50 Best Restaurants: Roma non è Caput di nulla e Occupy 50 Best non ha tutti i torti
50 Best restaurants: non avremo mai la possibilità di mangiare in tutti i ristoranti citati nella classifica, ma in molti ci siamo stati e, girando e rigirando l’elenco restiamo sempre più increduli: possibile che sotto il Po non ci sia un ristorante? Possibile che non ci sia Roma?
Non possiamo credere che La Pergola dell’Hilton, Il Pagliaccio di Genovese e l’Hassler di Apreda non abbiano le relazioni, la forza e la visione internazionale per essere dentro queste scelte.
Dunque, ferma restando la nostra immensa gioia per il secondo posto di Bottura, non pensiamo che Occupy 50 Best abbia poi tutti i torti: leggete la lettera rivolta agli Sponsor.
Noi buongustai di tutti i paesi, cuochi, giornalisti enogastronomici o semplici amanti del buon cibo, Le chiediamo di smettere di sostenire questa classifica opaca, sessista e compiacente, che fa prevalere il nazionalismo culinario sulla qualità dei piatti e la fama degli chef sulla soddisfazione – e perfino la salute – dei clienti.
Qual è il punto comune tra i ristoranti Noma (Danimarca), El Bulli (Spagna) e The Fat Duck (UK) ?
Sono responsabili di centinaia d’intossicazioni alimentari, eppure ciascuno è stato eletto “Miglior ristorante del mondo” nella classifica annuale “The World’s 50 Best Restaurants“, la cui edizione 2015 sarà pubblicata il primo giugno a Londra.
Non è una coincidenza. La classifica “50 best” non si basa su nessun criterio di qualità, di etica o di salubrità. Le sue mancanze sono un segreto di Pulcinella. Giudicate voi: i membri della giuria, reclutati per cooptazione, possono votare in modo anonimo, senza dover né giustificare la loro scelta di ristorante, né dimostrare che ci abbiamo mangiato!
Il risultato? Una classifica caratterizzata dall’opacità (i paesi partner, ad esempio il Perù e Singapore, sono largamente favoriti), l’autopubblicità (alcuni chef premiati fanno anche parte della giuria), ed il maschilismo disinibito (nel 2014, c’era solo una donna tra i vincitori).
Con il pretesto di “aggiornare” le regole della gastronomia, “50 best” in realtà impone le sue proprie: dittatura del marketing, narcisismo degli chef-divi, premio all’uso di ingredienti “innovativi” – a rischio e pericolo dei clienti.
Disgustati da questi metodi, numerosi cuochi hanno deciso di boicottare il “50 best”, a rischio di perdere in notorietà. Seguiamo il loro esempio e osiamo dirlo con forza : di questa cucina non vogliamo !
Ci piacciono le classifiche serie, utili per i consumatori e anche divertenti, se i criteri sono trasparenti. Ci piacciono il buon cibo, i prodotti sani, naturali, le verdure, l’allevamento che rispetta gli animali, a diversità.
Non ci piaciono sostituti, surrogati, la chimica invadente nei nostri piatti, cioè tutto quello che è promosso da questa classifica confusa e grottesca che eccita le passioni nazionali.
SPONSORS, SMETTETE DI FINANZIARE
Tra i firmatari italiani Perbellini e Rocco Iannone, dalla Francia un tal Joel Robuchon
Naturalmente anche porre l’accento sulla salubrità dei ristorante è una fissazione tipicamente anglosassone e non può entrare in alcuna valutazione. Il ristorante per noi è piacere soprattutto e non tutto ciò che è buono deve far bene per forza.
Vabbé, fermo restando che dopo questo rimbalzo è difficile che uno sponsor smetta di sostenere questa manifestazione, i dubbi restano anche se poi alla fine quel che conta è il mercato: sinché queste classifiche fanno riempire le sale funzionano, ed è questo davvero, che alla fine conta.
4 Commenti
I commenti sono chiusi.
Capisco che ci siano opinioni diverse ma dire che i ristoranti che si sono alternati sul podio intossichino la gente mi sembra assolutamente esagerato e scorretto.
Per non dire che tracciando una mappa satellitare dei 50Best si scopre che, guardacaso, sono tutti situati esattamente in linea con le pericolosissime scie chimiche. Non devo dire altro, chi vuole capire capisca…
Perfettamente d’accordo con te, Barbara.
Questa classifica ha 1000 motivi per essere messa in discussione (dal metodo di votazione all’effettivo piacere gustativo che si può trarre dalla visita a questi ristoranti).
Non serve certo tirare in ballo questi aspetti confusi, poi si cade nel populismo ed il risultato è di perdere di credibilità, a tutto vantaggio di mantenere lo status quo nella classifica.
Si sa che tutte le classifiche di questo mondo non sono ne le più giuste , ne le migliore, e tanto meno sono la sacra bibbia. Allo stesso modo si da che Sponsor ed affini hanno il loro peso… ma chi critica dimentica una cosa è vero che la cucina è arte, passione, ecc… ma allo stesso tempo signori è anche Business , e se io chef tal dei tali grazie a queste classifiche sono visibile, ho il ristorante piene e le casse meno vuote del solito ben venga… infondo non si lavora solo per passione …