Angelo Vassallo, il ritratto di Nico Piro (Tg3): Fortapasc non ha confini
di Nico Piro*
“Noi dobbiamo fare le cose che non si vedono, quelle che non portano voti subito, non perdiamo tempo dietro a piazze e spettacoli. Noi dobbiamo prima costruire le fogne e tenere il mare pulito”. Parlava così Angelo Vassallo. Era la seconda metà degli anni ’90 e per un giovane cronista arrivare a Pollica (famosa ormai nel mondo con il nome della sua frazione marina, Acciaroli) era più difficile di quanto lo sia oggi.
Non per via delle strade, che sono sempre le stesse, ma perchè il Cilento non era null’altro che un paradiso di bellezze naturali, lasciate ad uno sviluppo turistico sciatto e trascurabile, tutto costruito sull’idea delle seconde case, quelle che all’economia locale non lasciano nulla, a volte nemmeno gli stipendi di qualche muratore.
Eppure i cronisti regionali arrivavano a Pioppi per parlare con Angelo, il sindaco-pescatore, che magari ti invitava a tornare nella stagione giusta per uscire insieme a pesca di gamberi. Venivano per parlare con un sindaco che faceva “curiosità” perchè perseguiva (solitario) un’altra idea di sviluppo, perche voleva una cittadina epicentro di un turismo di qualità, con le fogne che non scaricano a mare, le spiagge pulite, il porto turistico dove i posti barca si assegnano in trasparenza e soprattutto dove l’economia non si “costruisce” a scapito dell’ambiente, tra abusivismi “di necessità” (quella di intascare) e “marescia’ che volete che sia è una verandina”; motivetti sin troppo ascoltati nella spirale voto di scambio-illegalità (piccola o grande che sia) lungo la quale il sud ormai si avvita.
E negli anni Angelo ci è riuscito, tra bandiere blù, classifiche fatte di vele o di stelle, ha trasformato Pollica-Acciaroli-Pioppi in un motore del turismo di qualità nel salernitano, quasi al livello della blasonata Costiera Amalfitana che dal cilento si vede all’orizzonte; sviluppo accompagnato dalla crescita di un’economia che non ha fatto pagare dazio all’ambiente.
La notizia dell’uccisione di Angelo Vassallo mi è arrivata stamattina al telefono e mi ha piegato in due. Non solo perchè Angelo era una bella persona, mite, sorridente, efficientista senza ricorrere ai toni alti del decisionismo tanto di moda oggi, anche quando parlava con un giovanissimo cronista di una testata locale. La notizia mi ha shockato perchè, quella che a tutti appare come un’esecuzione di camorra è avvenuta non a Scampia, non a Forcella, non cioè in un territorio segnato dalla presenza criminale, stabilmente sotto il tacco dei clan, ma invece in quel Cilento rurale e marittimo dove i fichi ancora si seccano al sole, la vita oltre ai sapori sono “slow” e dove la microcriminalità è un evento da prima pagina.
Bisogna farlo capire a chi, diversamente da me, non è salernitano e quei luoghi non li conosce, sommando insieme morti ammazzati e sud insieme come se l’addizione fosse sempre la stessa. Le indagini faranno chiarezza, ci diranno la verità, ma se fosse confermato quello che sostengono anche importanti fonti giudiziarie come tanti colleghi dei vecchi tempi con i quali ci siamo sentiti al telefono, beh il quadro sarebbe quello soffocante di un “fortapasc” globale.
“Fortapasc” come il titolo del film sul giornalista trucidato, Giancarlo Siani, l’abusivo, “o’ cacazz’ ” il giornalista-giornalista non il giornalista-impiegato, quello che voleva scrivere di camorra fino a che la camorra non l’ha zittito. Il giornalista che per Castellamare di Stabia conio’ il titolo di “fortapasc”, l’avamposto assediato da Gionta, Bardellino, Nuvoletta. La storia di Angelo Vassallo ci racconta che quel “fortpasc” non c’è più, che la camorra come una metastasi inarrestabile colonizza le cellule sane di un corpo chiamato sud, spingendolo verso un futuro incognito – nella peggiore delle ipotesi, quello di una zona franca dove non c’è possibilità di scampo per quelle realtà e per quegli uomini che voglio e creano uno modello di sviluppo diverso.
