Lee Young Woo, il pizzaiolo coreano al Pizza Village
di Giustino Catalano
Ne aveva già parlato su questo sito nel maggio scorso Luca Fontana su questo sito () vistando la sua pizzeria a Seoul in Corea del Sud.
Qui Lee Young Woo, noto in arte con il nome di Giulio, ha aperto una pizzeria che ha chiamato Spacca Napoli a Seoul.
Il suo grande amore per l’Italia e Napoli in particolare lo hanno portato a soggiornare molti anni nel nostro paese dove ha imparato l’arte della pizza napoletana.
Indubbiamente è da qualche anno che non ci fa specie più di tanto quando sentiamo che al prestigioso Trofeo Caputo vince un orientale. I puristi storcono il naso ma va detto, ad onor del vero, che ho sempre sentito gran belle parole dai pizzaioli napoletani sui loro colleghi asiatici.
Fino a poco tempo fa la palma indiscussa era dei giapponesi, partiti molto prima in questa corsa alla conoscenza della pizza napoletana, poi da qualche anno hanno cominciato ad affacciarsi anche i pizzaioli coreani, anch’essi a detta di chi vi ha lavorato insieme o gli ha fatto formazione parimenti bravi e disciplinati come i colleghi nipponici.
Mai mi era capitato di poter assaggiare, però, una pizza fatta da uno di loro. L’occasione si è presentata ieri nell’ambito della mia partecipazione in qualità di giurato al Trofeo Caputo.
Dopo vari campani, tutti bravi, è stata la volta di “Giulio” ossia Lee Yung Wu. Categoria pizza tradizionale, nella specie una margherita.
Senza volermi fare maestro ma solo fondandomi sulle conoscenze acquisite in “qualche anno” con “qualche quintale” di pizze mangiate devo dire che il simpatico Giulio mi ha colpito sin da subito.
Pizza perfettamente rotonda con un buon cornicione non eccessivamente pronunciato, bella puntinatura (makò) ben diffusa a dimostrazione di una buona lievitazione ultimata, cotta a dovere e con una sofficità ed elasticità del tutto con la pressione del cornicione che ritornava in posizione originaria immediatamente.
La farcitura equilibrata e perfettamente distribuita, sempre in maniera casuale ma tale da consentire ad ogni boccone l’assaggio congiunto di tutti gli ingredienti, era sormontata da foglie di basilico quasi perfette, senza alcuna traccia di ossidazione o annerimento come talvolta capita.
Al taglio l’alveolatura preannunziata del cornicione proseguiva lungo tutta la basee della pizza con una fitta e minuta alveolatura. Il boccone era di un equilibrio e suadenza unico. Davvero da fare eccellente concorrenza ai nostri migliori pizzaioli. Altissima la scioglievolezza dell’impasto che quasi non richiedeva la masticazione. Un capolavoro per dirla tutta.
Il giudizio della batteria di giurati è stato unanime verso voti elevatissimi. Ineccepibile il punteggio avuto.
Qualcuno potrà dire che il fatto che un asiatico batta un napoletano in casa sua è un dato preoccupante per la nostra tradizione ma io personalmente sono dell’avviso che, invece, tali risultati sono altamente positivi perché contribuiscono ad esportare all’estero un modello di pizza fedele all’originale e non fanno altro che promuovere il nome pizza napoletana in luoghi dove fino a poco tempo fa si facevano focacce condite o peggio ancora biscotti farciti. Forza Giulio, anzi Lee Yung Woo!
Un commento
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Non meraviglia affatto che un coreano o chi per esso faccia una buona pizza napoletana.Evidendemenre Giulio come si fa chiamare.ha amato lo spirito,le tradizioni ha conosciuto e apprezzato i prodotti della nostra regione,si è immedesimato nel sentir napoletano.Ecco perchè chiunque,a queste condizioni può fare un’ottima pizza napoletana,forse l’unica eccezione è rappresentata da un leghista ma se c’è,si faccia avanti.