Adoro la pasta secca, questo non è un segreto. Adoro anche chi con la pasta decide di mettersi in gioco. La nostra identità, la nostra storia, insomma noi italiani, con i nostri pregi e i nostri difetti. Lo sdoganamento della pasta nella ristorazione d’autore italiana è avvenuta attraverso due gentiluomi, prima che grandi cuochi, Aimo Moroni e Alfonso Iaccarino. Aimo da toscano trasferito a Milano rivoluzionava il concetto di cucina d’autore con il suo “spaghetto a cipollotto fresco” lasciando un segno indelebile. Alfonso osava ancora di più, con il suo meraviglioso “Vesuvio di rigatoni” sfatava addirittura due tabù insieme, quelli di servire in un grande ristorante la pasta secca con il pomodoro.
Dopo questa dovuta premessa, faccio outing, ma nemmeno tanto, visto che è risaputo che adoro la pasta secca e ne sono un grande consumatore. Una delle riflessioni più ironiche e intelligenti negli ultimi anni sul tema, è quello che ha detto Alsessandro Negrini durante lo scorso lsdm Milano «Se in un grande ristorante ti servono 18 portate senza mai un piatto di pasta, restano 18 antipasti». Ecco è proprio così.
Questa non è una classifica, ma soltanto degli assaggi, fatti negli ultimi anniche mi hanno colpito particolarmente, rendendomi felice. Perchè come diceva Fellini in un famoso spot degli anni ’80: “La vita è una combinazione di magia e pasta”
Un tributo a Billy Holiday, in una fantastica cena organizzata dal Pastificio di Martino alla James Beard Foundation a New York. La pasta diventa brodo per asparagi bianchi e verdi, succo di limone ed arbe aromatiche. Più esattamente la pasta diventa miso grazie ad una fermentazione post cottura. C’è anche una aggiunta di creme fraiche. Ci siamo precipitati in cucina per berne un bel tazzone avanzato. Dopo il fresco, arriva il caldo corroborante e rassicurante. Psichedelico, quasi onirico nel pensiero, un piatto meraviglioso dal punto di vista gustativo.
Gennaro Esposito, minestra di Pasta Mista con piccoli pesci di scoglio e crostacei. La Torre del Saracino è stato il primo grande ristorante che ho frequentato. Ci ritorno sempre volentieri, perché per me è sempre come tornare in un posto che mi appartiene, che è nelle mie corde. Sia per la cucina di Gennaro, ma anche per le coccole e attenzioni che ricevo da sempre in questo luogo. Dopo quasi 25 anni dalla sua apertura la Torre del Saracino è più splendente che mai, in grado di accogliere i gourmet più esigenti, ma anche ospiti alla prima esperienza di cucina d’autore. Sulla pasta secca, ci sono poche storie da raccontare. I gusti sono i miei, la mano e i pensieri di Gennaro fanno centro, attraverso il prodotto, la tecnica e gli abbinamenti. La pasta secca ed il mare, in un concentrato, resta una delle intuizioni meglio riuscite di Gennaro, golosità e concentrazione del sapore che si ricorrono, si sfiorano, per poi fondersi.
Antonino Cannavacciuolo, linguine di Gragnano con calamaretti spillo, salsa la pane di segale. Tornare a Villa Crespi da Antonino Cannavacciuolo è sempre una grande esperienza, i motivi arabeggianti dell’architettura ed i suoi colori intensi risaltano sul paesaggio del lago e dei boschi. Un gioiello architettonico dagli interni ancora più fiabeschi dell’esterno. Varcarne la soglia, grazie sempre alla principesca accoglienza, vi darà proprio la sensazione di entrare in una fiaba. Se il principe azzurro esiste avrà filo da torcere a guadagnare la vostra attenzione appena in sala inizieranno a comparire i piatti di “Tonino” Cannavacciuolo. Velocissima la cottura della pasta in abbondante acqua salata e poi risottata, la salsa al pane di segale uno slancio di aromaticità. Far mangiare in un modo così intelligente pasta e pane nello stesso piatto ci voleva il guizzo di un vero fuoriclasse.
Mauro Uliassi, spaghetti affumicati con vongole e datterini alla griglia. La sensazione che miè rimasta dopo aver provato il menù LAB 2016 da Uliassi è stata quella di aver trovato un cuoco nel suo apice . Il menu lab 2016 è dedicato al mare. Partendo da Senigallia il mare viene esplorato, visto in tante sfaccettature, raggiungendo luoghi lontani e posti inaspettati. L’amore di Mauro per la banchina di Levante e la costa Adriatica è conclamato, il passo successivo, attraverso la grande sensibilità e il lavoro di tutto il suo staff è mettere queste sensazioni nel piatto. Che mare sarebbe se non coniugato alla pasta secca? Uno spaghetto a vongole, forse quello della vita, il datterino grigliato che aggiunge una sensazione di “umami”, allunga e spezza il gusto, godurioso fino a dire basta.
