di Andrea Petrini
Pensavo di averli persi, lo giuro, ed invece i miei appunti dedicati all’ultima tappa del mio #AltoPiemonteWineTour2015 sono magicamente ricomparsi svelandomi ancora le emozioni e i sapori della visita fatta circa un anno fa presso Le Piane
di Christoph Kuenzli che negli anni ’90, assieme al suo amico enologo Alexander Trolf, ha investito e rilanciato il territorio di Boca, ormai quasi abbandonato, dopo aver conosciuto l’ottantenne Antonio Cerri ed essere rimasto folgorato dal vino, praticamente invenduto, che questi teneva custodito nelle sue vecchie botti. Non so con certezza cosa sarebbe oggi questa terra senza la forza, anche finanziaria, di Christoph ma, di certo, so che da allora, ovvero da quando l’areale del Boca poteva contare solo su 10 ettari vitati, molte cose sono cambiate, migliorate se pensiamo che, oggi, solo Le Piane possiede circa 8 ettari di vigneti, tra nuovi e vecchi, grazie ad un costante lavoro di acquisizione di tanti piccoli appezzamenti di bosco trasformati poi in vigne di almeno un ettaro e mezzo.
Ad aspettarmi, questa volta, non ci sarà Christoph ma Giampi (Giampiero Renolfi), il suo fido responsabile commerciale, che con la macchina già accesa parcheggiata davanti al punto vendita aziendale è pronto per coinvolgermi nel “classico” giro dei vigneti.
Iniziamo dal vigneto Traversagna che si trova ad un’altezza che va dai 450 ai 470 metri s.l.m., e comprende le aree denominate “Chiò”, “Alta Vecchia”, “Alta Nuova” e “Bassa”, nel comune di Prato Sesia. Ha una superficie di 17.200 metri, ed è composto da 6000 piante, allevate con sistema Guyot semplice ed in parte a terrazza, delle varietà nebbiolo 72,5%, vespolina 27%, sirah 0,5%. In particolare Giampi mi fa vedere l’ultimo pezzo di vigna che è stato piantata, circa 8000 metri, che si caratterizza per le piante provenienti da elezione massale dei vigneti vecchi di Maggiorina di Boca e consiste di 60% vespolina, 20% croatina, 8% nebbiolo e malvasia di Boca 2%.
Per motivi di tempo non passiamo presso Mottosergo (1 ettaro e mezzo nel comune di Boca composto da nebbiolo 85%, vespolina 14%, uva rara 1%) e Valvecchi (1 ettaro e mezzo nel comune di Boca composto da nebbiolo 63%, vespolina 25%, uva rara 2%, barbera, syrah e croatina 10%) perchè ci dirigiamo dritti al cuore storico dell’azienda visitando il Cru Le Piane.
Il vigneto si trova ad un’altezza che va dai 420 ai 460 metri s.l.m., e comprende le aree denominate “Cerri” (impianti anni ’20 ristrutturati nel 2001) e “Meridiana”. Ha una superficie di 14.000 metri, ed è composto da 7000 piante, allevate con sistema Guyot semplice, delle varietà Nebbiolo 88%, Vespolina 11%, uva rara 1%.
Un posto magico, dal silenzio assordante. Solo ora capisco perchè Christoph si è innamorato di questo territorio.
Alzo lo sguardo verso la vigna del Cerri e la mia mente si immagina il buon Antonio chino sulla schiena a coccolare le sue piante.
Sotto la vigna “Meridiana” proseguono due vigne vecchie, appartenenti a Santino Oldrati e Bruno Duella, dove da 10 anni si raccolgono le uve che finiranno nel vino “Maggiorina”.
Riprendiamo il tour e scendiamo leggermente a valle dove Giampi mi fa visitare velocemente la zona denominata Montalbano-Castello “Le Vecchie Maggiorine”. La tutela del passato in questo caso è ancora più evidente visto che l’azienda, con sforzi notevoli, è riuscita a custodire e valorizzare, grazie anche all’opera di Anna Schneider dell’Università Agraria di Torino, oltre 10 appezzamenti piccoli (ca. 1000-2000 metri quadri ciascuno) di vecchie vigne (anno 1915 circa) allevate a “Maggiorina” composte da croatina 70%, nebbiolo 10%, vespolina 10%, e 10 altre varietà autoctone fra quali anche uve a bacca bianca come erbaluce e malvasia di Boca. Le uve vengono usate per il vino “Maggiorina” e da una selezione dei vigneti più alti e ripidi per il vino “Piane”.
