Scambio di mail con un collega impegnato nella Guida Ristoranti Espresso: “e per nove locali già recensiti, sono al quinto tortino al cioccolato propostomi. Non mi meraviglia di vederlo ovunque, ma mi meraviglia di vederlo (spessissimo) in locali di un certo livello. Senza sminuire il lavoro di tanti ristoratori: ma ogni tanto questi signori vanno al ristorante? Vedono un po’ cosa fanno i loro “colleghi”, oppure si limitano solo a spulciare riviste e canali TV?”
Ora se dipendesse da me, l’idea sarebbe di togliere un punto secco, o malus di cinque centesimi se parliamo di Gambero, ogni qualvolta troviamo un tortino al cioccolato in un locale.
Mi rendo conto che ci sono altri problemi in giro, ma questo bisogno di omologazione, di consenso piacione, questo livellamento verso il basso, l’accontentarsi, non sono forse alcuni degli atteggiamenti psicologici che ci hanno ridotto davvero male in Italia?
E non ci stessero a raccontare che è fatto con il più puro cioccolato ritrovato nelle tombe dei re aztechi e commercializzato in modo equo e solidale.
Il tortino al cioccolato in un ristorante denota
1-Zero fantasia in un Paese dove ogni città, ma che dico, ogni contrada ha il suo dolce
2-Zero ricerca. A parte qualcuno che lo spolvera sullo spada, ci saranno molti n al quadrato modi per lavorare di cioccolato
3-Zero aggiornamento. Ma lo vedete che i dolci nei locali che contano sono sempre meno dolci, sempre più leggeri, sempre più ricchi di ortaggi e verdure? State ancora a dare la palla zuccherina per addolcire il conto?
Ah ho capito, temete che venga Valerio Visintin e non lo trovi.
Vabbé, allora da questo discorso sono esclusi i ristoranti dei Navigli:-)
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