di Enrico Malgi
Quando si parla di viticoltura non si finisce mai di stupirsi perché c’è sempre qualcosa di nuovo da imparare anche quando ci si riferisce ad areali non troppo famosi come il Cilento per esempio, che negli ultimi anni ha fatto parlare molto di sé attraverso una produzione vitivinicola minimalista sì, ma di eccellente qualità. Questo grazie ad un certosino lavoro portato avanti da un manipolo di viticoltori locali che alcuni anni fa decisero di dedicarsi con molta passione all’allevamento di specie regionali più adatte a questo territorio come l’Aglianico ed il Fiano in modo particolare, conquistando da subito ottimi risultati.
Il Cilento enoico tuttavia è stato sempre depositario di un patrimonio ampelografico di varietà prettamente autoctone, che purtroppo non hanno attecchito come si sperava, a parte l’Aglianicone che è riuscito ad ottenere dei buoni risultati. Eppure la storia primordiale della coltivazione della vite in questo territorio risale addirittura al VII secolo a.C. con la venuta dei coloni Sibariti provenienti dalla Grecia, che fondarono Poseidonia in onore del dio del mare, e che poi per i Romani divenne l’attuale Paestum, e dei Focesi, sempre di origine Greca, i quali fondarono Elea, cioè Velia per i Romani. Questo col passar del tempo ha comportato poi la scoperta di numerosi, sconosciuti ed antichi vitigni, soprattutto nell’areale di Moio della Civitella, dove nel 2008 la società AGER Agricoltura e Ricerca di Milano ha portato alla luce ben sedici nuovi genotipi unici.
Anche nel Golfo di Policastro, e precisamente nella valle del Bussento ed a Santa Marina ultimamente si è registrata la presenza di un tipico, prezioso e raro vitigno a piede franco che era quasi scomparso, denominato Reginella o Buxentinum che, come è stato appurato poi, era stato piantato dai Tessali già nel VI secolo a. C. Questa varietà è stata iscritta il 22 novembre 2023 nel Registro Nazionale della Varietà di Vite.
Recentemente sono stato invitato a degustare il vino ricavato da questa specie antica non ancora in commercio presso l’agriturismo Albamarina di Foria di Centola dal produttore locale Mario Notaroberto.
Tre gli assaggi di annate diverse:
Annata 2019. Blend di Reginella al 75% e saldo di Aglianico. Maturazione in barriques di secondo passaggio. Gradazione alcolica di quattordici e mezzo.
Annata 2022. Reginella in purezza maturata in tonneaux. Tasso alcolico di sedici gradi.
Annata 2023. Blend di Reginella al 70%, Merlot al 20% e saldo di Malvasia. Affinamento in barriques di secondo passaggio. Gradazione alcolica di quattordici e mezzo.
Devo ammettere che questi vini mi hanno impressionato molto positivamente, soprattutto la versione 2022 in purezza, di cui vado a descrivere le mie sensazioni organolettiche.
La veste cromatica è ammantata da uno sfavillante colore rosso concentrato quasi inchiostrato. Dal complesso bouquet si sprigionano gradevoli profumi di tanta buona frutta rossa della pianta e del sottobosco, unitamente ad aromi di fiori rossi ed a percezioni vegetali e speziati di ottimo livello. Complessi e di buona stoffa anche i riferimenti olfattivi terziari. In bocca il sorso declina una buona freschezza, morbidezza, rotondità, balsamicità e sapidità, insieme ad una percezione palatale molto calda per l’elevato grado alcolico, a connotazioni di potenza, struttura, tonicità, solidità e con tannini ben distesi e collaborativi. Il finale è avvolgente e persistente. Va sicuramente bene sulla terragna cucina cilentana.
Insomma si tratta di un ottimo vino, che spero avrà davanti a sé un roseo futuro. Intanto Mario Notaroberto mi confessa che ha tutta l’intenzione di aderire all’invito dal comune di Santa Marina, che ha deciso di rivalutare e promuovere questa varietà di Reginella presente nel proprio territorio, attraverso un progetto mirato che intende coinvolgere i produttori locali per il pieno recupero di questa “miracolata” specie.
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