di Sara Marte
Sembra facile dire birra. Qui a New York City, superata la consueta birretta multinazionale, pluripubblicizzata, polifunzionale, c’è ben altro da scoprire e ben altro mondo da guadagnare nella conoscenza di un’arte di altissima specializzazione. Così, nell’ingarbugliata e complessa giungla del dove per tutte le tasche, il salto di qualità è nei “Brewpub”. Dimentichiamo i grandi numeri: questa la strada.
Brewpub, dicevamo, è un genere molto comune a New York ed anche un po’ datato a dirla tutta. Parliamo di locali, decisamente intriganti, in cui si può mangiare buona cucina strutturata e che, al contempo, producono e servono la propria birra artigianale. Nel decennio compreso tra gli anni ‘80 e i ‘90 in tutt’America e soprattutto a New York, questo fu un genere di grande moda. Oggi sembra che, gli Stati Uniti, abbiano riscoperto questo piacere decretando, in parallelo, un incremento di produzione di birra artigianale, legato alla richiesta, del 9% nella sola prima metà del 2010. Ma torniamo a New York.
Ci piace raccontare come la birra parli la lingua della sostenibilità, quella artigianale, sia chiaro. Raccogliendo informazioni sul campo con ripetute incursioni in brewpub, in cui la birra aiutava la cordiale conversazione da banco, e più solitarie ricerche su letture specializzate, scopriamo delle caratteristiche comuni a molti birrifici che, con concretezza, toccano argomenti centrali di rinnovamento delle risorse ed ecologia. Si parte dunque dalla scelta del prodotto che è possibilmente del territorio e selezionato biologico. Si passa poi alla consegna degli scarti della lavorazione della birra, quindi consumati o, come li definiscono qui “spesi”, alle fattorie vicine, affinché vengano riutilizzati come mangime per il bestiame. Questo circolo virtuoso da’ origine alle così dette “brew beef “, carni locali nutrite con questo tipo di mangime e consumate sul territorio. Facile trarre le conclusioni: così facendo un prodotto di scarto diventa ricchezza ed è reimmesso nel circuito dell’agricoltura locale.
Tanto semplice e utile che a me sembra geniale. Altro aspetto considerevole è poi la cura per la stagionalità e varietà dei prodotti. Nella birreria Heartland, ad esempio, accanto alle ironiche e divertenti etichette che rappresentano la vasta gamma di birre prodotte, si trova anche la disponibilità secondo il periodo dell’anno: La “Smiling Pumpkin Ale”, zucca sorridente (e che sorriso!) è reperibile da settembre a novembre ad esempio; morbida e abbastanza complessa, con i suoi sentori di zucca e cannella, richiama proprio l’autunno newyorkese. La birra qui può anche essere simbolo di riscatto sociale.
Celeste Beatty dell’Harlem Breweing Company, rappresenta per la comunità afro-americana un esempio di forza di volontà e passione. Lei , 12 anni fa, ha cominciato a fare birra nel piccolo appartamento di Mount Morris Park ; si narra che, l’ormai nota bevanda, fosse preparata nella sua vasca da bagno , ma i collaboratori, divertiti, minimizzano parlando di una semplice diceria. Poco conta se ciò sia vero o romanzato, non sarà una vasca da bagno a cambiare le cose; molto più importante è l’impegno per la valorizzazione di Harlem con eventi jazz gratuiti, sponsorizzati e voluti proprio dall’Harlem Brewing Company. Sembra facile dire birra: qui a New York rappresenta molto più di un semplice bicchiere ma un’esperienza completa. Allora, se foste in città, ricordate che è proprio periodo per provare quel faccione sorridente e intanto, speriamo che sia sempre stagione del sostenibile, fresco e locale.
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