Napoli, Cantina San Teodoro e la cucina di Mimmo Alba
La zucca lunga di Napoli in piedi in un angolo nell'ingresso. I pomodorini Pachino disidratati e i capperi di Pantelleria in bella mostra su una mensola. Di giorno negozio gourmet, grazie anche agli spunti del socio Pietro Micillo, e di sera ristorante.
Vini siciliani, prodotti campani e siciliani, ricordi e una cucina scintillante, piccola e dotata di tutto. Tutto quanto occorre per lavorare con la sua fidata brigata a quattro.
E' tutto qui Mimmo Alba.
Un po' geniale e un po' sregolato. A metà tra siciliano a oltranza e napoletano irriducibile. Di certo un personaggio che non lascia indifferenti.
Uno chef, anzi un cuoco, di quelli pazienti , dedicati, instancabili e completamente ossessionati dal cibo.
Il locale e lo chef
La luce filtra in maniera magica alla Cantina San Teodoro, il ristorante gourmet del Palazzo San Teodoro. Non offende gli occhi, assorbita dalle pareti tinteggiate con una speciale pittura che assorbe i riflessi passata in diciotto (!!!) mani. Il fascio di luce dei lumetti in terracotta, fatti a mano uno per uno nella sua Sicilia, illumina l'essenziale: il piatto. Posato sulla tovaglia in canapa naturale.
E' lui il protagonista assoluto a cena, con tutto quel che ci mette dentro lo chef. E non è poco. La cucina di Alba è Alba stesso. Ciò che lo diverte, ciò che lo commuove. Cattiva, buona, eccellente è tutta la sua vita.
Negli ultimi due anni – a chi ha lo ha incontrato tra una missione, un sopralluogo a un locale e una delusione – credo non abbia detto che questo: “io voglio cucinare”. Lasciata la Sicilia per amore, dove navigava sereno con la sua professione, Napoli finalmente – con il suo grembo provvido di sempre – gli ha dato l'agognata casa. Il ristorante che sognava. Il teatro. Il palcoscenico. E lui lo occupa con le sue piroette, i salti, le posizioni rigorosamente perseguite con la fatica.
Da bravo ballerino di classica quale è stato per 20 anni, prima di iniziare gli studi universitari e l'apprendistato in cucina, Alba conosce l'applicazione e il “prova e riprova” che punta al raggiungimento della perfezione.
Del tempo in cui ballava conserva la figura impeccabile, ben lontana da quella pacioccona degli chef del Sud, e un sorriso teatrale che accompagna lo scintillio degli occhi quando entra in sala per accompagnare un piatto come fa regolarmente. Pretende attenzione.
E' un esibizionista, lo chef Mimmo Alba, uno che parla con il suo cibo e del suo cibo senza sosta ma anche uno umile schiavo votato all' amore per l'unica cosa che dichiara di saper fare: cucinare.
Cantina San Teodoro ha aperto da quattro mesi ma era da tanto nei pensieri di Alba da essere già vecchia. Cucina rigorosamente leggera, elaborata senza sale, attenta all'ottimizzazione degli scarti, dominio della tecnica, studio degli ingredienti, estrema pignoleria nella cura dei dettagli e della shelf life della materia prima e, infine, un bagaglio di esperienze e ricordi tutti mediterranei da esprimere.
Noi crediamo abbia un gran futuro con i sui cinquanta e passa anni suonati, questo chef. I suoi obiettivi ce li ha già chiari. Chi vivrà vedrà.
I piatti
Prima entree: Papaccelle tricolore padellate con capperi di Pantelleria e grissino all'olio. Al centro l'aglio che tutti sognano: che non sappia molto d'aglio e digeribile. Una lavorazione tunisina della quale Alba mantiene il complicato segreto.
