Come sta evolvendo la comunicazione in Italia e all’estero? Come l’offerta formativa, oggi molto più ampia, può influire e sta influendo sul trend della comunicazione del vino, sempre più sofisticata e ancor più necessaria.
Oggi lo chiediamo a: Horia Hasnaş.
Horia Hasnaş, classe 1968, ha iniziato come giornalista nel 1993 ricoprendo diversi ruoli prevalentemente per quotidiani, ma anche in televisione, come reporter, redattore, curatore di rubriche e presentatore. Il suo viaggio nel mondo del vino inizia in maniera naturale come appassionato e collezionista, poi la passione per la scrittura e i vini pregiati lo portano ad aprire un blog: “Vindinpresa”. Il passo decisivo, però, è stato fatto a Gennaio 2011 quando si verifica la svolta: inizia a lavorare come autore-redattore per la rivista “Vinul.Ro” la principale in Romania dedicata al vino, ai produttori e ai lettori appassionati. Grazie al ruolo di redattore e quindi fornendo suggerimenti su abbinamenti e trend culinari, mostrando la centralità del ruolo del vino a tavola, sottoponendo interviste e scrivendo recensioni ha acquisito una vasta esperienza nel settore anche grazie alla partecipazione regolare a degustazioni, fiere e festival nazionali e internazionali. Horia è membro di diverse giurie come Balkans International Wine Competition, Thessaloniki International Wine & Spirits Competiton, Concours Mondial de Bruxelles, Premiile de Excelenta Vinul.Ro e diversi altri concorsi locali.
Come sei “inciampato” nel settore vino?
È accaduto improvvisamente. Dopo circa 18 anni come giornalista per quotidiani e in TV ho sentito il bisogno di una svolta. Ho provato ad elencare tutte le mie passioni e al primo posto è finito proprio il vino non solo perché rappresentava una sfida ma anche perché è una delle storie più antiche e più belle. Una storia che continua ad essere scritta anno dopo anno, giorno dopo giorno. È stata una scommessa che ho fatto e ho vinto. E continuo a vincere.
Come credi sia evoluta la critica negli ultimi 30 anni nel tuo paese? E da chi hai imparato di più?
In Romania non si poteva parlare di critica del vino 30 anni fa. C’era un diverso regime, civiltà e cultura del vino erano temi sconosciuti al pubblico. C’era una certa produzione di vino, questo è vero, ma tranne pochissime eccezioni la qualità lasciava molto a desiderare. La critica del vino in Romania nasce a seguito della rinascita della cultura del vino. Diciamo 15 anni fa, circa. I miei amici e colleghi Cezar Ioan, Valentin Ceafalau e Radu Rizea sono alcuni dei pionieri della critica del vino nel nostro paese. Ho imparato molto da loro. Esattamente come continuo ad imparare oggi da tutti coloro che abbiano voglia di svelare qualche segreto sul vino.
Oltre a loro tre devo anche menzionare coloro che hanno contribuito, chi più chi meno, a plasmarmi: il professore Viorel Stoian, che oggi non c’è più, i miei cari amici Galina Niforou e Nikos Karatzas, enologi romeni e stranieri come Liviu Grigorica, Aurelia Visinescu, Gabi Lacureanu, Bogdan Costachescu, Razvan Macici, Oliver Bauer, Ghislain Moritz, Akis Papadopoulos, Wenceslao Gil Durantez e infine, non per importanza, il signor Hugh Johnson il cui libro, The Story of Wine, mi ha spinto a cercare non solo i vini ma anche le loro storie e le persone che li hanno creati.
Come reputi la comunicazione del vino italiano nel tuo paese?
Il vino italiano è sicuramente il vino straniero più conosciuto qui in Romania. Ha beneficiato enormemente del fatto che gli italiani sono stati i più veloci a muoversi quando la Romania ha aperto i propri confini. Certo, a causa di una scarsa informazione nel nostro paese, nel tempo ho provato alcuni vini che lasciavano molto a desiderare ma tra i consumatori romeni nomi come Brunello, Barolo, Amarone, Franciacorta, Bolgheri suonano già familiari. Per non parlare del Prosecco, anche i liceali ne hanno sentito parlare.
Noi abbiamo diversi importatori di vino italiano e spesso sono molto abili anche nella comunicazione dello stesso. Nonostante ciò non posso non osservare che la maggior parte di questo vino viene dal nord – Toscana, Piemonte, Veneto – centro e sud sono rappresentati molto poco. Dico questo perché, grazie a Luca Maroni, ho avuto l’opportunità di scoprire di più sui vini campani, andando oltre Mastroberardino che si trova ovunque, e ho scoperto dei vini meravigliosi. Si tratta solo di un esempio perché si possono trovare vini unici loro genere in Sicilia, Puglia, Lazio, Abruzzo, in pratica in ogni singola regione d’Italia. Sono stato a Vinitaly un paio di volte e l’ho visto con i miei occhi.
