Pasquale D’Acunzi: ricomincio dal San Marzano
Parla il nuovo presidente del Consorzio di Tutela
di Nunzia Gargano
«Bisogna ripartire dal pomodoro San Marzano». A pronunciare queste parole, è Pasquale D’Acunzi, da fine aprile, nuovo presidente del Consorzio per la tutela del San Marzano Dop, la cui sede è a Sarno nella Villa Del Balzo, attualmente in ristrutturazione. D’Acunzi ha ricoperto lo stesso incarico nel 1999. La storia di questa istituzione incomincia nel 1996 con il riconoscimento Dop per il prezioso ortaggio; tre anni dopo, si costituisce il consorzio, che ottiene il riconoscimento definitivo nel 2003. Negli ultimi nove anni, invece, D’Acunzi si era allontanato dall’impegno attivo per aver scelto l’impegno politico diretto. È proprio lui a spiegarlo: «La carica di presidente del consorzio dura tre anni e a ogni mandato si alternano un industriale e un agricoltore. È un modo per garantire rappresentanza a entrambe le categorie. In verità, se per la presidenza fosse stata scelta qualche altra persona, sarei stato ugualmente contento, ma in questo periodo non ero in nessuna struttura associativa e, siccome il primo amore non si scorda mai, eccomi qui».
Infatti, la scintilla è scoccata qualche decennio fa, quando Pasquale aveva solo 11 anni e in estate già gironzolava per la fabbrica di via Porta Romana: l’industria conserviera “Fratelli D’Acunzi”, nota per il marchio storico La Carmela e quello più nuovo Orto d’oro.
È affascinante ascoltarlo quando racconta dei traguardi della sua azienda e di quelli per il riconoscimento del pomodoro tipico dell’Agro. Dopo il conseguimento della laurea in Giurisprudenza e l’avvio della carriere forense, a causa di un importante problema di salute del papà, essendo il primogenito, assunse la guida dell’azienda aiutato dal fratello Giovanni, biologo e dalla sorella Raffaella, laureata in Economia e Commercio. C’è anche un quarto fratello, il piccolo di casa, Gennaro, famoso neurochirurgo.
D’Acunzi non ha dubbi: «Il San Marzano è uno dei pochi esempi che vanta un legame imprescindibile con il territorio. Il pomodoro è andato in crisi, negli anni, ci sono tante industrie, ma la vocazione agroalimentare di questo territorio è massiccia perché c’è una storia, una tradizione, un origine. Ci sono persone che sono cresciute con questi valori. L’impegno nel consorzio è un ritorno alle mie origini perché sono nato con questa storia. Anche la mia azienda. Ricordo che papà si occupava della produzione agricola del San Marzano. Il rilancio continuo di questo ortaggio porterà vantaggi diretti, ma anche indiretti e indotti per le aziende che non lavorano il San Marzano. Il pomodoro è anche un’attrattiva turistica. Da esso si creano altri indotti. È la dimostrazione che l’economia dei territori è legata alla storia degli stessi e alle tradizioni. Oggi, il pomodoro, si lavora anche in Puglia, ma le fabbriche di scatolame, meccaniche, sono in questa zona. L’Agro offre il know-how. È questo il suo vantaggio».
La coltura del pomodoro San Marzano è stata recuperata qualche anno fa grazie all’impegno di pochi agricoltori che vanno ripagati dei sacrifici intrapresi.
«Il pomodoro San Marzano è pagato agli agricoltori 0,47 € al kg. Qualche anno fa, dicevo sempre: sarò contento quando gli industriali pagheranno il pomodoro 1000 euro al chilo. Un prezzo giusto per un prodotto di alta qualità. Secondo me, è normale pagare 1,00 € per un kg di San Marzano perché con questa cifra mangiano in maniera corretta e salutare tre persone, evitando di buttare il 40% dei prodotti alimentari in rifiuti».
Nonostante l’impegno del Consorzio, degli imprenditori e degli agricoltori, c’è ancora qualcuno che sostiene che il San Marzano non esiste più.
