Vino e critica internazionale dopo Parker 12| Bernardo Conticelli (Italia)

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Bernardo Conticelli

Bernardo Conticelli

di Chiara Giorleo

Come sta evolvendo la comunicazione in Italia e all’estero? Come l’offerta formativa, oggi molto più ampia, può influire e sta influendo sul trend della comunicazione del vino, sempre più sofisticata e ancor più necessaria.

Oggi lo chiediamo a Bernardo Conticelli

Bernardo ha una laurea in Scienze Politiche con tesi sulla legislazione vitivinicola europea, un Master in Management e Marketing del vino conseguito presso l’OIV a Parigi. Vive tra Firenze e Parigi dove lavora come consulente marketing e internazionalizzazione per diverse aziende vitivinicole con la sua società Vinifocus. È il responsabile per l’Italia per Bettane+Desseauve, collaboratore de Le Guide de La Repubblica per i vini della Toscana e Ambasciatore dello Champagne. Trova il tempo anche per importare vini italiani in Francia con la sua società Bere Bene SAS e svolgere consulenze per importatori negli USA oltre a tenere lezioni presso Master post universitari di Marketing del vino e corsi di degustazione.

Come sei “inciampato” nel settore vino?

Sono arrivato al vino per passione personale, dai tempi dell’università quando ho frequentato i primi corsi da sommelier e dove, per scelta, ho terminato gli studi in Scienze Politiche con una tesi in legislazione vitivinicola europea sul funzionamento delle denominazioni di origine nei diversi paesi europei. Da lì in poi, è stato naturale proseguire nel percorso professionale in questo settore che mi porta a coniugare lavoro e passione, un privilegio.
Come credi sia evoluta la critica negli ultimi 30 anni? E da chi hai imparato di più?

Sicuramente con internet, blogs, applicazioni e altro l’accesso a informazioni varie si è moltiplicato ed è alla portata di tutti, professionisti ed appassionati. La questione principale è l’autorevolezza di questo immenso fiume d’informazioni e per i lettori non è certo facile distinguere. Le guide, che negli anni si sono moltiplicate, hanno cercato ciascuna di caratterizzarsi per specifiche modalità di giudizio e di premi: chi più “tradizionale”, chi alla ricerca costante di novità, premi a piccole scoperte o premi ad aziende solide e storiche etc. Personalmente ho sempre letto con interesse le guide, da anni consulto sempre almeno le principali tre (Gambero, Espresso e Slow Wine) e con curiosità leggo, incrocio nomi e vini, faccio ricerca. Fare una guida è difficile: è complicato selezionare, è complicato e scomodo fare scelte talvolta impopolari, per cui apprezzo molto chi ha questo coraggio nella propria filosofia editoriale, senza però dover necessariamente cercare di estremizzare e uscire dal coro a tutti i costi pur di fare notizia e smarcarsi.

Pensi che in Italia ci sia un deficit nella comunicazione dei prodotti enoici rispetto alle potenzialità delle risorse?

Beh, dipende da chi è incaricato di fare questa comunicazione che poi vuol dire essenzialmente fare promozione. Se è il produttore direttamente, se sono agenzie specializzate, se sono gli Enti o i Consorzi etc. Mai come oggi il pubblico ha interesse ad avere la voce del produttore diretta e più vicina possibile. Per questo oggi i piccoli produttori sono decisamente avvantaggiati e non hanno certo bisogno di agenzie specializzate per trasmettere il loro pensiero ed essere ascoltati, la loro presenza e un incontro diretto valgono più di molte newsletter (esistono ancora??!!) o lanci stampa. Per quanto riguarda gli enti pubblici e i Consorzi invece, lì c’è davvero ancora tanto da fare. Trovare semplici ma efficaci nuovi strumenti (che poi spesso nuovi non sono, visto ciò che si vede in giro per il mondo), non limitarsi alle classiche formule ormai polverose. Perché non selezionare e formare persone che nei diversi mercati esteri facciano da vero e proprio volto e punto di riferimento di quella denominazione, possano essere “ambasciatori” di quei vini, piuttosto che avvalersi ogni volta del grande nome di richiamo che guida degustazioni in cui ci mette spesso passione zero, perché se oggi c’è questo vino da mettere in valore, domani ci sarà qualcos’altro. Il CIVC in Champagne ha iniziato oltre dieci anni fa, possibile che debbano essere sempre altri prima di noi ad avere queste idee, così semplici, poco costose ma sicuramente più efficaci nel medio-lungo periodo rispetto all’ennesimo walk-around-tasting nell’ennesima capitale internazionale?

