Vittorio Blum e Gino Sorbillo: ormai è fatta. Siamo passati dal giornalista che racconta i fatti al servizio del lettore a quello che prevede il futuro cercando di determinare il mercato. Non c’è più differenza tra comunicare e raccontare e sul sito del Sole 24ore può apparire una stroncatura preventiva da parte di un collaboratore che magari ignora che il direttore è Napoletano di nome e di fatto.
Dunque Vittorio Blum, pensando di essere nella Milano dell’800 in cui non c’erano napoletani, siciliani, pugliesi, algerini, marocchini, cinesi, ucraini, senegalesi, lucani per ben oltre il 50% della popolazione, annuncia che Sorbillo che apre non avrà successo.
Sentite, sentite cosa scrive l’amico di Mc Donald’s.
- Perché “Pizza fritta” già dal nome mmmm, non è esattamente la quintessenza della milanesità. Qui è un problema sia “pizza” sia “fritto”: non è che mettendoli assieme – o uno contro l’altro – i termini si elidano generando nuovi significati, ad esempio “aria” “fresca” o “leggerezza” “mattutina”. “Pizza fritta” rimane “pizza fritta”: hardcore
- Perché a Milano non siamo abituati a circolare con un arnese in mano lungo una banana e mezza e largo come un vecchio vhs, una sorta di baionetta grondante olio, provolone e pomodoro incandescenti, che se lo addenti schizza molecolarmente a raggera rischiando di trascinare te e i posteri in sanguinose cause di risarcimento danni solidi e morali ai famigliari dell’avvocato d’affari appena sbucato da piazzetta Liberty che hai centrato perfettamente nell’occhio chiudendoglielo per sempre.
- Perché poco allevia quel vassoio da 24 paste su cui te la poggiano avvolta da 15 centimetri di carta alimentare impregnata fino all’ipotetico settimo velo, sempre una baionetta fritta rimane, e anzi peggio, barcamenarsi sotto il monumento al Manzoni in quello stato, con un quadernone Pigna di grasso colante spalancato sotto il mento alla moda di certe signore prendisole nella Costa Azzurra dei ’70 mentre lapilli infuocati di provola anticipano, seguono e intervallano il tuo incedere sempre più incerto. Anche questa, mi dispiace, non è un’esperienza esaltante
P.S. Peraltro, Sorbillo caro, ma ci sono già 25 gradi fuori, ma che cosa mi apri il pizzafritta adesso. Cos’è, 20 luglio impegnato?
Per fortuna che ci sono i fatti che smentiscono le opinioni di questo jettatore: ossia le foto di quello che succede da quando il locale apre in poi:
1-Pizza fritta è più sana di una merendina industriale piena di solfiti e coloranti.
2- A Milano si sono abituati alle file davanti alla pizzeria di Lievito Madre o da Luini come a via Tribunali a Napoli perché tutto il mondo è paese.
3-Perché è proprio bella mangiarla così, in modo giovanile e non in modo borghese e annoiato. E poi non mi pare che il kebab e il sushi siano più milanesi della pizza fritta.
Insomma, ecco perchè il giornalismo è in crisi: perché persino una testata gloriosa pur di far qualche clic in più regala spazio a un certo Vittorio Blum Blum che scrive di cibo per avere un po’ di visibilità senza competenza perché così fan tutti.
Cosa avrebbe fatto un giornalista della prima ora? Sarebbe andato a vedere sul posto come vanno le cose. Ma si sa, per certi pischelli i clic e il posizionamento degli algoritmi su Google valgono più della realtà che dovrebbero raccontare. Vai con la cazzata del giorno e poi si vede.
Ecco perché gli editori pensano di poter fare a meno dei giornalisti. Tutti sanno scrivere stando a tavolino sparando le stronzate di questo Blum Blum.
Quello che a me colpisce, vecchia volpe, è che questo tipetto si lancia in previsioni senza neanche aspettare il primo giorno. Perché? Semplice, perché per lui è più importante distinguersi, scalare l’algoritmo. La verità è un dettaglio.
‘A Vittò, magnati ‘a pizza fritta. Ottima soprattutto quando è caldo perché la frittura, testa di frigorifero e ignorantone più di Visintin che non sei altro, è propria dei paesi caldi!
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