Seconda entree: Pomodoro non pomodoro su ricotta salata, con crostino di pane e olio extra vergine. La merenda del contadino contemporaneo, potremmo dire. Con un pomodoro ricostruito del tutto: frullato e riaddensato con l'uso dell'alga Agar Agar. Ottimo.
Zuppetta: Crema di Fagioli a Formella, fichi secchi, talli di zucchine, pomodori Pachino disidratati e riduzione di melagrana.
Molto riuscita sia al gusto, con la rincorsa di dolce e salato. L'idea è l'incontro tra due stagioni: l'estate e l'autunno. Il piatto è una natura morta, vivissima al palato, di gran effetto.
Primo: Tortelli ripieni di Baccalà mantecato, su crema di broccoli e alici. Splendido alla vista. Sfoglia tirata con 14 rossi d'uovo e un chilo di farina. Delicato il ripieno. Ma il piatto è di carattere. Interessante lo sviluppo delle consistenze con il finale croccantino della parte più dura del torsolo del broccolo.
Secondo: Insalatina di mare su alga wakame. Niente sale, solo il sapore dei totani, del polpo e del gambero rosso. Un assoluto senza mediazioni né paracaduti. Buono.
Secondo: L'agnello pralinato con Pistacchi di Bronte, su crema di Mandorla pizzuta d'Avola e riduzione di uva fragolina. Un piatto scenografico cui lo chef attribuisce un significato forse sacrificale. Il migliore di tutti quelli assaggiati. Di grande complessità e perfettamente eseguito. La carne si scioglie in bocca e la sfoglia croccante, soffiata, di cioccolato nero all'85% esalta il finale ammandorlato. Sorprendente la sua chiusura.
Il dolce: Alba non ama mangiare i dolci, ma da buon siciliano, mano alla ricetta del bisnonno, realizza con lo strutto una cialda perfetta per questo cannolo- cassata con tre canditi a corredo. Splendida la lavorazione della ricotta con i pezzi di cioccolata. Il piccolo babà è un omaggio alla tradizione più squisita. La bagna con il rum nicaraguense è forse la cosa che meno ci ha convinti, ma è di qualità.
Piccola pasticceria finale: Cotognata, olivetta fatta di Pistacchi di Bronte e Fichi secchi in sfoglia con cannella.
Menù degustazione secondo il genio dello chef: 55 euro. Primi fino a 15. Secondi fino a 18. Dolci mediamente 8.
I vini
Una piccola carta, con ricarichi bassissimi, si attesta, ad oggi, sul centinaio di etichette. Sono affidate alle cure di una sommelier esperta come Lucia Peraino.
In egual misura figurano Campania e Sicilia. Poi tutto il resto.
Davvero competitivi e di qualità i vini che assaggiamo: un Grillo dal prezzo piccolo piccolo con un formidabile corredo olfattivo minerale e erbaceo di Di Giovanna, azienda biologica che coltiva le sue terre tra Sambuca di Sicilia (AG) e Contessa Entellina (PA).
Ben assestato il benvenuto affidato al Murgo, spumante Metodo classico da uve Nerello Mascalese vinificate in bianco e raccolte sulle pendici dell'Etna.
La sorpresa della serata è Il Puro, black. Senza solfiti, o almeno senza quelli aggiunti. Qui i giovani produttori di Villa Lupara (Salerno), con successo, si sono divertiti a giocare con l'Aglianico imprigionandone tutta l'energia necessaria a confrontarsi con un 70% di Merlot. Il risultato è convincente: grande eleganza, equilibrio e sorbevolezza.
Ci ha fatto piacere riassaggiare il Moscato di Baselice di Masseria Frattasi, ma invero più adatto con il dolce proposto, Khamma, il passito da uve Moscato vendemmia 2006, di Salvatore Murana, produttore di Pantelleria. Un gran prodotto artigianale, di grande personalità.
Cantina San Teodoro
Vico Satriano, 12
80121 Napoli
Tel. 081 18990558
Foto di Campania che vai Monica Piscitelli