Non fa certo salti di gioia Lucio Mastroberardino, il produttore campano presidente nazionale di Unione Italiana Vini: «Mi sembra un dato statistico più che politico, tra l’altro non cambia nemmeno molto gli equilibri che ormai si sono consolidati tra Italia e Francia negli ultimi dieci anni».
Non è comunque un dato positivo il sorpasso?
«Sicuramente no. Ripeto, è una curiosità. Del resto già qualche anno fa c’era stato il primo sorpasso. Quando poi lo scarto è così minimo può dipendere da una gelata in un territorio. Inoltre il fatto che la Francia abbia prodotto di meno, perché questo è il motivo della perdita del primato, può anche dipendere dal fatto che in quel paese si è proceduto più spediti nell’applicare la riforma Ocm europea con gli espianti per abbattere l’offerta e dare maggiore tono ai prezzi».
L’Italia però è in forte crescita nell’export, forse questo è più interessante.
«Direi di sì, i segnali sono positivi. Ma anche qui non dobbiamo esaltarci più di tanto: è vero che le nostre vendite all’estero sono in aumento, però le bottiglie stanno costantemente perdendo prezzo rispetto a una decina di anni fa. Questo significa che non sappiamo ancora vendere bene, a differenza dei francesi che invece stanno facendo sistema soprattutto sui mercati asiatici».
In questo contesto il Mezzogiorno come può essere inquadrato?
«Sicuramente il sud ha fatto passi da gigante negli ultimi vent’anni, direi che la distanza con il nord complessivamente è stata ormai annullata. È davvero finita l’epoca, anche se il fenomeno non è scomparso, in cui la produzione meridionale era costituita da mosto e sfuso che andava a rinforzare altre denominazioni. Però guardo al presente con un poco di preoccupazione».
Che tipo di problemi ci sono?
«Si parla molto della Campania come regione fenomeno, ma qui non abbiamo la massa critica della Puglia e della Sicilia, due territori molto impegnati a fare sistema. La Campania invece, paradossalmente, sta vivendo una doppia vita: all’esterno sembra scoppiare di salute, in realtà molte aziende stanno soffrendo ed alcune hanno già chiuso. Credo che questo dipenda dal fatto che parte della filiera non ha scelto di professionalizzarsi sino in fondo, insomma molti hanno continuato a fare un altro lavoro avendo la cantina come reddito integrativo e gli effetti si cominciano a vedere proprio in questo periodo in cui il mercato italiano è saturo e le piccole aziende non hanno la forza di andare unite sulla scena internazionale».
Intervista pubblicata oggi sul Mattino
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