne vedo i presupposti, visti i paletti che Docimo si è sentito di mettere alla discussione.
Andrea Docimo inizia bene affermando che in questo blog le opinioni sono libere. Dovrebbe essere un assunto fondamentale di qualsiasi discussione, fermo restando che si cerca di scrivere con competenza. Peccato che poi nei commenti contraddica l’importante assunto iniziale, arrivando a dare dell’immaturo chi ha espresso liberamente la propria opinione e sbottando persino in un lapidario “Finitela di criticare sempre”.
Il “voi” qui è stato ben più sgradevole del tu – presuppone una discriminazione tra chi detiene il sapere e tutti gli altri.
E mi dispiace su questa base io non smetto di criticare. A questo punto il discorso va oltre il panino, o la provincialità vera o presunta di alcuni operatori, ma riguarda proprio i presupposti della comunicazione. Se si scrive in un blog o un forum aperto al pubblico, ci si deve aspettare critiche. Critiche alle quali, se si vuole, si risponde nel merito. Ma francamente quello che mi sembra veramente immaturo è rispondere alle critiche con l’accusa di fare comunella in due contro un ragazzo.
Docimo avrà sicuramente una brillante carriera davanti a se, mi auguro, e glielo auguro sinceramente. Ma lavorare nella gastronomia significa interagire con una serie di interlocutori, significa interagire col pubblico. Un settore quello della gastronomia che vede troppo spesso operatori, in sala o in cucina, impreparati al rispondere con equilibrio a critiche equilibrate. Mi auguro che presupporre una discriminazione tra se stessi e tutti quelli che criticano sia un peccato di gioventù che Docimo si lascerà alle spalle, perché per il momento non dimostra molta capacità di ascolto.
Rispondo ad entrambi in maniera molto sincera e da persona che ha pensato tutta la giornata a quanto accaduto. Credetemi, dietro una tastiera c’è anche una persona che, se ha modo di risentirsi per qualcosa, perde poi anche la serenità che gli dona la scrittura, il comunicare alle persone. La “battaglia” che abbiamo ingaggiato io e Marco nei commenti è oggettivamente una mancanza di rispetto nei confronti dei lettori. Forse avremmo dovuto risolverla “in privato”, così da risparmiarvi questo brutto spettacolo. Me ne scuso umilmente. Credo Marco sia d’accordo con me, e la settimana prossima avremo anche modo di risolvere la questione con una bella mangiata insieme.
Ed ora mi rivolgo a Massimo, che forse si è visto bersaglio della mia “ira funesta”. E ti do il tu, se me lo permetti. Ben vengano le critiche, caro Massimo. Forse ho interpretato male il tuo commento, ma mi è sembrato di essere stato tacciato di provincialismo. Questa è una cosa che non mi appartiene, giacché, se lo fossi stato realmente, forse non sarei nemmeno qui sopra ad espormi. Il “finitela di criticare sempre” era riferito a questo. Sono aperto a tutte le discussioni che vorranno esser fatte. Se ho travisato, me ne scuso. Spero vivamente continuerai a seguire il mio lavoro, e mi auguro di ripagare la fiducia che riponi nelle mie capacità. È quanto di più bello si possa sentire. Per quanto riguarda l’ultima parte del tuo commento, credimi, sono sempre stato pronto all’ascolto, anche quando le critiche sono state negative. Questa volta mi sono risentito per qualche parolina un po’ scomposta, che mi ha sinceramente offeso. Ma, davvero, mi dispiace che la conversazione abbia preso questa piega. Spero tu capisca il mio punto di vista, così come anche Claudio.
Buona serata a tutti.
P.S. Scusate se porto alla vostra attenzione una mia riflessione, che spero vi vedrà d’accordo. Purtroppo, il brutto della scrittura è che spesso e volentieri non si percepisce la gamma di emozioni provate dall’interlocutore. Uno stesso commento lo si può leggere in infinite chiavi. Così come lo si può travisare. Anche l’articolo, secondo il mio parere, è stato travisato. A prescindere dalla discussione che ne è scaturita, l’articolo di Marco Contursi è stato per me uno spunto per fare la mia riflessione. Non mi sono scagliato contro di lui, ho soltanto espresso ciò che penso da ragazzo che queste cose le vive più da vicino. Questo perché credevo pure che, rivolgendoci a lettori competenti ma anche comuni, occorresse rendere ancor più manifesti alcuni punti. Altro esempio, quando dico che non andiamo difesi, voglio esprimere un concetto per me importante: siamo già forti, ed andiamo tutelati (Slow Food e gli altri enti esistono per questo, chapeau, sono ESSENZIALI), ma non difesi. Si difende chi si sente attaccato, e le nostre origini e tradizioni, per me, non corrono il rischio di venire soppiantate dalle mode passeggere. Vi rinnovo l’augurio di passare una splendida serata.
non c’è nessuna incomprensione che un bel pranzo non risolve….
D’accordissimo!
Belle parole Andrea,
ti fanno onore in una discussione in cui probabilmente anche io ho fatto riferimenti non perfettamente pertinenti.
Apprezzo molto la passione, che comunque traspare e credo sia chiarito per tutti che nessuna parte è mai stata in mala fede.
Da un lato ribadisco il mio apprezzamento al primo post di Marco per cercare di analizzare in modo razionale e non acritico diversi fenomeni legati al mondo per il quale condividiano la passione.
Dall’altro apprezzo anche il succo dei contenuti di Andrea – osare o sperimentare anche se abbiamo una bellissima e a volte ingombrante tradizione. Tradizione che cmq sopravviverà ai più scellerati, e anche agli innovatori – umili o meno – più validi. Evcentualmnte essendone in parte plasmata con equilibrio.
Prometto di venire a gustare del tu lavoro presto Andrea.
Ed io sarò felicissimo di leggere i tuoi/vostri commenti :) A presto!