«Il pomodoro San Marzano dà visibilità a tutto il territorio e dobbiamo fare in modo che si contamini di più con esso. Deve essere venduto e consumato nell’Agro, prima di esportarlo. Il successo dell’export è più grande, se hai un territorio dove il prodotto si consuma e così diventa un veicolo promozionale, un’attrazione turistica di grande portata con un richiamo archeologico e religioso sia a livello nazionale che locale».
Quali progetti?
«Vorrei una sede attrezzata per una serie di iniziative ed eventi da realizzare grazie alla presenza del San Marzano – spiega – da svolgere in sinergia con le amministrazioni locali per delineare un programma di attrazione di altro tipo. Ben vengano gli uffici, ma i protagonisti della filiera devono avere un punto d’incontro da un punto di vista agronomico e tecnico-industriale. Sarebbe opportuno costituire un museo del pomodoro per mantenere sempre viva la memoria della nostra zona, un punto di svincolo di informazioni, un luogo in cui chi fa cultura, chi vuole lanciare una nuova idea, trovi il proprio ambiente per concorrere alla costituzione di un patrimonio di idee. La nostra sede gode anche di un giardino bellissimo all’interno del quale si potrebbero organizzare manifestazioni per continuare a promuovere il San Marzano o favorire iniziative come quella, nata qualche tempo fa, su iniziativa di pochi che si raccoglievano sotto la denominazione “I devoti del San Marzano”».
4 Commenti
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Fa piacere sapere che qualcuno si sta rendendo conto che occorra tornare al San Marzano. Le notizie che giungono dalla campagna del pomodoro da industria di quest’anno sono del resto disastrose. Al Sud, intanto, non è stato firmato l’accordo collettivo sul prezzo, è la prima volta che accade dopo molti anni. Inoltre, il prodotto “lungo da industria”, ormai coltivato largamente in Puglia e Basilicata, è stato aggredito da un nuovo parassita, e la produzione di quest’anno appare gravemente compromessa nei quantitativi. Le aree irrigue di Puglia e Basilicata sono climaticamente mutate negli ultimi anni, divenute più vulnerabili per la coltivazione del pomodoro. In Campania il clima resta più dolce, le avversità sono di più facile individuazione, il San Marzano è ormai “carta conosciuta” e dopo la batosta della virosi degli anni ’80 può riprendersi e dare nuova linfa sia all’orticoltura che all’industria conserviera, grazie anche al lavoro fatto all’epoca dalla Cirio sulla selezione del seme. Ad un patto però: che quel prezzo di 47 eurocents sia veramente pagato al produttore all’origine. Ismea su San Marzano a Salerno, due settimane fa, dava come prezzo medio corrisposto all’agricoltore 35 eurocents.
A proposito che fine ha fatto questa associazione di cui non ho notizie da troppo tempo?Devo forse arguire che non c’è più religione neppure nella gastronomia perche’ se non ricordo male il Gran Capo spesso amava ripetere che San Marzano era l’unico santo che meritasse la sua devozione?
E SI RICOMINCIA DAL SAN MARZANO!!!!!!
MA VOGLIO SOTTOLINEARE E NON PER PRESUNZIONE CE CHI COME NOI DELLA DANICOOP NON ABBIAMO MAI SMESSO E MAI RICOMONCIATO!!
DA OLTRE 100 ANNI A GUARDIA DEL POMODORO SAN MARZANO..
MA VA BENE ANCHE RICOMONCIARE…MA FATELO PER BENE ELIMINANDO TUTTO IL MARCIO!!!!
CMQ COPLIMENTI PER L’ARTICO BEN FATTO
E COMPLIMENTI ANCHE AL NUOVO PRESIDENTE D’ACUNZI
CONTIAMO MOLTO SU DI VOI !!!!
AVANTI TUTTA CON IL VERO POMODORO SAN MARZANO DELL’AGRO SARNESE NOCERINO