di Antonella Amodio
Era l’anno 2003 quando conobbi Michele Perillo ad una presentazione dei vini a Taurasi. Mi guardò con molta circospezione quando palesai l’interesse per il suo Taurasi. All’epoca mi occupavo di distribuzione, mentre Michele si affacciava da poco sul mercato. Ci volle un po’ per convincerlo ad intraprendere con me un rapporto commerciale; e ci voleva molto di più per convincere i clienti a comprare quel Taurasi sconosciuto, senza una cartella stampa, senza neanche un listino su carta intestata con logo aziendale. Per ovviare al problema avevo preso spunto dal metodo americano di vendita: portavo con me – durante le visite alla clientela- una bottiglia di Taurasi che stappavo dal primo cliente della giornata, per poi proseguire con le altre visite, fino all’esaurimento della bottiglia. Vi assicuro che bastava sentirne i profumi nel bicchiere per restarne affascinati. L’annata in questione era la mitica 1999, un fuoriclasse, come pochi.
Sono trascorsi diversi anni da quei giorni, Michele non è cambiato nel suo modo di proporsi e neanche il vino, né la metodologia di lavorazione, di produzione e maturazione. Le etichette sono ancora incollate a mano da sua moglie Annamaria e la sala di degustazione è ancora la sua cucina di casa; neanche la cantina ha subito metamorfosi. Perillo in questi anni non ha avuto bisogno di architetti che suggeriscono di costruire cantine con il metodo Feng Shui, n’è del mago dei grafici che escogita un logo “acchiappante”, né tantomeno ha avuto bisogno di far ascoltare musica classica alle sue vigne secolari, per dire poi, che producono meglio a suon di musica. Tutto molto bello e scenografico.
Di lui invece si parla per il vino che produce, che trasuda umiltà, sacrificio, lavoro e dedizione. La riserva 2003, che ho avuto modo di aprire qualche sera fa, nonostante il millesimo sia menzionato come atipico per le condizioni climatiche, è la dimostrazione di quanto affermo. Un vino imponente, che può sembrare scontroso e non immediato, per chi non ne conosce lo stile. Sinceramente per vini così, mi sembra banale riportare i profumi complessi che emergono o citare le magnifiche sensazioni gustative. Mi sento invece di suggerire a chi ha voglia di bere un vino che rappresenti il territorio, che riporti al vitigno, alla tipologia, alla fatica in vigna, alla tradizione, alla determinazione e alla semplicità dei gesti, il mitico Taurasi Perillo, da bere possibilmente in silenzio per contemplarne la bellezza della sua natura.
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