È noto che sia molto migliorata l’offerta formativa a disposizione di coloro che vogliono formarsi sulla tecnica di degustazione, la sommellerie, la geografia del vino e tutto il resto. Come credi che questo stia incidendo e inciderà sul presente e sul futuro – nemmeno troppo remoto – della comunicazione del vino?

Credo che farà molto bene, soprattutto la formazione oltre confine d’ispirazione anglosassone che porta ad aprire gli occhi sul mondo, senza limitarsi al nostro bel giardino fiorito. Credo che farà molto bene alla comunicazione ma anche al wine business in senso più generale. Conoscere vini diversi, regioni diverse, trend di consumo e molto altro permette di calibrare al meglio le strategie di lavoro, cogliere spunti e idee nuove. Vedo che sempre di più, tra i selezionatori di risorse umane nel vino in Italia, questo tipo di certificazioni ha valore nei CV, cosa che fino a qualche anno fa in Italia era praticamente impensabile.

Quali sono i presupposti per l’indipendenza della critica enologica?

Credo che siano i principi per l’indipendenza della critica in qualsiasi settore: conoscenza da parte di chi giudica, passione, professionalità e soldi per poter pagare adeguatamente chi questo impegno lo assolve. Purtroppo, come sappiamo tutti, i soldi nel mondo dell’editoria di settore non ci sono, per cui non rimane che avere fiducia nella buona fede e correttezza di chi giudica. Critichiamo molto e spesso il giornalismo di settore americano riguardo alle scelte fatte, però non si può non sottolineare quanto in quel paese chi fa il mestiere di critico lo fa per davvero, con tutta la dignità, il riconoscimento professionale ed economico che merita e chi sbaglia tradendo indipendenza e fiducia paga severamente (vedi il caso di qualche anno fa in Spagna che costò il titolo di MW ad un giornalista/comunicatore spagnolo collaboratore di Parker).

Chi vedi nel futuro della critica enologica?

Non ne ho idea precisamente e non so neanche in quale forma sarà la critica nel futuro, però probabilmente emergerà o rimarrà a galla chi sarà capace di costruirsi una propria autorevolezza non solo per qualche like su Facebook ma per solide conoscenze, chi sarà capace di conquistare il rispetto e l’apprezzamento sincero dei produttori e del pubblico alla propria persona e non solo perché lavora sotto il cappello di questa o quella testata giornalistica. E sono certo che da qui a quattro-cinque anni ci sarà almeno un Master of Wine italiano, quello potrà essere un punto di svolta della critica italiana… sarà curioso vedere cosa succederà.

Un consiglio per: i giovani che muovono oggi i primi passi lavorativi nel settore enoico, i consumatori più o meno appassionati, i colleghi.

Normalmente preferisco ricevere consigli piuttosto che darli, ce n’è sempre bisogno. Posso solo dire che nonostante tutto e alla luce di quanto detto sulla critica italiana, ci sono tanti bravi giornalisti appassionati che consumano gomme delle auto e binari dei treni ogni anno per girare in lungo e largo l’Italia per conoscere, informarsi, incontrare produttori, studiare, riflettere. Il consiglio è quindi di prendere spunto da questi per la passione e professionalità che ci mettono. Persone come Fabio Pracchia, Aldo Fiordelli, Alessandro Masnaghetti, Armando Castagno e altri ancora sono un esempio per i giovani e non solo che lavorano in questo mondo.

Interviste precedenti
1-Alessandro Torcoli, Italia
2-Horia Hasnas, Romania
3-Cathy van Zyl, Sud Africa
4-Akihiko Yamamoto, Giappone
5- Arto Koskelo, Finlandia
6- Aldo Fiordelli, Italia
7 – Caro Maurer MW, Germania
8 – Madeline Puckette USA

9 – Ned Goodwin MW, Australia
10| Alessandra Piubello, Italia
11 – Isabel Ferran, Francia/Spagna



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