di Sara Marte
Petit verdot e non siamo in Francia. Splendida e difficile uva a bacca nera con maturazione tardiva ha trovato in paesi caldi come la California, una nuova collocazione. Noi però non siamo nemmeno nell’assolato Golden State. Yatir è la foresta situata a sud delle Judean Hills, una dei territori vinicoli più vocati in Israele. Tra le carrube, i pini e i pistacchi ci sono le vigne di quella che è la “foresta vitata” più grande d’Israele. Yatir è anche il nome di quest’azienda, piccola e ricercata, tant’è che viene catalogata come boutique winery. Precisamente la cantina, seppur totalmente indipendente, nasce sotto la spinta di una delle più grandi aziende israeliane quali Carmel e sta crescendo lentamente e con intelligenza. I numeri non sono un obiettivo ma la scelta accurata dei vigneti, il lavoro meticoloso dell’enologo Eran Goldwasser, formatosi per lunghi anni in Australia e vini esclusivamente kosher, quindi adatti anche per i riti religiosi (es.kiddush) le stanno dando grande slancio e numerosi apprezzamenti internazionali.
Daniel Rogov, il più illustre conoscitore dei vini Israeliani e la voce ritenuta più autorevole in materia, scomparso poco più di un anno fa, riteneva la Yatir Winery, la terza migliore azienda di Israele, preceduta solo da Margalit e Golan Heights. Prevedeva però che avrebbe presto scalato il podio.
Così, qui a pochi passi dal famosissimo sito archeologico di Tel Arad, dove sorge dal 2000 la cantina, scegliamo la linea alta e preferiamo lo splendido Petit Verdot, annata 2008 in cui si affaccia una piccola percentuale di Cabernet Franc (15%). Sull’etichetta è raffigurato il Leone di Giuda, una delle dodici tribù di Israele storicamente tra le più potenti, che prende il nome del quarto figlio di Giacobbe, Giuda (Judah) appunto.
Il vino è fitto, dal colore quasi impenetrabile, rosso granata vivo. Ha naso denso e caldo, ricco di frutti neri come le more e la ciliegia. La speziatura è sottile ed elegante. I toni di legnetto di liquirizia, bastoncino di cannella, cioccolato amaro sono un vero piacere. La bocca ha un grandissimo equilibrio in cui i tannini sottili e fini, assieme ad una spiccata freschezza e buona sapidità, si fondono con classe ad una morbidezza che lo lascia muovere vellutato e gustoso. Ancora note balsamiche e l’eucalipto, olive nere, completano naso e palato. Un vinone di mestiere che termina lunghissimo con una verve fitta e trama raffinata. Ho solo questa bottiglia. Mi sembra una delle migliori scuse che son riuscita a trovare per tornare in Terra Santa.
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