In questa edizione 2011 del Vinitaly, nel pochissimo tempo a mio disposizione, come sempre, una buona parte è inevitabilmente stata dedicata alla Campania e al Sud, anche in vista dei prossimi impegni di Slow Wine. Tra le altre cose, trovo giusto il tempo di consegnare alla storia alcuni appunti della verticale di un Falerno che grandemente ha contribuito ad accendere l’attenzione dei media internazionali su questa Denominazione dell’alto casertano che non ha più bisogno di presentazioni tra i conoscitori del vino per la sua antichità.
Felicia Brini, nel corso dell’iniziativa condotta da Luciano Pignataro, ha spiegato la scelta delle etichette proposte – 1999, 2002, 2004 e 2007 – come “un fatto di pancia”, una questione “emozionale”. Nell’ordine ha proposto, in sostanza: una grande annata da rossi che coincide con la prima delle sue vinificazioni; un’annata molto discussa che ha messo in crisi molti vigneron, alcuni dei quali hanno preferito bypassarla; un’annata equilibrata e più leggera e, infine, la seconda più calda di questo secolo. Con ciò dimostrando di non temere, con il suo vino, le prove più difficili della natura. La chiamerei una degustazione, quella proposta nello spazio della provincia di Caserta al Vinitaly in collaborazione con Architempo, didattica.
Didattica per l’assoluta corrispondenza tra andamento climatico ed espressione nel bicchiere, senza gli eccessi possibili che ciò potrebbe significare, e anche grazie alla maestria dell’enologo Vincenzo Mercurio che segue la cantina dal 2005. La precedente verticale fu fatta in azienda: qui il report
1999
Un vino assolutamente artigianale, trasparente e granato come i grandi vini da invecchiamento del Nord. Senza alcun cedimento nell’acidità e con un naso davvero notevole nella sua semplice e classica eleganza. E’ stato uno dei primi test sulla vigna della Masseria, fatto tutto in casa senza l’aiuto dell’enologo, come la 2000 che sarebbe stata la prima annata commercializzata. Un po’ scomposto al gusto nella sua concezione genuina, ma, decisamente, un’annata nella quale è già riconoscibile la matrice del territorio del Massico, con il suo carattere misto calcareo e vulcanico determinato dalla vicinanza del vulcano di Roccamonfina. Un vino a schiena diritta, che cade in piedi.
Annata difficile e da smentire. Accade sempre più spesso. Il campione mostra un colore granato di discreta luminosità e un’inaspettata trama piuttosto fitta. Alla vista sembra tutt’altro che un vino magro e forse non lo è, visto che, racconta la produttrice, si è riusciti a raccogliere prima che le piogge di quell’annata imprimessero il loro sigillo nefasto sull’annata. Comincia a manifestarsi il timbro caratteristico di questo Falerno: di sottobosco, a tratti fungino; e grafitoso. Sullo sfondo frutti rossi maturi e qualche alito fumè. La coerenza tra naso e bocca, che sembra essere un’altra costante dei campioni degustati, regala in aggiunta delle note lievemente mentolate in retrolfatto. Un filo sotto le aspettative la persistenza, aspetto coerente con un annata diluita.
2004
Delle quattro questa è l’annata che sulla carta predispone meglio il degustatore. Ha regalato dei bei vini in Campania un po’ in tutte le province e il manico buono di certi produttori ha anche messo in campo dei campioni. Il Falerno di Masseria Felicia mostra anche qui la sua affidabilità mostrandosi sempre vero e senza effetti speciali. Qui, con la suddetta costante del sottobosco, la frutta è bella turgida e nera, matura e nell’insieme il vino all’olfatto risulta fresco e fine. In bocca mostra un bell’equilibrio con la frutta che interagisce con un tannino non effemminato ma ben lavorato. Bella la lunghezza.
2007
Annata molto calda si è detto, eppure non è una frutta surmatura, quella in evidenza. Il colore è vivido, rubino con qualche accenno granato. In evidenza all’olfatto more e ribes in gelatina con qualche rimando a una melagrana. Un soffio alcolico, che si ritrova in bocca con un’innegabile sensazione pseudocalorica, denuncia l’annata. Ma la beva è sempre fresca e succosa con qualche tono di speziatura che il proseguimento dell’affinamento (questa annata non è in commercio) sicuramente fonderà meglio con il resto. Steso destino seguirà il tannino, che – essendo questo un Falerno fatto del duo Aglianico e Piedirosso – si avverte come una presenza rassicurante. A prescindere dall’annata, questo campione si beve con piacere perché sfodera un bell’equilibrio che lo propone, nel presente, già godibile.
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