di Gennaro Miele
‘’Degustazioni Orizzontali’’ è il titolo della proposta degustativa dell’enologo Vincenzo Mercurio presentata nel recente Vinitaly, un percorso del vino attraverso tre calici che nell’incontro di martedì 12 aprile ha avuto protagonista un’eccellenza della Campania bianca, il Fiano, vitigno che vede in Avellino la sua terra eletta pur riuscendone a trovare coltivazione nelle diverse zone vinicole della regione.
La degustazione tenutasi nello spazio fieristico de ‘’Le Ali di Mercurio’’, ha avuto la precisa conduzione di Luciano Pignataro che ha raccontato di questi orizzonti di Fiano tutti al femminile e legati tra loro dal lavoro di Mercurio che inizia la sua opera non in vigna ma con il dialogo col produttore in modo da identificarne la personalità, elemento immateriale che si prefigge di trasmettere al calice, oltre che ad interpretare il territorio.
L’enologo, nella concezione di Vincenzo, non deve comparire ma essere presente in un modo invisibile, come un regista attento che lascia liberare il carisma dei grappoli protagonisti, operando anche un allungamento dei tempi di uscita dalla cantina del Fiano, che potrebbe essere considerato un vitigno semiaromatico, attesa che permette lo sviluppo dei suoi precursori aromatici.
Interessante è stato l’assaggio di vini della vendemmia 2015, provenienti direttamente dalla cantina e privi dell’attesa educazione della bottiglia che va a domare le spiccate note acide e dei sentori di acerbi frutti, è stato come sbirciare nel futuro, negli anni in cui le trasparenze di questi calici cadranno in tonalità dorate più cariche.
Tre calici, tre etichette, tre storie di donne in modo intimo legate al territorio.
Il primo fiano è quello de I Favati di Rosanna Petrozziello, le uve provengono dalle vigne in Contrada Pietramara, da cui il nome in etichetta, al naso si avvertono aromi fermentativi in cui emergono sfumature agrumate, il colore giallo paglierino dai riflessi verdognoli ne denota l’inizio di un lungo cammino, sentori eleganti che richiedono esigenza nell’assaggio e nel ricercarne le caratteristiche, in bocca l’alcol ingentilisce le note acide cui segue una delicata tendenza amarognola.
Secondo in assaggio è il calice di Tenuta Sarno, con il Sarno 1860, lì dove era un terreno di memoria paterna, la lungimiranza di Maura Sarno ha creato una vigna che è divenuta missione, nel fiano 2015 emerge un bouquet in cui sale la nota fruttata di mela acerba ed all’assaggio irrompe un’ acidità notevole e verticale condotta poi in una gradevole chiusura.
Il terzo calice è un’occasione di nostalgia, Villa Diamante, quella di un passato recente intriso della forte impronta personalistica del compianto Antoine Gaita, l’onere affidato a Mercurio da Maria Diamante è quello della capacità di interpretare una storia fatta di indipendenza, quella di condurre la giovane vendemmia verso i canoni di opulenza olfattiva che da sempre ha caratterizzato questo fiano, l’assaggio fa comprendere la grande capacità di questo vino di distendersi in blocca, di aprirsi con eleganza con una leggera tendenza ammandorlata nel finale.
Sono vini cui è necessario concedere i mesi avvenire fino all’ estate per ritrovarvi poi le sensazioni che portino sulle giuste rotte di equilibrio cui questi esempi di eleganti bianchi ci hanno abituato, adesso questi calici sono giovani e promettenti, sinceri nei loro colori al limite della trasparenza, sottile come solo un’anima femminile può essere, donne e madri, madre terra.
Un appunto che mi ritorna alla mente è lo sguardo di Maria Diamante, alzato in modo appena percettibile al cielo al sentire pronunciato il nome Antoine da Luciano, sguardo alzato come il nostro verso il calice sollevato, noi in ricerca del futuro di questi vini e lei del sottile e trasparente legame col passato che si trova nei gesti del lavoro di vignaiolo.
È stata una degustazione orizzontale che andava al di là dei calici, cercava di intravedere il tempo che ancora deve trascorrere, una degustazone d’Orizzonti.
Per Vincenzo Mercurio un grande Vinitaly.
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