Parla il nuovo direttore di Gambero Rosso Channel
di Santa Di Salvo
è vero che l’Italia del vino si è spostata a Sud? Se parlare del Negroamaro del Salento è diventato una moda, c’è però una voglia vera e spasmodica di scovare attraverso l’enogastronomia «le ultime terre vergini d’Italia», come le definisce Guido Barendson. Al neo-direttore di RaiSat-Gambero Rosso Channel (è in carica da gennaio), dopo le esperienze di «Linea verde» e Dossier TgDue, la passione di scoprire angoli remoti del nostro paese, con speciale predilezione per il Mezzogiorno, è rimasta attaccata addosso. «Perchè non ne possiamo più di essere serviti frettolosamente, di spendere troppo a tavola, di scontrarci con sapori omologati. E sono stati proprio i vini campani ad aprire la strada giusta».
La congiuntura non ci aiuta. Tra diossina e boicottaggio della mozzarella il timore è che la crisi investa anche il settore vitivinicolo.
«Non piangiamoci addosso. La colpa è anche nostra, di chi ha guardato altrove mentre venivano scaricati rifiuti industriali nelle terre della Campania felix. Forse ora l’allarme è persino eccessivo, ma il problema dell’inquinamento dei terreni va affrontato con controlli molto più rigidi. Credo anche sia il momento di aggiornare il meccanismo che regola l’assegnazione delle Doc e Docg. Ma soprattutto: guardiamo al futuro con ottimismo».
Perchè mai dovremmo?
«Perchè, paradossalmente, sono certo che la diossina per la mozzarella si rivelerà preziosa come lo fu il metanolo per il vino. Da quella tragedia partì la riscossa del sistema vitivinicolo italiano, il grande successo di oggi nasce da quello scatto di orgoglio collettivo. Come dice il Vangelo, gli scandali possono trasformarsi in occasioni».
Gambero Rosso Channel sta lavorando in tale direzione?
«Non è un caso che in questi giorni vada in onda il programma ”Campania 100% rurale”, una trasmissione che racconta tutta la bellezza della Campania agricola. Guardatelo e scoprirete uno spaccato formidabile del ritorno in campagna delle nuove generazioni e dei professionisti stanchi della città, favorito dalla capillarità delle proprietà di famiglia ancora tipiche del nostro Sud. Certo è una lotta impari con i colossi multinazionali, ma perciò queste realtà vanno sostenute, grazie anche all’attenzione dei consumatori per le produzioni di nicchia. Un esempio per tutti: le antiche cantine Di Marzo scavate nel tufo, a Tufo, uno spettacolo indimenticabile. Anche la Sardegna sta lavorando bene: oggi è la regione al primo posto per le produzioni biologiche in Europa».
E i prezzi? Il successo del Sud dipende anche dal costo inferiore di una buona bottiglia?
«La crisi e la concorrenza internazionale hanno calmierato un mercato che per qualche anno ha giocato troppo al rialzo. Mi preoccupano però i dati ultimi dell’Oiv, che vedono nel 2007 un aumento delle importazioni di vino in Europa, mentre la nostra produzione risulta in calo del 9 per cento, contro una tendenza stabile del consumo mondiale. Da maggiori consumatori ed esportatori, siamo diventati importatori netti». Via, abbracciamo la tesi un po’ faziosa dell’eccellenza del vino meridionale. «Ma certo, è giusto rendere onore ai tanti che in questi anni hanno lavorato benissimo. Dagli storici Mastroberardino ai piccoli e piccolissimi produttori che lavorano con autentica passione».
Speciale Vinitaly sul Mattino del 3 aprile
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