Il Rudere interprete della Terra Madre Flegrea
di Gemma Russo
Ho davanti un nido di spaghetti con pomodorini gialli e Alici del Golfo di Pozzuoli. Li avvolgo con un leggero movimento di polso. Il profumo è dolcemente salino. Non resta nel piatto. Viene fuori, si annuncia. Il boccone è struggente al gusto, come il suono delle corde di violino. Fa un giro ampio. Volteggia per le strade della Pozzuoli vicereale. Serpeggia tra le colonne del Macellum. Arriva al porto. Si imbarca su una “ciaciola”. Va per mare. Percepisce il guizzo delle alici. Riconosce la fatica degli uomini. Poi, ritorna a tavola. Sono solo al primo, c’è una cena da finire…veramente, no! Da iniziare!
Nell’undicesima tappa del “viaggio” con la Condotta Slow Food Campi Flegrei, ad interpretare la Terra Madre è stato il Rudere. L’accoglienza di Gennaro in sala, mette i “viaggiatori slow” a proprio agio, mentre suo figlio Vincenzo è intento in cucina. L’Opus reticulatum in bella vista racconta la sovrapposizione temporale di una Pozzuoli antropologicamente quasi scomparsa per l’intensificarsi del fenomeno bradisismico, tra ’70 e ‘80. La tartare di gamberi freschi del golfo e Melannurca flegrea prepara il terreno all’insalata di polpo e sconcigli, con ravanelli, sedano e finocchi. Il sapore del mare persiste sulla lingua e diviene sostrato per il terzo degli antipasti: Cozze lesse, sfumate al pepe nero, su vellutata di Cicerchia flegrea. Una zuppa rivisitata, senza pasta, saporita, vellutata, la cui consistenza si raccoglie con il pane.
Dorato è nel bicchiere la Catalanesca di Cantine Colle Spadaro, i cui vigneti sono dislocati a Pianura, al limite del territorio flegreo. Maria Vivenzio racconta delle poche bottiglie, ricavate da vigneti con più di trent’anni, la cui produzione è caparbiamente stata voluta da lei e dal padre Luca. Un vitigno che spesso si trova nell’entroterra dei Campi Flegrei. Accompagna l’antipasto e lo si sorseggia nella pausa tra questo e il primo.
Ecco! Così, il mio racconto si è rimesso al passo, ritrovandosi lì dove ha iniziato, dal primo piatto, connubio perfetto tra due terre, quella vesuviana, per il pomodoro, e quella flegrea, per le Alici. Ѐ sapido per il pesce azzurro, ma bilanciato dal dolce del pomodorino giallo, accompagnato dalla Falanghina di Cantine Colle Spadaro. Sul trancio di Palamita, in salsa di pomodorino Cannellino flegreo, i “viaggiatori Slow”, sorseggiano il Piedirosso, ritrovandolo anche nella mousse che accompagna lo strudel di Melannurca.
In sette mesi, undici cucine, altrettanti ristoratori. Tanto impegno da parte di questi. Piatti che hanno condotto, quanti si sono aggiunti, in un “viaggio” attraverso una Terra non semplice, ma splendida, confrontandosi con produttori, allevatori, cantine, pescatori e cozzecari “resilienti”. Alleanza, questa la parola chiave! Da attuare tra diversi attori, facendo nascere in questi la voglia di mettersi in rete, in modo da creare non solo economia sul territorio, ma anche identità. Costanza nel portare avanti gli obiettivi posti, e onestà nel mettersi da parte se ci si dovesse accorgere d’aver perso di vista le finalità.
L’incipit c’è! Adesso siamo pronti ad intraprendere un nuovo viaggio!
Foto di Valerio Marco Maione
Regia di Costantino Sgamato