di Antonella Petitti
Chi vorrebbe una vita insipida? Nessuno, posso dirlo con certezza. Ma perché il sale anche quando viene considerato simbolicamente in discorsi lontani dalla cucina ha un ruolo così importante? Forse perché nella storia ha interpretato, molto spesso, una parte fondamentale. Ritenuto a volte più prezioso dell’oro, è stato motivo di guerre e ricerche disperate…
Ma il sale in cucina ci è entrato quando l’uomo ha smesso di fare il nomade, quando il suo animo cacciatore si è lasciato domare da quello agricolo. Dapprima necessario per la conservazione di molti prodotti, è poi diventato ingrediente scontato ed irrinunciabile.
A tal punto che oggi non ci rendiamo più conto di usarlo, a meno che non manchi…e allora spesso ecco le lamentele.
Ma si tratta di una mera abitudine, oggi più che mai decisamente “cattiva”, perché il nostro attuale stile di vita non ci permette più di consumare la media di 8/11 grammi al giorno.
Ne basterebbero 100 milligrammi, inutile dire che li recupereremmo dagli alimenti che lo contengono naturalmente.
Insomma la verità è una e sola: senza sale vivremmo meglio e ne guadagnerebbero anche le papille gustative, spesso ingannate da questo elemento.
Un piatto salato, o meglio particolarmente saporito, non si può giudicare davvero, e mai ci permetterà di comprendere fino in fondo se la materia prima è fresca e buona.
Ma non sono io a dirlo, sebbene siano passati già degli anni da quando nella mia cucina non si incontra Sir “sale”.
In effetti a ricordarlo, con la sua grande autorevolezza, è il noto scienziato Jeremiah Stamler, allievo del padre della Dieta Mediterranea Ancel Keys.
Ogni anno passa alcuni mesi invernali nella sua casa di Pioppi e da lì, nonostante i suoi 93 anni, continua a studiare e a restare in contatto con ricercatori di tutto il mondo.
Eppure nonostante la sua presenza in Italia, nel Cilento, alle celebrazioni ufficiali del riconoscimento della Dieta Mediterranea come Patrimonio Immateriale dell’Umanità non è stato invitato…
Anzi, più precisamente, è stato invitato il giorno prima, come per rimediare ad una dimenticanza, e lui ha declinato l’invito. Mentre brochure, locandine e manifesti erano già in giro, ponendo l’accento sulle autorevoli presenze “politiche”, oltre che di quella del Ministro Galan.
Con tutto il rispetto, nessuno avrebbe potuto parlare a più pieno titolo della Dieta Mediterranea se non Stamler.
Lo scienziato glissa la domanda sulla questione, ma trapela la considerazione che avrebbero dovuto invitarlo per tempo.
Così mentre alle 13.30 del 26 febbraio 2011 si chiudeva il programma ufficiale promosso da Comune di Pollica, Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, Provincia di Salerno e Ministero dell’Agricoltura, alle 16 dello stesso giorno l’ASL Salerno, l’Associazione Dieta Mediterranea e la Confcommercio davano vita ad un convegno di grande levatura: Panificatori, il vostro fondamentale ruolo nella salute pubblica.
Da cornice l’aula magna del Presidio Ospedaliero San Luca di Vallo della Lucania, dove oltre all’intervento di Jeremiah Stamler, hanno dato il proprio contributo la dott.ssa Simona Giampaoli ed il dott. Donato Greco dell’Istituto Superiore di Sanità di Roma.
I dati sono allarmanti, nei soggetti e nei popoli che utilizzano il sale in cucina sono numerosissime le patologie ad esso collegate: ictus, infarto, insufficienza cardiaca, aneurisma, asma, gastrite, cancro allo stomaco, calcoli, perdita di calcio e osteoporosi.
Nelle popolazioni (pochissime) isolane che non utilizzano il sale è stata riscontrata una bassa incidenza delle suddette patologie e calcolata una media della pressione arteriosa che si attesta attorno a 100/110 per tutta la vita.
“E tra queste ricerche”, spiega Stamler in un ottimo italiano, “ho scoperto che da noi il 50% del sale che ingeriamo ogni giorno viene dal pane, ecco perché l’invito oggi in particolare va ai panificatori che possono dimezzare il suo utilizzo senza che i consumatori se ne accorgano”.
“Oggi abbiamo i frigoriferi, non dobbiamo più conservare i cibi diversamente, possiamo tranquillamente fare a meno del sale “aggiunto”. Dopo un paio di settimane non ci accorgeremmo più della differenza. E’ necessario che i panificatori comincino un atto collettivo volto a diminuire i costi della sanità e a migliorare la qualità di vita di tutti”.
Lo stesso Parlamento Europeo dal 2009 ha messo in piedi un documento internazionale che ha come obiettivo la riduzione del consumo del sale. Certo l’argomento cozzerà con gli interessi delle grandi multinazionali farmaceutiche, oltre che con le abitudini serrate di chi farebbe di tutto pur di non mangiare senza sale.
Si tratta di consuetudini, null’altro, ma i benefici potrebbero essere enormi per tutti.
Sono davvero tanti i comportamenti scorretti a cui porre rimedio, basti pensare che un alimento già salato in produzione come la pasta noi tutti lo cuciniamo aggiungendovi ulteriore sale. Che bisogno c’è?
E come ha specificato la dott.ssa Giampaoli: “I principi della Dieta Mediterranea restano validissimi e devono essere una guida forte, ma vanno certamente rivisitati in funzione del nostro mutato stile di vita. La nostra sedentarietà non ci permette di non considerare seriamente i danni che il sale può apportare alla nostra salute”.
Dunque l’invito accorato di grandi esperti della sanità e del mondo scientifico va a chiunque si occupi di produzioni agro-alimentari e possa incidere sull’utilizzo di sale, mentre i singoli possono agire sulle azioni quotidiane.
Jeremiah Stamler, ancora una volta esempio, ha raccontato di occuparsi da anni della preparazione e della cottura del pane in famiglia. “Farina integrale e niente sale” ha ricordato. Ed il risultato è sotto i nostri occhi, la sua lucidità e la sua energia testimoniano un benessere diffuso che ancora oggi cerca di trasmettere all’umanità.
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