Beniamino D’Agostino dopo l’attacco al Gambero Rosso: oggi le marchette sono inutili perché non servono manco più a vendere il vino
Beniamino D’Agostino. Ex dj, ex avvocato, produttore di vino dal 1991 quando, dopo una burrascosa udienza in Tribunale, decise di non voler più mettere piede in quei “postacci” accogliendo l’invito del padre e di Severino Garofano che lo chiamarono al capezzale dell’allora agonizzante Cantina sociale di Gravina in Puglia, seguito dopo pochi anni dal fratello Alberto che a sua volta gettò alle ortiche una brillante carriera presso l’Università di Bari per lavorare in Botromagno.Ama dire pane al pane e vino al vino e all’inizio di settembre ha lanciato questo post su Facebook che ha fatto discutere molto.
Come è cambiato il ruolo delle guide da quando hai iniziato a produrre vino?
È cambiato enormemente, prima le “bibbie erano di fatto solo due Veronelli e Gambero Rosso, ed allora ottenere i Tre Bicchieri del Gambero significava avere un posto assicurato nelle carte dei vini dei ristoranti di tutta Italia, in cantina arrivavano solo visitatori con le Guide sotto il braccio e, soprattutto per i piccoli che non potevano investire in pubblicità, era il modo migliore a costo zero di diventare noti almeno nel microcosmo degli appassionati e del macrocosmo di agenti e ristoratori.
Nel tuo intervento su Facebook nel quale ti vanti di non essere in quella del Gambero Rosso attacchi a muso duro. Non è un po’ tardi per dire queste cose, nel senso che oggi si spara sulla Croce Rossa?
La tempistica va spiegata, io sono affezionato al Gambero, davvero e non lo dico per piaggeria post polemica, è stata la Guida su cui mi sono formato, il “mito” che leggevo prima anche di immaginare di diventare un produttore di vino. A questo aggiungi che la prima persona che è venuta a visitare la Cantina, con la nostra nuova gestione, fu Daniele Cernilli nel lontano 1992, comprendi il mio rapporto con questa guida più che con qualsiasi altra, poi io sono davvero un Toro (nel senso di segno zodiacale) e la mia pazienza è davvero tanta. Ci ho provato in tutti i modi ad evitare la decisione finale, fosse stato per mio fratello Alberto avremmo chiuso i rapporti già da tempo. In realtà, complice un lungo viaggio negli Stati Uniti e le notti insonni da Jet lag, quando sono uscite le anteprime dei tre bicchieri Puglia erano le tre di notte ed allora ho deciso d’impulso…BASTA! Tutte le “compressioni” degli ultimi dieci anni sono esplose. Mi fa incazzare l’immagine di una Puglia sempre uguale a se stessa, mi fanno incazzare le promozioni/retrocessioni dalla sezione principale a quella delle “altre cantine” ideata invece da Cernilli solo per dare spazio alle nuove realtà emergenti e che invece è diventata la serie B delle cantine; mi ha fatto incazzare una lettera accorata inviata a Marco Sabellico a cui non è mai stata data risposta; mi ha fatto incazzare un invito a parlare dei problemi riscontrati fattomi da Paolo Cuccia personalmente a cui poi non ha voluto/potuto/saputo dare seguito. Ma la cosa che mi fa incazzare più di tutto è l’ipocrisia, una testata storica così importante che fa una battaglia giusta e sacrosanta contro le bottiglie pesanti, non si preoccupa invece di fare distinguo tra produttori di vini di qualità che controllano tutta la filiera (così come ci insegnò Severino Garofano) e meri imbottigliatori o fenomeni dell’ultima ora che comprano tre ettari di vigna, assumono l’enologo di grido ed improvvisamente, per la critica, particolarmente la critica del Gambero, diventano immediatamente il fulgido esempio di come si fanno i grandi vini in Puglia.
