di Francesco Raguni
La Sicilia è un territorio che, dal punto di vista enologico, risulta essere tra i più ricchi del panorama nazionale e non solo. Vengono subito in mente, parlando dell’isola in questione, nomi storici come “Marsala”, ma anche realtà più recenti e di grande successo, come l’Etna. Ma la realtà enoica della regione non si ferma qui.
Il Nero d’Avola nella Sicilia Occidentale
Uno dei vitigni principi della Sicilia, ad esempio, è il Nero d’Avola. Fino agli anni ’80 quest’uva veniva vinificata insieme ad altre, come il Frappato. Poi arrivò la svolta, quando nel 1983 venne creata l’etichetta “Duca Enrico” della cantina Duca di Salaparuta.
Da un antico impianto collinare ad alberello, venne prodotto un vino da invecchiamento, capace di resistere al tempo come i Super Tuscan. Il prodotto è stato realizzato dall’unione di due grandi nomi del vino quali Giacomo Tachis (padre – tra i tanti – del Sassicaia, del Tignanello e dell’Ornellaia) e Franco Giacosa.
E così se da un lato, in un calice ci si ritrova l’annata 2020, con il suo colore rosso rubino intenso, le sue note di piccoli frutti rossi e amarena sotto spirito, dall’altro la 2004 offre una combinazione di riflessi granati e sentore terziari, oltre che spezie come pepe e chiodi di garofano. La prima ha un tannino potente, ma elegante, che si dimostra capace di ammansirsi con il passare gli anni. La seconda – a riprova di quanto detto finora – offre al calice un vino rotondo, nel suo momento di massima resa.
Le etichette di Duca di Salaparuta, comunque, non si fermano qui. “Passo delle Mule” e “Triskele” sono altre due interpretazioni del Nero d’Avola in purezza, certamente meno longeve, ma ugualmente valide. Del resto, non tutti i vini devono necessariamente essere da invecchiamento. In Sicilia, però, c’è anche chi continua a vinificare il Nero d’Avola insieme ad altri vitigni: è il caso della cantina Brugnano, che gli unisce in blend il Carbenet Sauvignon in rapporto 70 – 30. Il risultato è un vino austero e di corpo.
Gli altri vitigni della Sicilia occidentale
Nero d’Avola e non solo. Un’altra uva rossa tipica della Sicilia è il Pignatello o Perricone, capace di regalare vini alcolici e corposi, dall’importante carica tannica. Interessante è l’interpretazione di quest’uva prodotta dalla cantina Augustali, che fornisce al calice un prodotto di grande freschezza. Rossi e non solo. La Sicilia occidentale è anche la terra d’elezione di vitigni a bacca bianca, come il Catarratto.
Eppure, l’enologo della cantina Augustali ha scelto di lavorare anche altri vitigni come il Vermentino, certamente non tipico della regione, ma che può trovare risvolti interessanti. I campioni assaggiati di quest’ultimo svelano al bicchiere un vino dal colore giallo dorato, con note di frutta secca. La fermentazione – racconta l’enologo – avviene in botti di acacia. E ancora il Grillo, di cui la cantina Candido, fornisce un’interpretazione particolarmente fresca e profumata con il suo “Guardalomu”, nome che trae origine dalle lucertole che, nei campi, erano solite guardare i lavoratori presenti e fungevano da campanelli d’allarme contro i serpenti.
La sostenibilità nel mondo del vino
Ma qual è il minimo comune denominatore che si cela dietro questo viaggio e che esula dal mondo del vino stricto
sensu? La risposta è da ravvisare nel concetto disostenibilità. Infatti, l’impatto positivo che può avere la viticultura, se portata avanti in maniera sostenibile, non è indifferente. “La sostenibilità è la declinazione sul versante esogeno delle relazioni tra gli uomini” afferma il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, in occasione di un simposio sul tema organizzato dalla fondazione SOStain (delle iniziative promosse dalla fondazione SOStain vi abbiamo già parlato QUI).
Tanti sono i temi che emergono in relazione a questo concetto.
In primis, si puòparlare di vitecologia, una pratica che trae ispirazione dall’acroecologia e che ha come punti cardine disciplina scientifica, pratiche agricole e movimenti sociali. Ad oggi non si può non prestare attenzione al tema, dato che – con l’avanzare del cambiamento climatico – il mondo sta inevitabilmente cambiando. Basti pensare che con l’aumento delle temperature gli eventi estremi potrebbero arrivare – in via meramente potenziale – a divenire normalità. E considerando che la viticultura, come altre pratiche agricole, inquina, è dovere morale di ogni viticultore portarla avanti in maniera sostenibile.
Un altro argomento che è emerso durante i lavori del simposio è stato l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nel campo della viticultura. Del resto, essa è capace di imparare le previsioni meteo, i dati morfologici dei territori, le colture e così via: potrebbe rivelarsi un potente alleato.
“I sacrifici fatti ogni anno per organizzare il Simposio vengono sempre ben ripagati dall’alto valore sociale e scientifico che emerge dal dibattito – evidenziano dal Consiglio Direttivo della Fondazione SOStain Sicilia, composto da Alberto Tasca (Tasca d’Almerita), Giuseppe Bursi(Settesoli), Letizia Russo (Feudo Arancio), Arianna Occhipinti e Alessio Planetadelle omonime cantine – L’aver dato vita a un evento così qualificato e innovativo rende le cantine SOStain assai orgogliose di contribuire alla nascita di un nuovo pensiero imprenditoriale fondato sulla tutela del Pianeta e di chi lo abita. Un modello socioeconomico che parte dalla Sicilia ma che va esteso il più possibile”.
Alla fine, c’è stato anche spazio ai progetti di sostenibilità messi in campo dalla Fondazione insieme ai suoi partner, come O-I per la realizzazione di bottiglie più leggere e a KM0 per la riduzione di CO2, Amorim Cork per il riciclo dei tappi in sughero. Tante quindi sono state le idee e le iniziative vocate a dare alla viticultura moderna una direzione sempre più sostenibile, soprattutto in Sicilia dove il problema della siccità diventa ogni anno più critico. Tuttavia, al di sopra di tutto, vi deve sempre essere un presupposto immancabile quale la collaborazione di tutti gli addetti al settore, altrimenti un grande coro rischia di essere ridotto ad una singola voce.
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