Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo testo molto chiaro e didattico
Cresce giorno per giorno la richiesta e il consumo di alimenti “naturali”, cioè quelli ottenuti senza impatto ambientale, in modo il più possibile artigianale e, soprattutto, con il minimo uso e contenuto di “chimica”. Si va alla ricerca di cibi sani, l’assunzione dei quali cioè non nasconda alcuna controindicazione per la salute e il benessere della persona.
Uno dei punti critici scaturiti da questa nouvelle vague è certamente legato all’aggiunta di anidride solforosa nel vino. Essa, come è noto, svolge la funzione di antiossidante permettendo ai vini di preservare determinate caratteristiche sensoriali più a lungo, ma è un allergene: la legge fissa dei limiti di tolleranza al suo contenuto nel vino (160 mg/lt per i vini rossi, 210 mg/lt per i vini bianchi) perché addizionata in dosi eccessive può nuocere alla salute. La presenza nel vino di un tenore di tale sostanza superiore a 10 mg/lt (una piccola percentuale di questa sostanza si produce naturalmente durante la vinificazione) deve essere obbligatoriamente indicato in etichetta.
Questa sua lieve tossicità ha spinto molti produttori a limitarne moltissimo l’utilizzo fino ad arrivare ai sempre più diffusi vini nei quali proprio non viene aggiunta, riconoscibili perché riportano in etichetta l’indicazione “non contiene solfiti” oppure “senza solfiti aggiunti”.
Non abbiamo una posizione manichea sull’opportunità di utilizzo o meno di solforosa nel vino, è questione complessa che merita attenzione e magari affronteremo in altra occasione. Il nostro ragionamento vuole soffermarsi piuttosto sulla appena citata categoria di vini.
Ci siamo posti una domanda, alla luce di quanto detto sopra: “cosa pensa un consumatore medio quando legge nell’etichetta che in un certo vino non ci sono solfiti aggiunti?”. La risposta è semplice: automaticamente collegherà il non utilizzo di quell’additivo ad una attenzione del produttore verso la salubrità del vino, associandolo ad un concetto di sano, genuino, naturale, artigianale, semplice, non lavorato, rispettoso per la salute se non, addirittura, ecologico!”. E’ una giusta deduzione? Assolutamente no. Quello che pochi sanno è che esistono varie metodiche per ottenere vini senza solforosa: tra queste possiamo individuarne principalmente due che, per comodità, definiremo artigianale e tecnologica.
La prima è la metodica utilizzata da chi non ne fa semplicemente una scelta produttiva, ma soprattutto, filosofica rispetto al vino e alla vita in genere. Sono quei viticoltori, di cui accennavamo più sopra, che vogliono produrre in modo naturale e per i quali è assolutamente normale associare ad una conduzione del vigneto senza uso di prodotti chimici di sintesi e con il rispetto assoluto per l’ecosistema, lavori di cantina che escludano, il più possibile, non solo gli additivi ma anche l’utilizzo della tecnologia enologica. E’ innegabile che si prefiggono di portare a maturazione uve pressoché perfette, eseguendo, spesso e volentieri, cernite acino per acino per essere sicuri di escludere quelli non perfettamente integri.
Si rendono infatti conto che rinunciare alla solforosa vuol dire cura maniacale del frutto da vinificare, selezione e rigore nelle fasi produttive. Questo significa anche poter seguire efficacemente solo vigneti di superfici limitate e spese di produzione alte che non possono, esclusi rari sorprendenti casi, far uscire sul mercato vini economici. I loro vini hanno un impatto sensoriale marcato e singolare rispetto ai vini correnti che, a volte, può spazzare il consumatore meno preparato.
La seconda è la metodica tecnologica sulla quale regna una notevole disinformazione. E’ utilizzata indistintamente sia da chi conduce il vigneto con tecniche tradizionali sia da molti di coloro che lo fanno in modo biologico. Prevede l’applicazione scientifica di alcuni protocolli di vinificazione messi a punto delle varie case produttrici di enotecnologie e biotecnologie. Consiste, senza andare troppo sul tecnico, nell’applicazione sinergica di alcune pratiche enologiche (uso del freddo, vinificazioni in riduzione con l’utilizzo di gas inerti come l’azoto per tenere il più lontano possibile l’aria da uva, mosto e vino, microssigenazioni artificiali) e di altri additivi chimici (acido ascorbico, lisozima, formulazioni a base di glutatione) che riducono l’attività microbica e svolgono azione di antiossidanti. Non sono allergeni e nemmeno illegali ma, senza voler assolutamente esprimere un giudizio negativo sul loro utilizzo, è giusto si sappia che, con queste tecniche si possono produrre vini senza solforosa con molta più facilità, senza la necessità della medesima cernita delle uve, con prezzi certamente più convenienti ma non aventi le caratteristiche (produzione con tecniche non invasive) per le quali vengono scelti da un consumatore che dovrebbe essere maggiormente informato.
E’ notizia recente che l’Antitrust inglese ha bocciato la pubblicità della famosa casa francese Luis Vuitton che raffigura un artigiano al lavoro, ritenuta ingannevole perché lascia intendere che i prodotti della maison siano fatti a mano. Di interventi come questo da parte delle autorità competenti ci sarebbe un gran bisogno anche da noi dato che non si contano i riferimenti pubblicitari che associano prodotti industriali e tecnologici all’artigianalità. D’altra parte però, anche l’emancipazione e la consapevolezza dell’individuo-consumatore devono considerarsi un dovere civico. Sia chiaro, infatti, che il protagonista assoluto che determina i cambiamenti in tutta la filiera vino e la sua evoluzione del gusto è il consumatore con le sue scelte.
E se è vero che esistono molti fattori che influiscono su di lui, indirizzandolo nelle sue preferenze, è importante che l’individuo sappia, a sua volta, essere fattore condizionante e non solo condizionato. Il consumatore è condizionante quando sceglie, per scegliere deve essere consapevole, per essere consapevole deve conoscere.
Diversamente non lamentiamoci se, per esempio, continueranno a farci comprare latte e succhi di frutta, reclamizzandoli come particolarmente benefici alla salute perché in essi è stata aggiunta la Vitamina C (che non è altro che l’acido ascorbico); chi li produce la aggiunge come conservante e ci fa credere di averlo fatto a vantaggio della nostra salute.
Machiavelli è tornato. Non facciamocela dare a bere.
Elai
elai.culturadelvino@libero.it
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