Grazie ai regolamenti Ue ben presto potremmo essere costretti a rinunciare al nostro classico spaghetto alle vongole e tornare a quello, più popolare, con le vongole fujute, ossia senza quello che per molti decenni è stato il più conosciuto dei frutti di mare.
I nostalgici della cucina antica potranno anche essere contenti, ma in realtà c’è poco da stare allegri. Il problema è reale, e nasce dal fatto che quest’anno per soli 3 millimetri di differenza sullo standard della direttiva Ue del 2006 previsto sui gusci i pescherecci sono costretti a rigettare in mare il pescato.
Nel Paese nel quale la burocrazia ormai detta la linea alla politica, ognuno è costretto a vivere la sua piccola dimensione kafkiana anche quando si tratta di un piatto di pasta. L’articolo tre del regolamento europeo 1967 del 2006 vieta la raccolta e la commercializzazione di vongole con un diametro del guscio inferiore ai 25 millimetri. Ora, per cause naturali, da qualche anno le vongole non riescono a superare questa soglia perché la Natura non sempre si adegua alle normative europee.
Del resto, diciamoci la verità, con le vongole la partita era già persa da un bel pezzo, da quando cioè rigorosi protocolli igienici e sanitari le hanno totalmente private di sapore.
Già perché, come ben sanno coloro che vivono la stagione degli anta, neanche le vongole sono più quelle di una volta.
Ed è così che nei ristoranti si è aumentata negli ultimi anni la quantità di sale e di olio, per cercare quel sapore deciso che il nostro palato terrone cerca continuamente in ogni cosa che si mangia. Ma adesso è anche sempre più difficile trovarle.
E se qualche pescatore prova infrangere il divieto rischia circa 4000 euro di multa perché in Italia si può costruire abusivamente un quartiere sulla spiaggia ma non pescare vongole, mettere in commercio del tonno trasformato nel proprio ristorante, oppure anche proporre conserve. Tutto ciò che è reale è irrazionale per la burocrazia sovrana e inattaccabile.
Per cogliere in pieno la metafora del nostro declino gastronomico, basti pensare al fatto che nel 1982 si pescavano 120mila tonnellate di vongole mentre nel 2014 soltanto 20mila.
Del resto nella battaglia sul cibo è molto chiaro da tempo quali siano le lobby in grado di esercitare le giuste pressioni sull’Europarlamento: quelle delle multinazionali. Dal latte in polvere alla cioccolata senza cioccolata, alla poca chiarezza sulle etichette in materia di conservanti e coloranti, è tutto un fiorire di provvedimenti che rendono facile il lavoro a chi produce a livello industriale e impossibile la vita ai piccolo artigiani del gusto che rappresentano il valore aggiunto. Soprattutto regioni come la Campania, il cui tessuto agroalimentare è costituito da queste produzioni di qualità, subisce continui ostacoli nella propria attività proprio a causa di questa eccessiva burocratizzazione.
Il punto vero è anche un altro. Prima si poteva stare senza vongole perché costavano troppo come adesso è certo che sopravviveremo lo stesso, magari con le telline, salvo alla prossima norma europea che stabilirà anche quanti aculei deve avere un riccio di mare per essere pescato.
Ma chi mai saprà cucinare oggi i meravigliosi spaghetti con le vongole fujute come solo le mamme di un tempo sapevano fare? Certo non quegli chef che per dimostrare di essere bravi si mettono a fare risotti dimenticando come si cuoce la pasta perché a Masterchef non è figo!
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