Vorrei chiarire, non ce l’ho con Vespa, né con Buffon (tanto per fare due nomi) loro fanno il proprio mestiere ed in fondo fanno parlare bene della mia regione, ce l’ho con chi dovrebbe fare critica enologica ed invece si fa abbagliare come falene dalle luci del palcoscenico.
Sai meglio di me che noi produttori di vino con vigna e cantina siamo un club piuttosto esclusivo (sono ovviamente ironico ma non troppo)e per essere ammessi in questo club, ti devi sporcare (letteralmente) le mani di terra e mosto. La critica giornalistica invece, è sempre prona al famoso di turno ( e questo in se non ci farebbe incazzare, siamo italiani pure noi, comprendiamo) ci fa incazzare che il fenomeno di turno viene immediatamente indicato come il Vate, il vero interprete del territorio lasciando sottendere (se non dichiarandolo apertamente) che chi c’era prima di lui non capisse una mazza della propria terra….
Infine, questo outing era da farsi perchè, nonostante le Guide contino sempre meno, erano ancora in molti a chiederci perché non fossimo presenti sulla guida del Gambero e non volevamo passasse il messaggio che fossero stati loro ad escluderci.
Prima le guide cartacee servivano a fare mercato. Oggi non è più così. Come si vende il vino?
Il vino si vende come non mai porta a porta (piaciuta la battuta?). Io faccio l’export manager della mia piccola azienda, passo oltre 4 mesi l’anno lontano da casa, prendo decine di aerei, autobus e treni e cerco di essere innovativo nelle iniziative. Per esempio sono due anni che grazie all’affetto materno che Maria Cicorella mi dona ho portato una stella Michelin in tour in USA.
New York, Boston, Chicago, Long Island, Milwaukee cene a 4 mani, così le abbiamo battezzate con il nostro importatore USA Winebow. Uno chef americano ospita la celebre collega e ne condivide un menu a tema pugliese con in abbinamento i vini Botromagno. Abbiamo fatto registrare il sold out in entrambe le edizioni. Risultato? Le vendite nei mesi successivi all’evento sono raddoppiate. Ma ci devi essere tu, la gente vuole vedere la tua faccia, ascoltare la tua voce, farsi raccontare il territorio da te…il winemaker.
Oppure l’Inghilterra, sensibile più di ogni altra nazione in cui vendo ai problemi ambientali. La Catena Carluccio’s, oltre 90 ristoranti Italiani in UK, per due anni consecutivi ha fatto l’Apulian Festival con i nostri vini Biologici, Un successo oltre ogni aspettativa, decine di migliaia di bottiglie vendute ed una fidelizzazione straordinaria. Non solo, così nascono amicizie straordinarie
Su Internet non si sono ripetuti gli stessi meccanismi perversi che tanto sono stati criticati alle guide dei vini?
Non lo so, nella mia visione internet è molto più veloce, fagocita anche questi meccanismi con una voracità incredibile, anche le polemiche più assurde si spengono nel giro di pochi giorni se non ore.
Per esempio, e per tornare al tasto dolente, internet non perdona al Gambero una “carta dei vini” sempre uguale a se stessa. Ma lo sai che sono in crollo verticale anche i clic sulle anteprime dei tre bicchieri che era rimasto l’unico momento di vero interesse suscitato da questi dinosauri?
Su internet se non hai qualcosa di nuovo ed interessante da raccontare ogni giorno scatta l’oblio e questo consente molto meno la persistenza dei meccanismi perversi da te citati.
Certo, oggi i risultati delle guide del vino non fanno guadagnare clic. E anche quelle dei ristoranti hanno audience in declino rispetto anche a due anni fa. Cosa garantisce l’autonomia di un degustatore rispetto alle cantine?
