di Adele Elisabetta Granieri
Vino e pizza. Dalla pizza povera degli anni ’50 a quella ricca e impreziosita di ingredienti di qualità. Una metamorfosi avvenuta di pari passo con quella del pizzaiolo, che da maestro dell’arte bianca è diventato un vero e proprio chef, in grado di abbinare sapori, profumi e consistenze, per creare un equilibrio perfetto.
Partiamo dalle pizze base: Marinara e Margherita. Ingredienti semplici – pomodoro e mozzarella – anche se poi interpretati dalla scelte del pizzaiolo. Il pomodoro teme i vini acidi, quindi evitiamo i bianchi troppo taglienti e scegliamo un rosso delicato e non eccessivamente strutturato, rigorosamente vinificato unicamente in acciaio.
Il Piedirosso Pompeiano “7 Moggi” di Sorrentino con i suoi sentori fruttati e la beva fresca ed immediata, rappresenta una scelta sicuramente valida.
Le pizze con prevalenza di formaggi, caratterizzate quindi da grassezza, sapidità e dolcezza, si accompagnano felicemente a vini bianchi di corpo medio-forte, morbidi e di alcolicità sostenuta. Perfetta la Coda di Volpe di Michele Perillo, dai profumi intensi di ginestra, pesca gialla e zafferano e dal sorso generoso. Ortaggi e verdure, solitamente difficili da abbinare, richiedono bianchi freschi e profumati a leggera tendenza sapida.
Qui la Falanghina del Sannio Fois di Cautiero, profumata di agrumi e mentuccia, si sposa proprio bene. Passiamo alle pizze con i salumi: gusti saporiti, sapidi, tendenti, molto più delle precedenti, alla grassezza. Il sale può rappresentare un problema per il vino: esalta sapori amari e sgraziati e scompone qualunque equilibrio. Occorre un rosso non troppo strutturato e quasi privo di tannino per non andare incontro a sgradevoli sensazioni metalliche. In questo caso l’effervescenza, specie se abbinata a una fruttata morbidezza, rende ancora più appetitosi i salumi.
Qui l’abbinamento col Gragnano, fresco e sincero, è perfetto e Ottouve di Salvatore Martusciello, dal blend impegnativo di Piedirosso, Aglianico, Sciascinoso, Suppezza, Castagnara, Surbegna, Olivella e Sauca, ne è un ottimo rappresentante.
Con la pizza fritta sono perfette le bollicine che, più di ogni altro vino, riescono a bilanciare la grassezza, l’untuosità e la tendenza dolce della ricotta. La spiccata acidità, ravvivata dall’effervescenza, sono caratteristiche che inducono la salivazione, detergendo così la bocca e disperdendo i grassi.
Un Metodo Classico da uve autoctone, come il Caprettone di Casa Setaro, che profuma di erbe mediterranee e agrumi e solletica piacevolmente il palato, accompagna la frittura alla grande. Con questi presupposti, la pizzeria può diventare il locale della serata speciale, del piacere e della ricercatezza.
Vino e pizza, che passione.
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