Terminiamo la discesa tra boschi e (pochi) vigneti e, ripresa la strada principale proseguiamo verso la cantina situata, guarda un po’, a Via Cerri. Una moderna cancellata in ferro fa da guardiano ad un altro pezzo di storia preservato da Cristoph e i suoi soci.
Passando vicino a quelle botti che un tempo furono del Cerri e che oggi, ovviamente, sono state integrate da altri contenitori, vengo pervaso come da un senso mistico che Giampi riesce a farmi passare invitandomi ad assaggiare i vari vini in affinamento molti dei quali, oggi, in commercio.
Partiamo degustando la Maggiorina 2014 (40% nebbiolo, 40% croatina, 5% vespolina, 15% altre uve autoctone, anche di bacca bianca) che in questa fase giovanile risulta ancora leggermente scomposta ma dotata di grande complessità giocata tra frutta rossa e spezie.
Il Mimmo 2013 (65% nebbiolo, 30% croatina, 5% vespolina) è invece molto più pronto del precedente è grazie al suo cuore “vinoso” risulta già ora di beva irresistibile.
Il Le Piane 2012 (90% croatina e 5% vespolina) mi piace molto per la sua spigliatezza mediata da un affinamento in tonneaux che ne addolcisce la carica tannica rendendola al tempo stessa fresca, vivace e di grande profondità. Le vecchie vigne da cui proviene non mentono.
Del Boca (nebbiolo 85% e vespolina 15%), degustato dalla botte nei millesimi 2013, 2012 e 2011, non mi sento di fornire giudizi visto che, con le ovvie differenze date dall’annata, sono oggi ancora abbastanza enigmatici e in evoluzione. L’unica cosa certa riguarda la piacevolezza del vino che anno dopo anno Cristoph e il suo staff riescono a migliorare regalandoci Boca sempre più misurati ed eleganti. Il Cerri ha lasciato la sua eredità in buone mani.
Come al solito si è fatto tardi e dobbiamo rientrare alla “base” anche perchè nel primo pomeriggio ho l’aereo per Roma. Giampi, però, un’ultima chicca me l’ha lasciata e prende le forme liquide del Plinius 2007.
Il nome, anzitutto, deriva da Plinio il Vecchio, scrittore romano, che già nella sua Naturalis Historia (23 – 79 d.C.) aveva parlato dei vini di questa bellissima terra piemontese. La storia del Plinius è invece più recente e ha una sceneggiatura che solo dopo molte peripezie ha raggiunto il lieto fine. Giampi, infatti, mi spiega che il Plinius è il risultato di un mosto “impazzito” di nebbiolo da Boca che, per chi sa quali motivi, durante la fermentazione in una specifica vasca di acciaio aperta ha raggiunto temperature proibitive che hanno toccato anche i 38°. “Ovviamente – mi spiega – i lieviti hanno cessato di lavorare prima che tutto lo zucchero residuo, ce ne erano ancora 12 g/l, fosse trasformato in alcol.
Tutto sembrava perso ma, colpo di scena, il vino ricomincia a fermentare anche se in maniera lentissima. E pur si muove, deve aver esclamato Cristoph che a gennaio 2008, segue il suo istinto e, dopo aver svinato, travasa il vino all’interno di una grande botte di rovere di Slavonia. Il nebbiolo ripaga il suo coraggio, lentamente si “muove” e, anno dopo anno, evolve, migliora, perde ogni sentore di ossidazione. Il baco sta prendendo le sembianze della farfalla e finalmente, dopo cinque anni, Cristoph riesce a domare questo vino che, dopo essere stato tagliato con un saldo di vespolina, è stato imbottigliato ed affinato per altri 18 mesi”.
Degustando il vino, curioso come una scimmia, ho potuto notare che, in effetti, questo Boca ha una marcia in più. Probabilmente questa (inattesa) modalità di vinificazione, e il successivo affinamento, hanno conferito a questo vino una tridimensionalità che altri stentano a raggiungere. E’ profondo e di grande struttura ma, al tempo stesso, di grandissima bevibilità. E’ fresco e verticale ma, contemporaneamente, si fa spazio in bocca allargandosi prepotentemente e puntellando il cavo orale di insospettabili rotondità. Memorabile se dovessi dare un giudizio per quanto riguarda la persistenza. Territoriale fino al midollo che mi si chiedesse di descriverlo in poche parole.
Di Plinius 2007 sono disponibili solo 1998 bottiglie e 600 magnum e, al dettaglio, costa più o meno 85 euro. Molto? Beh, Cristoph ha lanciato la sfida: il grande Boca, anche sui mercati internazionali, non è secondo a nessuno!
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