di Raffaele Mosca
Quella dei rossi leggeri non è una sola moda passeggera, ma una vera e propria rivoluzione legata a una serie interminabile di fattori ambientali, sociali e culturali. La domanda è: l’epoca dei bodybuilder con alcol e con legno in bella mostra si è conclusa definitivamente? Il modello che ha avuto più successo nell’ultimo quarantennio – perlomeno nell’ambito della critica e degli esperti – è arrivato al capolinea? Difficile dirlo… e, soprattutto,
è impossibile fare un discorso generale, perché chiaramente le abitudini variano di nazione in nazione, e, in alcune zone del mondo, i “trophy wines” sono ancora i dati.
Eppure, in molti paesi, i dati non lasciano nulla ad intendere: anche territori storicamente vocati alla produzione di rossi e ben posizionati come la Valle del Rodano cominciano a tremare davanti a statistiche che riportano cali dei consumi di vino rosso in Francia superiori al 30% negli ultimi anni.Lo ha rimarcato Matt Walls, giornalista di Decanter, un articolo recente, evidenziando come anche nel feudo di Syrah e Grenache i bianchi si stiano ricavando una fetta importante, andando letteralmente a ruba, mentre chi punta tutto sui rossi ha spesso dei fondi di magazzino.
Ma anche tralasciando le statistiche d’oltralpe, basta chiedere un parere ad osti, ristoratori e venditori dalle nostre parti per farsi un’idea di quello che sta succedendo: “ da maggio a ottobre, ristoranti ed enoteche fanno una fatica enorme a vendere rossi strutturati, a meno che non abbiano una fetta consistente di clientela proveniente da oltreoceano” mi diceva qualche settimana fa il rappresentante di un’importante distribuzione nazionale. Anche nei mesi più freschi il mercato è meno florido di un tempo: con l’inverno che assomiglia sempre più alle mezze stagioni, quanti giorni sono veramente così freddi da invogliare allo stappo di un rosso che fa 15 gradi e rotti?
Il risvolto di tutta la situazione è che vini ignorati fino a qualche anno fa, perché bollati come diluiti o sempliciotti, sono tornati improvvisamente di moda: chi non punta sui rosati, va a pescare rossi beverini, conviviali, “quattro stagioni”, da zone come la Valtellina, la Valle d’Aosta, l’Alto Piemonte, Dolceacqua in Liguria, l’Alto Adige.
La riscoperta della leggerezza è partita dalle zone fredde del nord – dove questo stile, più che una scelta, è un obbligo –
ma piano piano si sta spostando verso sud. La Campania ci sta arrivando con il Piedirosso, il Vulture è a buon punto, anche se l’estrazione dei tannini dell’Aglianico potrebbe essere ancora più delicata; la Calabria si difende con le versioni più fresche di Cirò, mentre la Puglia fatica un po’ (per quanto su Negroamaro e Nero di Troia i tentativi di “snellimento” comincino già a dare i loro frutti).
Ma è la Sicilia la regione meridionale che sta lavorando meglio in questa direzione: anche solo quindici anni fa, consigliare un rosso siciliano per le sere estive sarebbe stata un’idea da folli. La percezione è cambiata di pari passo con la produzione. Cos’ha fatto la differenza? Be’, sicuramente l’exploit dell’Etna, che ha provato l’esistenza di un’altra Sicilia: più alta e meno bollente. E poi il lavoro fatto sullo stesso tracciato in altre zone: è eclatante il caso del Frappato, autoctono radicato nella zona torrida di Vittoria, tra le più meridionali d’Europa ( e più a sud delle coste tunisine!). Grazie a un patrimonio genetico raro – affine a quello del Gaglioppo e, in parte, del Sangiovese – ea terre ianche ricche di calcare, riesce a preservare acidità sostenute e a dare vini di delicatezza strabiliante, forte di un bagaglio semi-aromatico che ne aumenta la finezza espressiva. Oramai gode di grande successo a livello internazionale e la speranza è che sulla sua scia d’onda vengano sdoganate anche varietà minori come il Nocera e il Corinto Nero, altrettanto capaci di dare vini fini e beverini, così come il Nero d’Avola d’alta collina ed alcune espressioni più leggiadre di Syrah.
In ogni caso, a Sicilia en Primeur 2023 abbiamo trovato un buon numero di vini dotati di souplesse e scorrevolezza invidiabili, appartenenti in larga parte al millesimo 2020, che sembra aver favorito quest’impostazione.
Qui di seguito, una selezione di vini pescati dall’evento che ben rappresentano il trend:
pienamente evocativi del territorio mediterraneo – soprattutto per esuberanza di aromi che rimandano alla macchia marina – ma anche snelli, scorrevoli, da bere rigorosamente freschi (se non freddi), perché l’estrazione tannica gentilissima scongiura qualunque scodata amara.
Ecco rossi estivi da Sicilia en Primeur:
Donnafugata – Vittoria Nero d’Avola Contesa dei Venti 2022
Una new entry nel portfolio di una delle aziende più importanti dell’isola: un Nero d’Avola affinato solo acciaio che parla del genius loci di Vittoria più che del vitigno, distinguendosi per finezza e delicatezza, quasi alla pari di un buon Frappato.
