I vini Masùt da Rive da Trussardi alla Scala
di Marina Alaimo
Fabrizio Gallo definisce la sua una famiglia contadina ed in effetti, anche se le cose nel tempo sono molto cambiate, suo padre e suo nonno erano contadini autentici della Valle Isonzo. La famiglia Gallo è alla quarta generazione di produttori a Mariano del Friuli, nella doc Isonzo, in una fascia di terra molto articolata e complessa nella pianura goriziana a ridosso del Collio, sia per la presenza del fiume che per la vicinanza al mare Adriatico. Il terreno infatti cambia di continuo e sono quindi molteplici le varianti che influiscono sull’espressività del vino.
Il suolo tra i filari ha toni rossi per l’alta presenza di ferro miscelato a calcare, in altri tratti è medio argilloso e sempre caratterizzato da uno strato profondo di scheletro che aiuta molto a drenare via l’acqua in eccesso. L’azienda di famiglia in origine era una tipica unità agricola isontina con stalla, vigneto e altre colture necessarie a sostentare il nucleo familiare. Questa esperienza strettamente contadina costituisce oggi un valore aggiunto importante innanzitutto per la conoscenza del territorio, altresì per l’acquisizione di una mentalità concreta, con i piedi ben saldi a terra. Anche il forte senso della famiglia rappresenta una virtù ereditata dai nonni, allora indispensabile per la sopravvivenza della stessa, importantissima oggi per condurre al meglio l’azienda. E’ Silvano, il padre di Fabrizio, a portare i grandi cambiamenti che puntano decisamente alla produzione vinicola, eleminando il resto e progettando vini di alta qualità. Nel 1995 la cantina cambia nome da Silvano Gallo a vini Masùt da Rive, in friulano “Tommasino sulla riva, sulla salita da percorrere per arrivare dai Gallo, e Tommaso era uno dei nonni. E’ proprio in quel momento che Fabrizio prende le redini dell’azienda ed è lui a raccontarne la storia al ristorante Trussardi alla Scala durante una degustazione dedicata alla stampa del settore. Il 70% della produzione è a bacca bianca e viene presentata in questa occasione l’annata 2005 del Sauvignon, totalmente distante dalle aspettative verso questa varietà che vanno verso i toni erbacei, ha tonalità mature di albicocca sostenute dai sentori tostati della nocciola, di incenso e gesso. Sottile al palato, più sapido che fresco. Lo chef Roberto Conti ha abbinato al Sauvignon 2005 la sua idea di impepata di cozze, delicata, appena piccante su gelatina di limone.
Il vino del cuore per Silvano è il pinot nero, è una grande passione ed una continua sfida alla ricerca delle giuste tecniche per dargli la possibilità di esprimersi al meglio. In degustazione ci sono i millesimi di Pinot Nero 2005, 2009 ed il cru Maurus 2012.
Al tavolo per lo più è stata dichiarata una preferenza per il cru 2012 che riesce meglio nell’interpretazione dell’eleganza che caratterizza questa tipologia di vini, e lo fa in tutti i suoi aspetti. Al naso è delicatamente pepato, fruttato nei toni del sottobosco e torna anche qui il tocco di cenere. Il sorso è elegante, tannico nel giusto intento di dare movimento e dinamicità, fresco e salino. Le altre due annate sanno comunque suscitare interesse e personalmente ho ritrovato l’eleganza ricercata, con qualche eccesso dei toni caldi dovuti all’alcol.