Franciacorta Festival a Napoli, Maurizio Zanella sul Mattino: assoluta solidarietà ai pizzaioli colpiti da Report


Maurizio Zanella

Sempre più solido il legame tra il Franciacorta e la gastronomia del Sud.  Ci crede il Consorzio presieduto da Maurizio Zanella, mitico fondatore e patròn di Ca del Bosco, che dopo dieci anni torna domani a Napoli con il Festival del Franciacorta nello spettacolare Castel dell’Ovo a partire dalle 18.

Come mai questa scelta, presidente Zanella?
«Il mercato della Campania è in crescita ed è sempre più interessante. Il Franciacorta è primo assoluto rispetto ai suoi competitor nei consumi quotidiani in Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia. Vogliamo farci conoscere anche fuori e Napoli è da questo punto di vista strategica».

Non vi spaventa investire dopo la trasmissione di Report?
«Esprimo la mia piena solidarietà assoluta e totale ai pizzaioli di Napoli. Noi del vino ci siamo già passati e conosciamo il metodo. Il mio consiglio è stare alla larga da un certo giornalismo che parte da tesi precostituite. Siamo appena all’inizio, abbiamo mille idee e mille progetti: la pizza napoletana è un grande veicolo del made in Italy di qualità nel mondo e il nostro Franciacorta ci si abbina alla grande».

In mezzo secolo avete costruito una realtà di tutto rispetto. Da dove siete partiti?
«Beh sappiamo cosa era il vino negli anni ’60, un alimento. La zona vicino al lago d’Iseo era sicuramente vocata ma poverissima, la gente andava a Milano per lavorare come operaio o edile e al ritorno faceva vino per autoconsumo».

Poi…
«All’azienda storica che aveva già lavorato bene se ne sono affiancate altre e sin dagli anni ’80 abbiamo iniziato a farci conoscere in giro»

Quali sono i segreti di questo successo?
«Diciamo in primo luogo una buona viticultura perché non si possono fare grandi vini senza ottima uva. E questa verità non è una favoletta, ma la realtà come dimostrano tutte le grandi zone vitivinicole. Il secondo aspetto è il disciplinare».

Un disciplinare severo, severissimo.
«Sì, pensi che lo abbiamo modificato ben nove volte, di cui cinque da quando esiste il Consorzio e abbiamo sempre alzato l’asticella, allungando i tempi di lavorazione, abbassando le rese per ettaro, vietando di fare vino da una vigna per Franciacorta prima di cinque anni».

Ci vogliono spalle larghe per investire oggi e iniziare a raccogliere, se tutto va bene, tra otto, dieci anni.
«Non c’è altro strada nell’economia globalizzata. Se abbiamo l’ambizione di competere con la tradizione francese che ha quasi 300 anni dobbiamo essere severi e rigidi, presentare un prodotto difficile da realizzare e di qualità come solo noi italiani sappiamo fare, e lo abbiamo dimostrato».

Qual è la situazione di mercato?
«Direi abbastanza buona, riusciamo a spuntare prezzi impensabili, decisamente superiori a quelli dei nostri competitor e sempre più spesso agli stessi francesi».

Ricordo le discussioni infinite sul nome da dare allo spumante italiano dopo la sconfitta in sede europea su metodo champenois…
«Beh, qui un po’ la fortuna ci ha aiutato: Franciacorta suona bene e al tempo stesso è evocativo».

Sul mercato italiano state investendo molto, anche perché avete un Consorzio che funziona e che si autofinanzia bene. E su quello mondiale?
«Qui siamo un po’ indietro rispetto alle altre zone di eccellenza. Nediamente da Bordeaux alle Langhe l’export supera il 50%, noi siamo ancora all’11-12%. Però è anche vero che abbiamo iniziato da poco a lavorarci, appena cinque anni».

Lavorare in Italia aiuta?
«Sicuramente sì a livello di immagine. I problemi non sono ancora così grandi da impedire storie di successo. Però se il governo procedesse ad una totale sburocratizzazione del comparto agricolo sarebbe tutto più facile».

4 Commenti

  1. A fine mese saremo in Franciacorta per uno stage di 3 giorni , avremo modo così di studiare ed in particolare poter assaggiare varie tipologie del Franciacorta , a stretto contatto con i vari produttori della zona.

  2. Sinceramente, la denominazione Franciacorta non mi piace , ne suona bene e ne é evocatico e il motivo é proprio francese…

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