Terreni calcarei, ventilazione e affinamento breve in acciaio forgiano un profilo soave, incentrato su frutti di rovo, oliva in salamoia e pepe, con un soffio floreale a completare. Leggero e spigliato, succoso e immediato, darà il meglio di sé servito sotto i 14 gradi, con una pasta alla norma o una tagliata di tonno.
Prezzo: 14 – 16 euro
Planeta – Nocera 2020
Dei vini del messinese si parla ancora pochissimo: eppure qualcosa comincia a muoversi. Tra le aziende che hanno scommesso su questo territorio, c’è Planeta, che nella tenuta dei Baroni Lucifero a Capo Milazzo ha ridato nuova vita al Nocera, vitigno pressappoco sconosciuto che dà il meglio di sé quando non vede legno. Questo 20220 ricalca lo stile di un Frappato, lasciando emergere toni soavi di violetta, mirtilli rossi e liquirizia, macchia mediterranea. Salvo poi rivelare un pizzico di tannicità in più che dà grinta al sorso comunque agile e spigliato, salino più che acido, leggermente pepato nel finale che invita al secondo sorso. Perfetto per le braciolate di ferragosto.
Prezzo: circa 13 euro
Tenuta di Castellaro – Nero Ossidiana 2020
Da Milazzo alle Eolie è un attimo: da un punto di vista paesaggistico e geologico ci sono sicuramente dei legami, ma il parco vitigni è radicalmente diverso. Nel reame della Malvasia, il Corinto Nero, varietà di origine greca, ha pochissimo spazio: la maggior parte delle aziende preferisce buttarlo dentro l’assemblaggio dei passiti. Non è difficile capire perché: questa versione quasi in purezza dell’azienda più grande dell’arcipelago – 16 ettari! – dispensa profumi streganti: a metà strada tra Aleatico e Grenache. Il Nero Ossidiana è fine, arioso, dolce di fiori rossi e drupe mature, ma anche affumicato e leggermente selvatico; apparentemente semplice sulle prime e via via più profondo. Il saldo di Nero d’Avola dà volume e ricchezza fruttata, ma è comunque lungi dall’essere muscoloso. Intensamente salino e piccante di erbe disidratate, con tannino di media presa che solletica la progressione fluida, meriterebbe l’abbinamento con un prosciutto di Nero dei Nebrodi tagliato al coltello o, se si vuole rimanere in tema isolano, con un pesce spada alla eoliana.
Prezzo: 23 – 25 euro
Tenute Bosco – Etna Rosso Piano dei Daini 2020
Da vigne sul versante nord, a 600 metri d’altitudine, un’espressione archetipica di Etna che si è distinta nella grande degustazione dei vini “en primeur”: pepe di Sechuan e cannella incorniciano ribes, fragolina e petali di rosa. E’ equilibrato, posato, molto suadente, ma non rinuncia a una certa complessità, data soprattutto dall’ampio retro-olfatto balsamico, scandito da rintocchi d’incenso arancia sanguinella.
Insomma, un’espressione classica del terroir de “ A’ Muntagna”, con un rapporto qualità-prezzo molto interessante.
Prezzo: 23 – 25 euro
Arianna Occhipinti – Contrada FL 2020
Lady Frappato ci ha stupito con un trittico di Cru micidiali: non sorprende il fatto che la sua sala degustazione di pietra bianca sia piena di bottiglie di vuote di produttori del calibro di Commando G, che esattamente come lei portano avanti progetti di stampo quasi borgognone in territori mediterranei al 200%. Da viti piantate su terreno bianco con presenza di sabbie miste a calcare in contrada Fosso di Lupo di Vittoria, FL mostra la stessa succosità di frutto del Frappato “base” e un pizzico di complessità in più, con la parte mediterranea e marina che sfuma su cappero, pasta d’acciughe e spezie orientali. Suadente, arioso, con tannino leggerissimo e una nota
ematica a dare spessore, sapidità salivante e rintocchi d’agrume ed erbe spontanee che vivacizzano il tutto, ha più di qualche affinità con le migliori bottiglie da Chambolle Musigny e dintorni. Buono subito e tra 5-7 anni.
Prezzo: circa 40 euro
COS – Cerasuolo di Vittoria Della Bastonaca 2019
Mentre Arianna declina il Frappato in svariate contrade, lo zio Giusto Occhipinti, titolare di COS con la socia Titta Scalia, applica un modello simile al Cerasuolo di Vittoria, unico vino DOCG della Sicilia, da blend più o meno paritario di Nero d’ Avola e Frappato. Della Bastonaca è uno di due single-vineyard – o forse faremmo meglio a dire “single contrada” – prodotto da piante su terre rosse con ricco substrato sabbioso. E’ meno lieve e più profondo del BL, ma sempre di rara finezza: un’idea terragna anticipa chinotto, finocchietto selvatico, creme de cassis, nocciola e il solito ricordo di capperi sotto sale. Splendido per articolazione ed equilibrio: oscillla tra rimandi salmastri e frutti di rovo, garriga e tarocco siciliano; tannini soffici cadenzano lo sviluppo fino al finale lungo, suadente, con un soffio di spezie orientali che dà ampio respiro. E’ l’ ennesima dimostrazione del potenziale immenso del territorio di Vittoria.
Prezzo: 30- 35 euro
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