Io penso che nulla possa garantire niente, io ho un mio metodo che non consiglio a nessuno, visti gli scarsi risultati, lo sai che io non so neppure chi sono i responsabili regionali delle varie guide? Io mando i vini, punto! Poi è chiaro che col tempo li conosci, conosco Andrea De Palma della guida Touring, conosco Gigi Brozzoni di Veronelli ma non so chi sia il referente regionale e non so neppure se c’è, ma la cosa più simpatica è che ho conosciuto Brozzoni personalmente solo dopo che fu riconosciuto il Sole al Poggio al Bosco. Conosco i referenti regionali di Slow Food ma solo perché sono loro a venire in cantina a degustare, non so chi sia il referente dell’Espresso e neppure di Bibenda ho conosciuto in passato Giampaolo Gravina, ma solo perché venne lui a trovarmi al Vinitaly, incuriosito dal fatto che producessi un vino con il suo cognome. In questo modo penso di garantire l’autonomia dei degustatori.
La crisi delle guide in Italia colpisce tutte in maniera indistinta? Qual è la tua percezione?
Io penso di si. Fino a 10 anni fa potevo fare un campionamento, ogni 10 visite in cantina 6 arrivavano con il Gambero rosso sotto il braccio 2 con Veronelli, ed uno a testa a rotazione per gli altri. Oggi il 99% arriva in cantina perché ha fatto una ricerca su Facebook sulle cose interessanti da vedere nelle vicinanze.
Scomparse le guide non restano solo le marchette su internet e la critica anglosassone che parla solo dei vini che si trovano in commercio?
L’unica critica in grado di smuovere qualcosa ancora oggi è quella americana con Parker in testa, seguito da Suckling e pochi altri. Abbiamo la fortuna di avere Monica Larner che vive e degusta in Italia Kerin O’Keefe che degusta in Svizzera, il resto è affidato alla potenza di fuoco degli esportatori che non a caso diventano sempre meno e sempre più grossi. Oltre agli eventi istituzionali (Vinitaly, Bordeaux etc etc) fioriscono ancora oggi una miriade di eventi indipendenti che, se sfruttati intelligentemente servono più di qualsiasi marchetta su internet. Per esempio, sono appena stato a Newport in Rhode Island, un posto che conoscevo di nome perché per anni è stata la sede dell’America’s Cup di vela. Abbiamo partecipato al Wine & Food festival che è l’ultimo evento della stagione estiva di quella ridente località. Sembrava di essere nella Porto Cervo americana, gente ricchissima, con una enorme curiosità verso i vini di qualità italiani, in due giorni abbiamo venduto più vino che in un anno in quella parte di Stati Uniti. Ma la cosa che mi rende più orgoglioso è che abbiamo fatto conoscere l’Aglianico ed il Nero di Troia a bevitori di Cabernet e Chardonnay. Certo è un lavoro paragonabile alla tela di Penelope, non finisce mai, se ti allontani e non presidi il mercato in tre giorni sei dimenticato, ma è il prezzo del mondo di internet, dove tutto va più veloce. What’s next dicono i millennials.
Quali sono secondo te oggi i mezzi migliori per promuovere il proprio vino?
Non ho una ricetta, conduco in modo familiare con mio fratello Alberto ed i miei collaboratori una piccola azienda da 300mila bottiglie l’anno, non ho avuto modo di conoscerli ancora personalmente ma guardo con estrema ammirazione a due modelli molto distanti tra loro ma entrambi efficacissimi, la Farnese vini di Valentino Sciotti, di cui non condivido la filosofia produttiva ammirandone le capacità commerciali, ed il modello Antinori che mi affascina in tutti i suoi aspetti.
La crisi della critica è anche etica o è solo l’incapacità di trovare uno strumento efficace di comunicazione?