Salvatore Tassa, peperone al dente. L’età è semplicemente uno stato d’animo. Salvatore Tassa a 60 anni compiuti da poco, lo dimostra. Una cucina che ha del futuristico, una visione onirica di una persona con una sensibilità straordinaria in cucina. Una delle cene più sorprendenti dell’anno sicuramente. Estrazione a freddo dei sapori, valorizzazione del mondo vegetale, grassi quasi inesistenti, sale al minimo sindacale. Tutto questo per arrivare ad una concentrazione del gusto, l’esaltazione della leggerezza, senza per questo mortificare la parte della gioia e della goduria a tavola. Tre ingredienti, si sentono i sapori in maniera chiara e precisa, niente grassi. Gol da centrocampo.
Ernesto Iaccarino, spaghetti con sgombro, pan grattato, pinoli e cipolla caramelllata con salsa di rapa e alalunga. Negli ultimi anni, per fortuna, si parla sempre di più di ristoranti del Sud e dei relativi interpreti di cucina e sala. Una cucina quella del Sud in grande fermento, con tanti protagonisti, che spesso a prezzi davvero convenienti propongono la propria idea di buono, spesso raccontando nei piatti i loro territori. Se oggi parliamo di gastronomia del Sud, un grazie lo dobbiamo tutti a Livia ed Alfonso Iaccarino. I grandi ristoranti nascono nel Nord Italia negli anni del boom economico, i favolosi anni ’60 dove tutto sembrava possibile e una nascente borghesia si avvicinava sempre di più ad una cucina d’autore. Verso la fine degli anni ’70 questa borghesia ricercò il ristorante di qualità anche nei luoghi della vacanza. Da qui parte la storia di Livia e Alfonso Iaccarino e della loro casa. Lo spaghetto è davvero delizioso, l’interpretazione della filosofia di cucina di questa grande “casa”. Da mangiare a oltranza.
Peppe Guida, spaghettini con acqua di limone, olio e provolone. Peppe Guida ha fatto della pasta secca un modello di ristorazione, grazie anche alla “visione” di Giuseppe di Martino, oltre che con il format “indovina chi viene a cena”, anche con il continuo chiedere al cuoco vicano pensieri sulla pasta. Carboidrati e felicità, per una cucina quella di Peppe fatta di prodotti veri. I prodotti veri spesso sono imperfetti, anche la cucina di Peppe non mira certo alla perfezione stilistica, ma a sapori autentici, spesso ancestrali, come a cercare l’archetipo di un gusto, una memoria spesso anche dimenticata. gli spaghettini al limone e provolone del Monaco. Ecco un altro aspetto spesso sottovalutato, quello dei grassi. Nella tradizione il grasso serviva a insaporire. Mangiare un piatto di pasta come questo, assolutamente senza grassi, può sgretolare tante certezze. Percepire il sapore dei tre ingredienti, in una maniera molto chiara e netta è un vero piacere per il palato. Molto buono, per un pensiero davvero intelligente.
Oliver Glowig, eliche cacio e pepe con ricci di mare. Uno dei piatti storici di Oliver che l’hanno sempre seguito nei suoi menù. Grassezza e opulenza, ma anche il brio dato dai ricci di mare. Assolutamente da mangiarne a secchiate.
Salvatore Bianco 9850 km è la distanza tra Napoli e Tokyo. Una distanza che Salvatore Bianco executive chef del Comandante dell’hotel Romeo di Napoli ha provato a riassumere in un piatto. Il sugo di pomodoro è contaminato con la cultura giapponese e la sua millenaria tradizione dell’utilizzo di una serie di ingredienti di uso comune nella cultura degli abitati dell’isola del “Sol Levante”. Le candele al ragù di Salvatore non sono solo l’unione di due culture, molto diverse tra di loro, in omaggio allo stile Japan dell’albergo napoletano progettato da Paul Tange, ma è anche la grande ossessione del popolo napoletano da sempre: quello di riproporre dei piatti con il gusto della carne senza la carne. Il risultato è davvero interessante, il ragù è completamente vegetariano, però si sente un gusto di umami intenso, molto simile a quello della carne.
Gianluca Gorini, spaghetti con genziana, burro acido e bergamotto candito. Vi piacciono le montagne russe? A me si, anche a @gianlucagorini a quanto pare. Questo piatto di spaghetti è servito al ristorante come pre dessert. Spaghetti mantecati al burro acido di genziana, formaggio e a chiusura una caramellina al bergamotto. Giocare con pasta e burro prima del dessert è veramente complicato, il rischio di appesantire è veramente alto, così come avere paura delle montagne russe. Le note balsamiche, il profumo, la consistenza della pasta, al dente, il bergamotto finale il colpo di genio. Le montagne russe sono tremendamente divertenti, come il pre dessert di Gianluca
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