Biodiversità: La Cicerchia dei Campi Flegrei
di Gemma Russo
Nasce tra i filari di falanghina e piedirosso, vitigni autoctoni, a piedefranco.
Sui crinali vulcanici, sembra erba spontanea, infestante, in realtà il seme è messo apposta a dimora nella terra, tra gennaio e febbraio, dalle sapienti mani del contadino che ne è custode da generazioni.
Si tratta della Cicerchia dei Campi Flegrei, legume tipico di questa terra vulcanica che si estende a nord di Napoli.
Ha forma tondeggiante, dai bordi irregolari, schiacciati, spigolosi e dalle diverse sfumature di colore, dal grigio al marrone chiaro.
Al gusto, la polpa è granulosa, decisa lascia in bocca un’immagine sensoriale della terra vulcanica da cui proviene. Ha caratteristiche nutrizionali interessanti, sia per l’elevato contenuto di proteine e amido, che per la scarsità di grassi. Buona la presenza di vitamine B1, B2 e PP, calcio, fosforo e fibre.
La continuano a produrre a Bacoli, uno dei comuni flegrei. A farlo, è una piccola azienda agricola, La Sibilla, che l’ha preservata da una certa estinzione.
Conosciuta e apprezzata già dagli antichi romani con il nome di Cicercula, è stato sostegno fondamentale delle famiglie contadine flegree sino agli anni ‘60. Poi, con l’abbandono delle campagne, la coltura stava scomparendo, ricordo di un periodo di fame e di stenti.
Un piccolo gruppo di contadini bacolesi, tra cui la famiglia Di Meo, ha continuato a produrla per uso familiare, custodendo i semi e gli antichi sistemi di coltivazione.
Ѐ sotto l’occhio attento della locale condotta Slow Food, attraverso una Comunità del Cibo, quella della Cicerchia dei Campi Flegrei, il cui intento è mettere in rete tutti gli attori, direttamente o indirettamente, legati al legume, garantendone non solo la produzione ma anche la diffusione delle tradizioni.
L’aspetto è rustico, con foglie allungate. Cresce in condizioni difficili. La mancanza d’acqua la caratterizza nel sapore.
In questo periodo dell’anno, i fiori si saranno trasformati in baccelli, il cui frutto potrà essere anche consumato fresco.
Altrimenti, a fine luglio, il cespuglio verrà estirpato, essiccato e “battuto” con il vivillo, antico strumento dei contadini flegrei. Il materiale di risulta sarà conservato in covoni, per essere utilizzato come foraggio nel periodo invernale, secondo l’antico principio contadino “tutto è prezioso e utilizzabile”.
Battendolo, si separeranno i semi, ottimi per preparare in inverno zuppe, ma non solo.
Quelli considerati “migliori” dal sapiente occhio del contadino verranno custoditi, per essere seminati l’anno successivo.
“Si fa così da generazioni, di generazione in generazione”, spiega Salvatore Di Meo, giovane contadino-custode, “I semi sono arrivati alla mia famiglia grazie ai nonni che ne sono stati custodi. Ѐ un legume antico, un misto tra un cecio e un pisello, gustoso per la sua delicatezza. Unico neo è la bassa res, in una coltura dove tutto è fatto manualmente. Quella flegrea è piccolina, dai bordi irregolari e sapore erbaceo. Sembra un sassolino. Si degusta in vari modi. Noi la prepariamo seguendo la ricetta di nonna Maria. Facciamo una zuppa e l’accompagniamo con crostini”.
Ѐ nella cucina di Salvatore che riproduciamo la zuppa.
Ingredienti per 4 persone:
400 gr. Cicerchia dei Campi Flegrei
Guanciale di Maiale
Sedano
3 Carote
1 Cipolla
Aglio
Peperoncino
La sera precedente alla preparazione, verifichiamo le cicerchie separandole dai sassolini con cui si confondono e le mettiamo a bagno in acqua tiepida. Nonna Maria usava aggiungere all’acqua la “pupatella”, un sacchettino di stoffa contenente cenere, che aiutava ad ammorbidirle.
Il giorno della preparazione, passiamo le cicerchie in un altro contenitore, facendo sempre attenzione ai sassolini. Le bolliamo in abbondante acqua sino a quando sono ben cotte. Non devono essere spappolate. Il tempo di cottura varia a secondo della stagione di produzione, del contenitore e dell’ammollo.
Da parte, in una generosa padella, soffriggiamo del guanciale, sedano, carote, cipolle, l’aglio e peperoncino, con un filo di olio d’oliva. Fatto il soffritto, aggiungiamo le cicerchie e qualche pomodorino. Lasciamo cuocere per un’ora, rigirando di tanto in tanto. Nel frattempo, prepariamo dei crostini, tostando il pane casereccio raffermo.
La zuppa è pronta. Ci accomodiamo nella sala in cui i vini di Cantine La Sibilla possono essere gustati in abbinamento con i piatti della tradizione flegrea, rivisitati con un pizzico d’innovazione, utilizzando i prodotti dell’orto di stagione.
L’assaggiamo sorseggiando piedirosso. Piacevolmente, ci ritroviamo nelle trame di un tempo semplice e lento, oggi perduto e in quell’attimo ritrovato, per un’esperienza sensoriale unica.