Che ci sia una crisi etica nella nostra società è talmente evidente che non poteva non coinvolgere anche i comunicatori del vino ma andando in profondità penso che oltre all’etica la difficoltà di essere efficaci è dettata da tutta una serie di fattori, la velocità con cui tutto viene tritato e digerito che rende difficile individuare un modello duraturo ma anche la profonda crisi dell’editoria. Faccio un esempio, sempre tornando al Gambero, il dente che mi duole: io non so se il loro immobilismo è dovuto a pigrizia, inettitudine, superbia o semplicemente alla contrazione dei mezzi messi a disposizione delle redazioni da parte dell’editore. Mi spiego meglio, nei tempi d’oro del Gambero, pur non avendo mai io ricevuto il massimo dei voti ho visto spesso e volentieri giornalisti targati Gambero in giro per vigne e cantine al fare il loro mestiere, non passava anno senza almeno un paio di visite, di chiunque, dal giornalista, alla stagista, alla troupe del Gambero Rosso Channel agli emissari della concessionaria di pubblicità. Da un decennio, almeno per quello che mi riguarda, più nulla, ho visto Sabellico due volte perché sono andato io a Roma e non ho più ricevuto chiamate da concessionarie di pubblicità o simili. Sarò antico ma io sono abituato ancora ai giornalisti vecchio stampo, quelli che si mettono in macchina e magari fanno 300mila chilometri l’anno, prendendo multe da autovelox acquattati, per inseguire una passione. Non poteva mancare il riferimento puramente voluto a te, amico mio:-).
A scanso di equivoci per evidenziare il nostro rapporto ;-)
9 Commenti
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Articolo stupendo
Bravo! Condivido il tuo pensiero e sfogo.
Amedeo Foschini
Bravo Beniamino, ti confermi l’uomo libero e la persona perbene, prima che bravo produttore in quel di Gravina di Puglia, che sono onorato di conoscere dal lontano 1994
e bravo, dimenticavo, al giornalista vecchio stampo Luciano Pignataro per aver stimolato e raccolto lo sfogo di Beniamino
Mi fanno ovviamente piacere gli attestati di stima che mi stanno giungendo per ogni dove dopo questo sfogo. Mi dispiace solo che chi avrebbe dovuto replicare, i gamberisti, se ne fottano altamente. Così come mi spiace che il Direttore Commerciale di Bruno Vespa lo abbia preso come un attacco personale.
Ringrazio Beniamino per la sua ammirazione e mi permetto di dirgli che, non esistono capacità commerciali che fanno il successo, se non collegate a filosofie produttive altrettanto vincenti. Alla fine, chi decide il successo di un vino, è il consumatore e lui lo decreta nel momento in cui mette la mano in tasca e decide per la tua bottiglia piuttosto che per una della altre centinaia/migliaia che può trovare in qualsiasi enoteca del mondo. Se vinci con il consumatore, significa che hai creato il giusto mix per il successo e non basta solo l’essere arrivati su quello scaffale, oppure su quella lista dei vini.
In verità la percezione che scaturisce dalla lettura è che sia finita l’epoca delle bocche cucite ad oltranza per risparmiarsi forme di estorsione.Le vere forme di promozione sono quelle raccontate nel pezzo. … Il consumo dei prodotti agricoli, come il vino, obbliga il winemaker a forti sacrifici per garantirsi la sopravvivenza. Molte guide, le tante goffe sbicchierate estive, con o senza le stelle, i l turismo, le mini expo, le feste di piazza, nascondono in realtà soltanto volgari sbevazzate a costo zero, per balordi che chiedono ancora “un calice di vino nero”. La dura ricaduta, questa, innescata proprio dalla concessione che le aziende negli anni hanno offerto alle “veline” del vino, gli alfieri della valorizzazione; “bottigraffianti” senza mestiere, abili nella organizzazione di goffe crociate di colonizzazione di territori pagani….Conosco Beniamino e la sua famiglia, e trovo davvero improbabile che continuino a tenere il fuoco sotto la cenere…Mi aspetto ancora dell’altro. ..What’s next?
Valentino, non ci conosciamo personalmente, ma abbiamo molti amici in comune nel mondo del vino. Io ti ammiro perché, nella mia visione, sei uno dei pochissimi che agisce un po’ diversamente, riuscendo addirittura a prevenire se non addirittura orientare il gusto del pubblico. Sono storia della tua azienda un certo stile di Primitivo, la scelta di un certo tipo di packaging che hanno fatto scuola ed imposto uno stile.
Caro Michele, ci conosci troppo bene…non finisce qui!