L’erede della dinastia del Brunello: il disciplinare non si tocca
Il suo bisnonno, Ferruccio, «inventò» il Brunello di Montalcino alla fine del 1880. Lui, Jacopo, 58 anni, non si è ancora ripreso dallo choc del danno di immagine provocato al grande rosso toscano dall’inchiesta della Procura di Siena che ha portato al sequestro cautelativo di alcune centinaia di migliaia di bottiglie.«Non entro nel merito dei fatti specifici delle indagini che non conosco, ma se qualcuno davvero ha aggiunto Cabernet Sauvignon o Merlot al Sangiovese vuol dire che è stato travolto dall’ingordigia».
Vista dall’esterno, non sembra poi un grande delitto aver messo uve diverse dal Sangiovese: non è esagerato parlare di adulterazione e truffa?«Guardi, per fare il successo del Brunello di Montalcino sono stati necessari oltre 150 anni di prove sui cloni e se questo vino è diventato così famoso lo si deve alle infinite selezioni e prove dei produttori seri che hanno rispettato il territorio. Sulla base di questa esperienza si è creato un disciplinare per la docg. Il vino oltre che buono è apprezzato proprio per la serietà del suo disciplinare e l’affidabilità della filiera sul mercato internazionale. Chi vuol fare cose diverse ha molte altre possibilità legali e legittime».
Cioé?«Il Brunello si fa solo con uva Sangiovese. Io per lavorare altre uve e produrre vini diversi ho aperto un’azienda in Maremma, fatto investimenti, e sostenuto studi sul terreno e i vitigni. Abbiamo altre doc nella zona, per non parlare dell’indicazione geografica tipica Toscana che consente la massima libertà ai produttori. Allora se non si rispetta la legge in questo caso c’è malafede, troppa ingordigia rispetto ad una domanda che è tornata a salire dopo la crisi del 2001».
Dunque lei è contrario alla modifica del disciplinare docg come molti enologi invece ritengono?«Assolutamente sì. Non è vero che i disciplinari sono troppo restrittivi. Ripeto, in Toscana e in Italia c’è spazio per fare qualsiasi cosa, purché lo si dichiari in etichetta. Il Brunello è però fatto solo con uva Sangiovese, altrimenti non è più Brunello, ma un altro vino. Punto. Essere seri sul mercato internazionale significa rispettare queste regole, accettare anche annate poco fortunate, interpretare la stagione. è questo lavoro che regala il giusto valore al vino, è la magia del lavoro artigianale di alta qualità, tipica del nostro made in Italy».
da Il Mattino del 6 aprile 2008
Dai un'occhiata anche a:
- Luca Ferrua si è dimesso daI Gusto. La lezione da mandare a memoria
- Come mai il pomodoro è bandito da alcuni cuochi? Ve lo spiego subito
- Tripadvisor guida per l’uso intelligente e cosa fare la prima volta in un locale
- Cosa ricordare della ristorazione italiana nel 2024?
- Ristorazione fine dining in crisi: se l’Italia non ride la Germania già piange
- Lo strepitoso ritardo del marketing del vino italiano sulla pizza e viceversa
- Congresso Assoenologi a Cagliari: cinque cose sul mercato da mandare a memoria
- Fretta e velocità dalla ruota ai social network