È noto che sia molto migliorata l’offerta formativa a disposizione di coloro che vogliono formarsi sulla tecnica di degustazione, la sommellerie, la geografia del vino e tutto il resto. Come credi che questo stia incidendo e inciderà sul presente e sul futuro – nemmeno troppo remoto – della comunicazione del vino?
Qualsiasi tipo di formazione per persone legate al mondo del vino – anche un semplice consumatore – è benvenuta. Ma qualunque sia il percorso formativo c’è bisogno di un grosso studio individuale per conoscere veramente il vino. Perfino l’Institute of Masters of Wine riconosce ciò. E io credo che se lasciamo le persone studiare da sé, sarebbe meglio anche lasciare loro più libertà quando si tratta di comunicarlo. Certo, è necessario avere dei punti di riferimento conosciuti e condivisi da tutti così che possiamo intenderci, ma credo anche che una limitazione del vocabolario non possa funzionare quando si tratta di vino. Dopo tutto, ogni vino è diverso (o almeno ci auguriamo che sia così), per non parlare del fatto che ciascuno di noi lo affronta da un diverso punto di vista. Non sono un fan della globalizzazione e non credo che un’isola che ha appena iniziato a produrre qualche spumante dovrebbe assegnare non solo la lingua ma anche il vocabolario del vino.
Con tutto il rispetto per lo spirito commerciale, per tutto ciò che hanno fatto per Bordeaux, Borgogna, Porto, Jerez, ma il vino è molto più legato al Mediterraneo che al Mare del Nord, è più facile trovare il vino nella storia raccontata con amore da un enologo greco o spagnolo piuttosto che nelle descrizioni di carattere tecnico di Jancis Robinson. Ma, riconosco che è difficile credere che questa libertà possa mai esistere su tutta la linea perché, dopo tutto, la parte finanziaria si imporrà.
Tutti vogliono vendere, alla fine. Perfino Byron voleva capitalizzare la sua arte.
Ma sarebbe meglio per noi non ricorrere a modelli. Anche ora, troppi vini hanno iniziato pericolosamente ad assomigliarsi gli uni agli altri.
Quali sono i presupposti per l’indipendenza della critica enologica?
Secondo me, dovrebbero esistere due condizioni essenziali: un critico del vino deve rispettare il vino e le persone a cui lo comunica. Il resto sono dettagli.
Chi vedi nel futuro della critica enologica?
Sinceramente è difficile rispondere. I blogger iniziano a guadagnare un crescente riconoscimento, occupano un importante segmento nella comunicazione ma non hanno ancora la forza per sostituire una rivista. In più ci sono anche casi in cui la deontologia lascia molto a desiderare. Anzi, mi chiedo, esiste una deontologia per i blogger??? D’altra parte una pubblicazione potente per esiste ha bisogno di un certo budget. E io devo anche tener conto delle diverse condizioni.
Ad ogni modo, proprio come adesso, i vini meglio comunicati saranno quelli con un maggiore budget stanziato per la comunicazione. Comunque, tornando alla domanda 4, credo che il futuro appartiene a coloro che sapranno creare il migliore abbinamento tra vino e altri temi di interesse generale. Turismo, gastronomia, arte, perfino sport… Le persone più scoprono e più vogliono sapere
Un consiglio per: i giovani che muovono oggi i primi passi lavorativi nel settore enoico, i consumatori più o meno appassionati, i colleghi.
Oltre a quello che ho già esposto con la domanda 5, aggiungerei, per ciascuna categoria, di non smettete mai di leggere, imparare, chiedere. Provate quanti più vini è possibile. E vorrei anche suggerire di provare a scoprire qualche vino da sé qualche volta, la soddisfazione e decisamente maggiore.
Non oso nemmeno dare consigli ai miei colleghi, auguro solo loro la stessa felicità che avevano quando hanno iniziato questo lavoro.
Intervista precedente a Alessandro Torcoli
Dai un'occhiata anche a:
- Panettone 2024 tutto caprese al limone e profumo di limone
- San Salvatore: Pastiera Cilentana e Caprese “finiscono” nel vasetto
- I miei migliori morsi del 2024 in ordine di apparizione: 008 il risotto con la luganega si veste di giallo
- Il Giardino Segreto e l’amore per la natura, borgo di Villa Santa Croce a Caiazzo
- “Anima Aurea”, l’oro fa bene al vino
- A Sanremo vince Il Sud anche a tavola
- I miei migliori morsi del 2024 ordine di apparizione: 020 la Fornarina e la parabola di Don Mario
- “I pruna di frati” e “le piparelle” selezionati da slow food