Angelo Vassallo c’era riuscito a vincere la sua scommessa, forse per questo l’hanno ammazzato come Giancarlo Siani e come tanti altri, in macchina, sotto casa. Speriamo solo che i media si ricordino al di là di domani di questa storia e di quello che ci dice su quel pezzo di Campania che fino a stamattina credevano libero dalla camorra e che ci faceva ancora sperare.
7 Commenti
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A me è chiarissima la dinamica di questi anni.
Di fronte alla crisi industriale e commerciale, con il crollo dell’agricoltura, a partire dagli anni ’80 solo la rendita edilizia garantisce immediati guadagni.
Nelle città e nei paesi si costruisce, si costruisce. Sembra non ci sia altro da fare che costruire. Torni dopo un mese e trovi uno scheletro di cemento dove prima c’era un campo. In località come Paestum, vicino i templi, interi quartieri senza alcun permesso. Come ad Agrigento
Tanto poi si condona.
Gli imprenditori pagano mazzette, i politici pigliano soldi così pagano la campagna elettorale, in un’orgia collettiva di consumo delle risorse.
Qui, ad un certo punto, in questo affari grigi, magari neanche illegali, si inserisce la camorra.
La corruzione morale riguarda tutte le forze politiche, per anni gli alfieri del cemento sono stati i partiti di sinistra, quelli di destra hanno votato i condoni.
Non esiste in Parlamento una sola forza veramente libera da questa piovra trasversale.
Quando il mercato è saturo, si cercano nuove colonie: il Cilento e la Lucania sono i prossimi bocconi.
I complici morali degli assassini di Vassallo saranno in prima fila ai suoi funerali. Come ogni copione mafioso che si rispetti.
quoto in toto e mi chiedo se non abbiano colpa anche i mass media a non fare più quel giornalismo di inchiesta che può tanto per sollecitare l’opinione pubblica.Perchè nessun gironalista fa un reportage su ditte e negozi aperti nel cilento, succursali di altri di Napoli e Caserta?o perchè nessuno parla delle decine di pregiudicati,grandi e piccoli che affollano il cilento in estate portando usi e costumi di casa loro?
[…] In memoria di Angelo Vassallo. Quando “fortapasc” non ha confini Oggi non mi occupo di Afghanistan, i lettori di questo blog “tematico” non me ne vogliano. O meglio mi occupo dell’Afghanistan di casa nostra. E’ un pezzo della mia storia professionale che ritorna, dei miei inizi da cronista, una vita fa: la vicenda di Angelo Vassallo, ucciso in quello che ai più pare un agguato di camorra nell’oasi (una volta?) felice del cilento. Ecco il mio breve “ricordo” ripreso sia da articolo 21.info che dal blog del critico enograstronomico, giornalista de il Mattino, Luciano Pignataro che alla vicenda dedica diversi approfondimenti. […]
Mi viene in mente una frase di Giovanni Falcone.
“Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere”
condivido in pieno Notaio, a poco a poco isoleranno tuuti quelli che come Vassallo, lavorano in silenzio ogni giorno nella legalità rischiando la vita, ma se non ci svegliamo è esattamente questo che succederà resteremo sempre un sapruta minoranza
Io non sapevo chi fosse ma di fronte al coraggio o forse ” incoscienza ?? ” di chi non scende
a compromessi c’e’ solo il profondo silenzio, un profondo rispetto , e magari una piccola scintilla
si accendera’ per quella terra , quel mondo , che poi e’ il NS.MONDO ed il futuro potra’ essere
meno greve , meno nero . Che tu possa riposare in pace.
Un tragico esempio di come l’Italia spreca i suoi talenti.