di Marco Contursi
Uno dei privilegi di scrivere, è quello di far conoscere uomini fuori dall’ordinario e le loro storie, oggi vi racconto quella di Don Emilio. Siamo a Baronissi, una cittadina della Valle dell’Irno pulita e ordinata, ci sono validi ristoranti, pasticcerie e gelaterie golose, pub interessanti, e anche altre botteghe del gusto che meritano di essere visitate.
Tra queste, una, necessita di menzione a parte, perché sta lì da ben 160 anni: la macelleria Rocco. Basta recarsi in via Nicola Farina 165, la traversa che costeggia il Comune, ed entrarci, per capire che il tempo si è fermato, anche se alcune cose, come il moderno banco frigo ci ricordano che siamo nel 2021. Cento anni fa c’era una grotta, scavata sotto il palazzo, in cui si teneva la carne al fresco. Mica esistevano i frigoriferi.
Il prezzario è degli anni 60, opportunamente aggiornato. Eppoi c’è lui, zi’ Miliuccio o chianchiere, di anni 84. Avete capito bene, 84 anni, di cui ben 70 dietro questo bancone, da quando ragazzino e ultimo di numerosi fratelli, prese in mano le redini di una macelleria che già era alla quarta generazione.
Il papà, Matteo Rocco, stava poco bene e il giovanissimo Emilio si rimboccò le maniche e mandò avanti l’attività di famiglia, prima da solo, poi con la moglie, sposata nel 1960.
Conoscerlo e scambiare con lui due chiacchiere, è oltremodo piacevole, sempre elegante, con quella sua aria da Lord Inglese dell’ 800, baffo curato e occhi cerulei. Senza dimenticare l’immancabile cravatta e la camicia che fa pendant con i suoi occhi, azzurro cielo. Odia quelle bianche. Nella sua macelleria si nota subito il lindore di banco e pareti, da sempre sanificate, ogni giorno, con alcol etilico e acqua bollente, Don Emilio ci tiene molto alla pulizia. E ancora oggi, nonostante la veneranda età, sfascia personalmente i quarti e le mezzene che arrivano nella sua macelleria. Si abbandona ai ricordi e ci racconta di quando, negli anni del benessere, si uccidevano tre vitelli a settimana e la fila per comprare la carne partiva dalla piazza, cento metri più sopra. O di quando a Pasqua e Natale, le richieste dei suoi salumi, sovrastavano di gran lunga la produzione, fatta ancora oggi con metodi naturali e solo nei mesi freddi.
La bontà delle sue soppressate e delle sue pezzentelle, è decantata ancora da molti. “Un tempo gli animali erano più grassi di adesso – prosegue il racconto – oggi tutti vogliono la carne magra. Io andavo personalmente a scegliere gli animali migliori nel beneventano e in Basilicata, li toccavo ad uno ad uno e solo quelli più grassi e in salute finivano nel mio banco”. Cambiano i tempi, cambiano i consumi, ma zi Miliuccio no, sempre uguale, dietro al suo banco, da oltre 70 anni, sorridente e disponibile a fare due chiacchiere, immune allo scorrere del tempo e al coronavirus. Un esempio raro di dedizione al lavoro e alla sua clientela, che ricambia l’affetto, passandolo a trovare, per comprare un chilo delle sue ottime salsicce o anche solo per un saluto. Conoscerlo mi ha ricordato di quando, in Puglia, conobbi, un altro baluardo dell’arte beccaia, Vito Serio, anche egli dietro al banco a lavorare ad oltre 80 anni. Altri tempi, altri uomini.
Ancora una cosa va raccontata: Emilio Rocco è chiamato il “Beniamino Gigli” di Baronissi, per la potenza della sua voce. Un dirigente della Rai negli anni settanta, lo ascoltò mentre cantava “o sole mio” e gli propose di seguirlo a Milano per intraprendere la carriera di cantante, ma Emilio aveva la macelleria e la famiglia e declinò l’invito. Un ultimo aneddoto, nel salutarlo, Don Emilio mi ha detto” sei un bravo ragazzo, devi campare cent’anni”, io ho risposto “pure Voi, Don Emì”, e lui di rimando “ Io qualcuno in più, vedi che a 100 ci sono quasi e ho ancora tante cose da fare”. Altri 1000 Don Emì.
p.s. ringrazio per la collaborazione alla stesura dell’articolo, Emilio Gaeta, nipote di Don Emilio.
Macelleria Rocco
Via Nicola farina 165 Baronissi (SA)
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